CALCIO: Albania-Serbia, una partita carica di storia e tensioni

Di Beatrice Pirri

La partita di calcio Albania–Serbia del 7 giugno si preannuncia storica. Uno degli ultimi incontri delle due nazionali risale al 2014, quando sopra lo stadio Partizan di Belgrado volò un drone trasportante la mappa della grande Albania. A causa dell’incidente, la partita fu interrotta al minuto 42 sul risultato 0-0, scatenando disordini in campo, e conseguenti tensioni diplomatiche.

Questo sabato, le due squadre si sfideranno per la qualificazione ai mondiali del 2026 nello stadio Air Albania di Tirana, in un’atmosfera che si preannuncia carica di tensioni, nonostante il divieto d’ingresso per i tifosi serbi.

Qual è il rischio che si ripetano episodi simili a quelli del 2014? E quale significato politico e simbolico assume una partita come questa, undici anni dopo quel precedente?

Storia e politica

La questione del Kosovo è il nodo principale delle tensioni tra i due popoli. Per i Serbi rappresenta la loro terra ancestrale, culla della Chiesa ortodossa serba e simbolo identitario sin dalla Battaglia sulla Piana dei Merli del 1389. Nonostante la dichiarazione d’indipendenza del 2008, la Serbia continua a considerare il Kosovo parte del proprio territorio. Dall’altro lato, la grande Albania rappresenta un progetto politico storico sviluppatosi attorno al mito della “Albania etnica”, che comprende territori abitati da albanesi in Kosovo, Macedonia del Nord, Serbia, Montenegro e Grecia.

Va detto, però, che le relazioni tra Belgrado e Tirana sono migliorate rispetto al 2014. Nel luglio 2023 il premier albanese Edi Rama decise di concludere la sua missione regionale nei Balcani proprio a Belgrado. In quell’occasione, Rama e il presidente serbo Aleksandar Vučić espressero la volontà comune di migliorare i rapporti bilaterali, dopo decenni segnati da silenzi, contrapposizioni e tensioni. Nello stesso anno, durante il vertice “Open Balkan” – un’iniziativa di Serbia, Albania e Macedonia del Nord con l’obiettivo della libera circolazione di beni, servizi, persone e capitali secondo il modello dell’UE – Rama elogiò Vučić per aver dato segnali di distensione nei confronti del Kosovo attraverso l’accordo sul reciproco riconoscimento dei documenti di identità.

Il processo di mediazione tra Belgrado e Pristina guidato dall’UE è oggi in fase di stallo, complicato ulteriormente da dinamiche politiche interne: la Serbia è attraversata da mesi da grandi manifestazioni, mentre il Kosovo è ancora in attesa della formazione di un nuovo governo dopo le elezioni di febbraio.

A questo si aggiungono anche i percorsi di integrazione europea dei due paesi. Fino a poco tempo fa la Serbia era considerata “frontrunner” tra i paesi dei Balcani Occidentali, ma ormai sembra essere stata superata proprio dall’Albania (oltre che dal Montenegro). Con un totale di 24 capitoli negoziali aperti su 33, l’Albania ha superato la Serbia, che ne ha aperti 22. Il premier Albanese ha infatti promesso la chiusura di tutti i capitoli negoziali entro il 2027 e la piena adesione tra cinque anni.

Un altro aspetto importante delle relazioni tra Serbia e Albania è l’interscambio commerciale: nel 2023, il valore totale degli scambi tra i due paesi ha raggiunto quota 311,4 milioni di euro, registrando un aumento dell’8% rispetto all’anno precedente. Dal 2010 al 2023, le importazioni dalla Serbia sono aumentate del 104%, mentre le esportazioni albanesi verso la Serbia sono cresciute del 500%.

I due paesi si sono anche candidati congiuntamente per ospitare gli europei di calcio under 21 del 2027. Non potendo organizzare il torneo autonomamente, a causa della mancanza di almeno otto stadi che rispettino determinati parametri richiesti dalle normative UEFA, la federazione calcistica albanese tentò inizialmente di unirsi al Kosovo o la Macedonia del Nord. Tuttavia, anche questi ultimi erano sprovvisti di un numero sufficiente di stadi a norma, portando l’Albania ad unirsi alla Serbia. La fase conclusiva del torneo si terrà in quattro stadi in Albania (Tirana, Scutari, Elbasan e Rrogozhinë) e in quattro stadi in Serbia (Novi Sad, Loznica, Leskovac e Zaječar). La speranza è che questa collaborazione possa essere un’ulteriore occasione di riavvicinamento tra i due paesi.

Calcio, nazionalismo e tensioni balcaniche

Politica, nazionalismo e sport spesso si intrecciano, e nei Balcani questa combinazione può facilmente degenerare in manifestazioni di odio e violenza, alimentate dalle ferite ancora aperte del passato. L’esempio più recente è quello degli europei 2024, quando Croazia, Albania e Serbia furono prime in termini di multe a causa dei comportamenti dei propri tifosi. 

Anche in altri sport,  sono frequenti gli episodi in cui sugli spalti compaiono striscioni inneggianti a criminali di guerra o recanti messaggi nazionalisti e fascisti, così come non sono mancati calciatori che hanno adottato simboli provocatori o che hanno intonato cori discriminatori.

Dopo questi precedenti, risultano chiare le motivazioni dietro la scelta da parte delle autorità albanesi di predisporre misure di sicurezza straordinarie, inclusa l’installazione di sistemi di videosorveglianza avanzata quali sistemi di riconoscimento facciale e telecamere mobili, in modo da poter monitorare in tempo reale ogni movimento all’interno e all’esterno dell’impianto. Le strade limitrofe allo stadio saranno completamente chiuse al traffico, mentre l’intera area sarà sorvegliata con sistemi anti-droni. Si prevede una massiccia presenza di forze dell’ordine e unità antiterrorismo, sia dentro che fuori lo stadio. Sgomberate anche le attività commerciali nei pressi dello stadio.

Nell’ultima settimana molti quotidiani serbi e albanesi hanno parlato della partita, ed è comune il richiamo agli eventi del 2014 e la paura che possa succedere di nuovo qualcosa di simile. Ci sono state anche varie controversie sulla vendita dei biglietti, avvenuta tramite prenotazione seguita da un sorteggio casuale al computer. Le richieste sono state oltre 200.000, per uno stadio con una capienza massima di 22.000 posti. Il gruppo di supporter albanesi Tifozat Kuq e Zi (tifosi rossoneri) ha deciso di boicottare la partita in segno di protesta contro la Federazione Calcistica Albanese, accusata di favorire interessi privati. Secondo il gruppo, il sistema di distribuzione dei biglietti ha garantito che la maggior parte andasse alle agenzie turistiche. Hanno inoltre lamentato il prezzo dei biglietti, che andava da 150 a 1000 euro. Si tratta di una decisione significativa in quanto il gruppo non ha mai boicottato una partita della nazionale albanese in 21 anni di attività, ed è sorprendente che abbia scelto di farlo proprio per la partita con la Serbia.

Nonostante gli episodi passati, l’auspicio è che la partita si svolga in modo pacifico e che lo sport riesca a unire invece che dividere.

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