Bosnia guerra

BOSNIA: 5 aprile 1992, quando tutto iniziò

Trent’anni fa, il 5 aprile del 1992, ha inizio l’assedio di Sarajevo e la guerra in Bosnia.

Tutto è iniziato il 5 aprile, il cinque aprile di trent’anni fa, l’anno era il millenovecentonovantadue.

Il cinque aprile di trent’anni fa è iniziata Sarajevo, è iniziata Srebrenica, è iniziata Markale, e sono iniziate anche Tuzla, Visegrad, Mostar. Sì, anche Mostar: perché è esattamente trent’anni fa che i blocchi di calcare bianco del suo ponte centenario sono stati scaraventati nella Neretva da una carica esplosiva. Mai più ricostruito, quel ponte, non fatevi ingannare dalle apparenze.

Nelle stesse ore, trent’anni fa, moriva Ivo Andric mentre Alexander Langer decideva che non poteva sopportare oltre e persino Emir Kusturica smetteva di incantare e ha forse persino cambiato nome.

Trent’anni fa la prima persona ha varcato la soglia di casa propria per non tornarci più e, tra di esse, c’era anche il primo bosniaco del mezzo milione e oltre che ha varcato pure il confine del proprio paese. Diaspora la chiamano, ma è in fondo una gigantesca mano che ha sparso in giro per il mondo donne e uomini come semi di un’erba che si vuole estirpare. Che attecchissero altrove senza disturbare, che qua non c’è posto per loro.

È così che è cominciata la pulizia etnica, anche quella trent’anni fa giusti giusti, non un giorno prima non un giorno dopo: trent’anni fa i cadaveri hanno iniziato a galleggiare nella Drina o a riempire le fosse comuni e la gente a saltare in aria nei mercati o a stramazzare per terra centrata da uno sconosciuto dall’altro lato della strada.

E sempre trent’anni fa ha aperto i battenti il Vilina Vlas, bellissimo-signori-venghino, che con le sue terme ti rimette in sesto, tra uno stupro e l’altro. Perché è proprio così: ed è proprio quel 5 aprile che i bimbi di sangue misto hanno iniziato a essere segregati a scuola e chiamati bastardi come il frutto di un crimine contro le donne e contro l’umanità intera e non dell’amore di due individui che si promettono. Che chissenefrega di che sangue che c’hai.

Trent’anni fa sono iniziati Karadzic e Mladic prima di diventare degli avanzi di galera e, con ogni probabilità, è iniziato pure Dodik che è ancora lì al suo posto e che, ad occhio e croce, sembra intenzionato a far partire un nuovo giro di giostra.

Trent’anni fa, era il 5 aprile, c’è stata Dayton, la sua pace, le armi che smettono: ma anche la cristallizzazione dell’immane rimescolamento umano provocato della guerra, le sue regole complicate, il ghiaccio sulle cose, la pretesa di far convivere chi s’è ammazzato fino al giorno prima. L’impossibilità di uscire dal vicolo cieco, quella di ridare uno slancio vero.

Trent’anni fa sono state sganciate le prime bombe su Belgrado, sì anche quelle, e – strano a dirsi – è iniziata anche la resistenza ucraina all’aggressione russa. Eh sì perché proprio trent’anni fa il mondo ha capito che forse era giusto armare chi resisteva, che forse in Bosnia s’era sbagliato a non fare altrettanto.

Tutto è iniziato trent’anni fa e trent’anni fa Boško Brkic e Admira Ismic si sono scambiati l’ultimo bacio sul ponte Vrbanja proprio mentre Vedran Smailović intonava le prime note dell’Adagio di Albinoni col suo violoncello tra le macerie della Vijećnica. E tutt’intorno era eccitazione e fermento per l’inizio del Sarajevo Film Festival, alla sua prima edizione.

Eccitazione, fermento, un ricordo in bianco e nero: torneranno ancora? Tornerà la vita, quella vera? Si saprà battere via tutta quella polvere, tutte quelle macerie che hanno cominciato a posarsi sulle cose, su tutte le cose, trent’anni fa, esattamente trent’anni fa?

Trent’anni fa che era d’aprile cinque, l’anno novantadue del novecento.

Foto: Pietro Aleotti / East Journal

Chi è Pietro Aleotti

Milanese per caso, errabondo per natura, è attualmente basato in Kazakhstan. Svariati articoli su temi ambientali, pubblicati in tutto il mondo. Collabora con East Journal da Ottobre 2018 per la redazione Balcani ma di Balcani ha scritto anche per Limes, l’Espresso e Left. E’ anche autore per il teatro: il suo monologo “Bosnia e il rinoceronte di pezza” ha vinto il premio l’Edizione 2018 ed è arrivato secondo alla XVI edizione del Premio Letterario Internazionale Lago Gerundo. Nel 2019 il suo racconto "La colazione di Alima" è stato finalista e menzione speciale al "Premio Internazionale Quasimodo". Nel 2021 il racconto "Resta, Alima - il racconto di un anno" è stato menzione di merito al Premio Internazionale Michelangelo Buonarroti.

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