Era miracolosamente sopravvissuto alle bombe della NATO nella primavera del 1999, ma non resisterà all’assalto del potente imprenditore di turno, specie se questo imprenditore si chiama Jared Kushner ed è il genero del presidente americano Donald Trump. Parliamo del Generalštab, il complesso edificato a Belgrado a partire dalla metà degli anni ’50 del secolo scorso su progetto dell’architetto Nikola Dobrović, e già sede dello Stato Maggiore dell’esercito jugoslavo.
Lex specialis
Il via libera per l’intera riqualifica dell’area e quindi per la demolizione del complesso è arrivato il 4 novembre con l’adozione parlamentare della Lex specialis che, nel definire le procedure da adottare per la realizzazione del progetto, di fatto rimuove i vincoli esistenti sul complesso in quanto monumento culturale di interesse nazionale dichiarando l’iniziativa “progetto di importanza per la Repubblica di Serbia”.
Il voto parlamentare non ha riservato alcuna sorpresa con il Partito progressista serbo al governo a votare compatto per il disegno di legge presentato dal suo leader in parlamento, Milenko Jovanov. Centotrenta, alla fine, i voti favorevoli, solo quaranta quelli contrari.
I dubbi di costituzionalità
A nulla sono valse le richieste delle opposizioni che fino all’ultimo hanno tentato di bloccare la legge. A non convincere, oltre la mera questione di merito, anche la scelta dell’impiego dello strumento delle Lex specialis. Un ricorso, quello a questo strumento normativo, ingiustificato secondo la minoranza parlamentare che non riconosce alcun interesse nazionale nel progetto ravvisandone pertanto l’incostituzionalità; ma, al contrario, indispensabile per i suoi promotori in quanto consente l’auspicato snellimento delle normali procedure per l’assegnazione degli appalti pubblici e pertanto un considerevole alleggerimento dell’iter burocratico necessario.
Il “non detto” è che la Lex specialis permette, soprattutto, di far piazza pulita dell’indagine penale avviata nel maggio scorso dalla Procura sull’operato di alcuni funzionari della sopraintendenza, accusati di falsificazione in atti pubblici e abuso di potere. Reati che sarebbero stati commessi nel tentativo di accelerare la procedura di rimozione dei vincoli esistenti sul complesso e che avrebbero persino visto coinvolto il suo direttore, fresco di nomina governativa in sostituzione del restio predecessore, contrario al progetto.
Le polemiche politiche e della società civile
Ovvio, quanto inutile, il fuoco di fila delle opposizioni che hanno parlato di “svendita della storia” e di malcelato tentativo di “comprare gli stranieri per nascondere i crimini che state compiendo qui”; affermazione, quest’ultima, attribuita a Radomir Lazović, presidente del Fronte dei verdi-sinistra (Zeleno–levi front, ZLF), tra i più attivi nel dibattito parlamentare.
Ma è soprattutto fuori dalla cerchia della politica che si sono levate le voci più critiche. A mobilitarsi, ancora una volta, il mondo giovanile e studentesco che ha trovato in questa vicenda un motivo in più per rinvigorire le proteste già in atto da più di un anno. Nuovi sit-in e simbolici muri umani di fronte al complesso sono stati organizzati nell’immediatezza della decisione e un’altrettanto simbolica linea rossa è stata tracciata per terra a sua “protezione”.
Dentro e fuori il paese sono state, invece, le principali organizzazioni europee e internazionali per la tutela del patrimonio culturale (Europa Nostra), il Consiglio Internazionale dei Monumenti e dei Siti (ICOMOS) e il Consiglio degli Architetti d’Europa (ACE) a lanciare il loro appello affinché si rinunci alla demolizione di quello che definiscono “un capolavoro europeo di architettura modernista e un simbolo della creatività e dell’identità postbellica della Jugoslavia e della Serbia”. Un progetto che “infliggerebbe danni irreparabili alla reputazione internazionale del Paese”, soprattutto nel “quadro delle sue relazioni con l’Unione Europea, il Consiglio d’Europa e l’UNESCO”. È stata proprio Europa Nostra a indicare il Generalštab come uno dei sette monumenti e siti patrimoniali più a rischio d’Europa.
Un destino segnato
La legge appena promossa, organizzata in undici articoli, è al contrario un continuo richiamo all’urgenza e alla necessità che le autorità preposte concretizzino “l’attuazione tempestiva e senza ostacoli” della riqualificazione. Nulla deve fermare gli enti autorizzativi dall’ “agire in via prioritaria e con procedura d’urgenza” attenendosi scrupolosamente all’obbligo di “rilasciare una licenza edilizia entro 30 giorni dalla data di presentazione di un’apposita domanda”.
La maggioranza ha fretta di chiudere la partita, dunque, e di tener fede all’accordo stipulato nel maggio dell’anno passato tra il governo serbo e Asher Abehsera, direttore di Affinity Global Development, società di investimento fondata nel 2021 da Jared Kushner, genero del presidente americano, già consulente senior durante la prima presidenza Trump. Kushner che è anche pronto a metter mano a investimenti su località costiere in Albania, traendo vantaggio dai buoni uffici che gli sarebbero stati garantiti – secondo quanto riportato dal New York Times – dall’ex inviato speciale del presidente per i negoziati di pace tra Serbia e Kosovo, Richard Grenell.
Alle critiche di voler “vendere la storia per un po’ di clemenza da parte di Trump” il ministro delle Costruzioni, Goran Vesić, ricorda che – nell’ambito dell’intesa – l’investitore è anche obbligato a costruire un complesso commemorativo “dedicato a tutte le vittime dell’aggressione della NATO del 1999”. Centro commemorativo per la cui progettazione sarà aperto un bando internazionale e che “sarà di proprietà della Repubblica di Serbia, che deciderà il contenuto e lo gestirà”. Stando alle parole del ministro serbo, dunque, si concretizzerà uno dei tanti cortocircuiti cui la storia ci ha abituati, da sempre: saranno gli stessi americani, infatti, che di quella “aggressione” furono protagonisti, a ricostruire ciò che contribuirono a distruggere quasi trent’anni fa.
Il progetto si farà e si farà subito, poiché la Lex specialis appena adottata è anche immediatamente esecutiva. Le ruspe faranno posto a un hotel di lusso e a 1500 unità residenziali e cancelleranno un altro pezzo di storia della Jugoslavia che fu.
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East Journal Quotidiano di politica internazionale