BALCANI: I mondiali tra politica e calcio giocato

di Umberto Amoroso

L’indissolubile e longevo legame tra politica e calcio ha bussato prepotentemente alle porte dei Mondiali giocati in Russia, risvegliando dissapori mai sopiti e polemiche tali da oscurare, parzialmente, le prodezze e l’agonismo espresso dai giocatori sul rettangolo verde. Diversi episodi, sanzionati e condannati dai vertici FIFA, hanno richiamato l’attenzione di media, opinione pubblica e personalità politiche su tematiche avulse dal contesto sportivo e legate al “calderone” dei nazionalismi che, troppo spesso, influenzano il mondo sportivo balcanico.

La Serbia e le aquile albanesi

Che il Mondiale della nazionale serba sarebbe stato caratterizzato da tensioni extra-calcistiche lo si era intuito già dal sorteggio dei gironi, quando la compagine balcanica si era trovata inserita nello stesso gruppo della Svizzera. Questa nazionale, difatti, annovera tra le sue fila la presenza di quattro giocatori di origini albanesi, di cui due nati in Kosovo e costretti ad emigrare a causa delle tensioni etniche che sconvolsero l’ex provincia serba.

La partita tra le due nazionali, giocata il 22 giugno a Kaliningrad, è stata decisa proprio dalle reti dei “kosovari” Granit Xhaka e Xherdan Shaqiri, i quali, fischiati e provocati durante tutto il match dal pubblico serbo, hanno esibito un’esultanza mimante l’aquila bicefala raffigurata sulla bandiera albanese. Il gesto dei giocatori svizzeri è stato bollato immediatamente come politico e provocatorio nei confronti dei tifosi serbi ed in virtù di ciò, la FIFA ha aperto un provvedimento disciplinare verso i due calciatori, i quali sono stati sanzionati con una multa di 10.000 franchi svizzeri per condotta antisportiva.

La sanzione, ritenuta non adeguata in Serbia, ha provocato la reazione della comunità albanese che ha fatto quadrato attorno ai suoi beniamini, organizzando una raccolta fondi finalizzata a pagare le sanzioni inflitte. E’ stato lo stesso premier albanese Edi Rama ad invitare i suoi concittadini a versare un contenuto simbolico sul conto bancario da lui aperto e denominato “Non avere paura dell’Aquila”. Tra i primi a sponsorizzare l’iniziativa di Edi Rama è stato il ministro del commercio e dell’industria del Kosovo, Bajram Hasani, il quale ha devoluto il suo intero stipendio, corrispondente a 1500 euro.

D’altro canto, anche la Serbia aveva richiamato l’attenzione delle istituzioni calcistiche internazionali, in particolare durante la prima partita dei Mondiali contro la Costarica. In questa occasione, difatti, un esiguo gruppo di tifosi serbi ha introdotto sugli spalti dello stadio di Samara bandiere raffiguranti il simbolo dei četnici, il movimento politico nazionalista attivo durante la seconda guerra mondiale, e magliette ritraenti il volto di Ratko Mladić. Inoltre, al termine dell’incontro, il ministro degli esteri della Serbia, Ivica Dačić, ha dichiarato che la vittoria ottenuta contro la compagine centroamericana rappresentava “una piccola ma dolce rivincita” contro la Costarica, “reo” di esser stato uno dei primi paesi a riconoscere l’indipendenza del Kosovo nel 2008.

Le esultanze incriminate dei croati

Anche lo strepitoso cammino della nazionale croata verso la finale dei Mondiali di Mosca è stato segnato da episodi controversi, che hanno coinvolto due dei suoi giocatori più rappresentativi. Il primo si riferisce al difensore Dejan Lovren, il quale, in seguito alla splendida vittoria ottenuta contro la più quotata Argentina, ha postato un video dei festeggiamenti all’interno dello spogliatoio croato, in cui cantava la celebre canzone nazionalista “Za Dom Spremni”, dal noto motto del regime fascista croato degli ustaša.

Il secondo episodio, invece, ha visto come protagonista Domagoj Vida che, in seguito alla vittoria ottenuta ai quarti di finale contro la nazionale russa ed in virtù di un passato calcistico tra le fila della Dinamo Kiev, ha festeggiato la vittoria scandendo a gran voce “Gloria all’Ucraina”, il motto dei nazionalisti ucraini riesumato durante le proteste di Maidan. La FIFA, sull’onda di quanto accaduto ai giocatori della nazionale elvetica, ha inflitto una sanzione economica di 15.000 franchi svizzeri al giocatore croato, denunciando, per l’ennesima volta, il carattere provocatorio e politico dell’esultanza. Anche in questo caso, diverse personalità politiche non sono rimaste indifferenti, andando in supporto di Vida; nello specifico, il Presidente ucraino Petro Poroshenko ha ringraziato pubblicamente il calciatore croato offrendo di pagare la sanzione inflittagli.

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