Il 4 novembre la Commissione europea ha presentato il pacchetto allargamento per l’anno 2025, il primo dell’attuale esecutivo entrato in carica lo scorso dicembre. L’Unione europea ha dato un nuovo slancio alla politica di allargamento, dossier che, dopo l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, considera un vero e proprio imperativo geopolitico.
Allargamento a due velocità
L’Ucraina e la Moldova sono state lodate per i grandi progressi fatti nell’ultimo anno, mentre la Georgia è ormai considerata un paese candidato “solo sulla carta” a causa dell’erosione dello stato di diritto e delle recenti restrizioni dei diritti fondamentali. Per la Turchia, invece, il processo è congelato dal 2016.
Per quanto riguarda i Balcani occidentali, il pacchetto conferma il Montenegro e l’Albania come i paesi più avanzati nel percorso di adesione, mentre evidenzia un anno di sostanziale stallo per la Serbia, la Bosnia ed Erzegovina, la Macedonia del Nord e il Kosovo.
Montenegro
Secondo la Commissione, il Montenegro è il paese più vicino alla conclusione dei negoziati di adesione, che il primo ministro Milojko Spajić ha come obiettivo di chiudere entro la fine del 2026. Questa ambizione è sostenuta dalla Commissaria europea per l’allargamento Marta Kos, affermando che presto si potrà iniziare a preparare il trattato di adesione.
Nell’ultimo anno Podgorica ha chiuso quattro capitoli negoziali e migliorato il proprio punteggio in dodici di essi, tra cui il capitolo 23 (giustizia e diritti fondamentali), e il capitolo 5 (appalti pubblici). Attualmente detiene il grado più alto di allineamento al diritto UE nei capitoli dedicati alla politica estera e alla proprietà intellettuale.
Albania
Dopo il Montenegro, l’Albania è il secondo paese dei Balcani Occidentali a tenere testa nel percorso di adesione all’UE, avendo aperto cinque cluster nell’arco di un anno. Il primo ministro Edi Rama mira a concludere i negoziati di adesione entro la fine del 2027 e di diventare membro dell’Unione entro il 2030, obiettivo che definisce “ambizioso, ma realizzabile”.
Il paese ha fatto passi avanti soprattutto nel primo cluster, dedicato agli aspetti fondamentali del processo di adesione, grazie alla conclusione del processo di vetting per giudici e procuratori di primo grado e all’adozione di nuove strategie sulla riforma della pubblica amministrazione e sulla lotta alla corruzione.
Nonostante i progressi, dal rapporto emergono anche molte criticità strutturali irrisolte: un panorama politico polarizzato, con un parlamento che esercita un controllo limitato sull’esecutivo e un debole dialogo tra partiti. Anche la libertà dei media resta compromessa da finanziamenti opachi e intimidazioni verso i giornalisti.
Serbia
Il rapporto 2025 è stato il più duro di sempre sulla Serbia. La Commissione evidenzia una crescente polarizzazione sociale, accentuata dalle proteste di massa iniziate a novembre 2024, e sottolinea la delusione dei cittadini per la corruzione e la scarsa trasparenza del governo. Il documento segnala episodi di uso eccessivo della forza contro manifestanti e giornalisti, nonché pressioni sulla società civile, fattori che hanno eroso la fiducia tra gli attori politici e sociali e complicano il percorso di adesione all’UE. Il rapporto mostra anche un arretramento nella libertà di espressione, segnalando un peggioramento significativo del contesto in cui operano i media a causa di interferenze politiche ed economiche e intimidazioni verso i giornalisti.
Il quadro relativo all’allineamento con la politica estera dell’UE è particolarmente critico. La Commissione sottolinea che i frequenti contatti bilaterali ad alto livello con la Russia sollevano dubbi sulla direzione strategica del paese. Per quanto riguarda il mancato allineamento alle sanzioni europee contro Mosca, il rapporto adotta un tono più moderato, ricordando che Belgrado ha continuato a cooperare con l’UE nel fornire sostegno all’Ucraina.
Bosnia ed Erzegovina
La Commissione ha evidenziato progressi minimi per la Bosnia ed Erzegovina, nonostante l’adozione dell’agenda di riforme necessaria per l’accesso ai fondi UE del Piano di crescita per i Balcani occidentali. Il rapporto parla di tensioni politiche ed escalation, della necessità di riforme del processo elettorale e di un parlamento che non riesce ad esercitare a pieno i propri poteri.
Il paese ha ottenuto lo status di candidato all’adesione UE nel 2022 e non ha ancora aperto nessun capitolo negoziale. Il mancato progresso dell’ultimo anno è dovuto alla crisi politica in Republika Srpska e al collasso della maggioranza di governato che ha portato il Paese ad uno stallo politico.
Macedonia del Nord
Neanche la Macedonia del Nord ha registrato progressi nell’ultimo anno, confermando una tendenza iniziata più di tre anni fa. L’UE ha ribadito la necessità di riforme costituzionali, in particolare riguardo alla protezione delle minoranze, inclusa quella bulgara.
Kosovo
Per quanto riguarda il Kosovo, che non ha ancora ottenuto lo status di paese candidato, il rapporto sottolinea il suo impegno a rimanere determinato nel percorso di adesione, anche grazie ad un opinione pubblica molto favorevole verso l’UE. Nonostante ciò, non vi è stato progresso nell’adozione di riforme nell’ultimo anno a causa della crisi politica in cui si trova il paese a partire dalle ultime elezioni politiche di febbraio.
La Commissione segnala la graduale rimozione delle misure punitive messe in atto dalle istituzioni UE a partire dal 2023, aspettandosi in cambio una de-escalation e pacifica transizione di potere nei comuni del nord a maggioranza serba a seguito delle recenti elezioni locali.
L’allargamento come priorità geopolitica
Ciò che emerge chiaramente dall’ultimo pacchetto di allargamento e dal linguaggio utilizzato dalla Commissaria Kos e dall’Alta rappresentante agli Affari esteri Kaja Kallas è che l’allargamento è ormai un imperativo geopolitico. L’Unione europea deve affrontare un contesto internazionale segnato da una Russia sempre più aggressiva, che minaccia la sicurezza dei confini europei. In questo contesto, l’allargamento rappresenta un investimento strategico per la sicurezza comune e una promessa ai paesi candidati di un futuro più stabile, prospero e democratico.
Questa nuova visione di un processo che per anni è stato in stallo, tanto da aver dato vita al fenomeno della cosiddetta “fatica da allargamento”, si è ormai consolidata. Ne ha dato prova il primo forum sull’allargamento UE (EU Enlargement Forum) tenutosi a Bruxelles il 18 ottobre, il cui scopo è stato anche quello di allargare il dibattito sul tema e portarlo più vicino ai cittadini. Questa prima serie di rapporti della nuova Commissione segnano l’avvio di questo rilancio, destinato a proseguire nei prossimi anni del mandato.
Foto: New Union Post
East Journal Quotidiano di politica internazionale