Edi Rama contro Lulzim Basha, come nel 2017. Partito Socialista contro Partito Democratico, come sempre dal 1992. Questo lo scenario delle elezioni in Albania per il rinnovo dei 140 seggi del parlamento, previste per domenica 25 aprile. Eppure, nonostante i protagonisti siano sempre gli stessi ormai da anni, questa tornata elettorale si inserisce in un contesto in rapida trasformazione. Non solo a causa della pandemia, che ha monopolizzato l’azione del governo nell’ultimo anno, ma anche per i cambiamenti in atto nel paese e per le conseguenze dei passi in avanti compiuti nel processo di adesione all’Unione Europea.
Domenica 25 aprile a partire dalle 21 la redazione di EastJournal, affiancata da Arbër Agalliu, giornalista di AlbaniaNews, e Nicola Pedrazzi, redattore della rivista il Mulino, seguirà in diretta queste elezioni. Potrete seguirci sulla pagina Facebook ufficiale di East Journal e sul nostro canale YouTube.
I candidati
Sin dalla fine del comunismo e delle prime elezioni multipartitiche del 1991, il panorama politico albanese è sempre stato sostanzialmente bipolare con i due partiti maggiori, il Partito Socialista (PS) e il Partito Democratico (PD), capaci di attrarre circa l’80% dei voti. Anche queste elezioni non faranno eccezione. Da una parte Edi Rama, attuale premier e leader del PS, alla ricerca della sua terza riconferma consecutiva dopo le vittorie del 2013 e del 2017. Dall’altra Lulzim Basha, già sconfitto quattro anni fa e oggi a capo della coalizione di centrodestra “Alleanza per il Cambiamento” che include altri dodici partiti.
Terzo incomodo il Movimento socialista per l’integrazione (LSI), legato al presidente della Repubblica Ilir Meta, che nel 2017 aveva ottenuto il 14,2% dei voti. Le opposizioni hanno però deciso di “muoversi separati per colpire uniti”. Lo scorso 1° marzo infatti, PD e LSI hanno firmato un accordo che prevede la cooperazione post-elettorale per l’eventuale formazione di un nuovo governo. In campo, ma fuori dai due schieramenti, anche candidati della sezione albanese del partito kosovaro Vetëvendosje, sostenuti apertamente dal primo ministro del Kosovo Albin Kurti, che si è recato piu’ volte in Albania durante la campagna elettorale.
La ripresa economica post pandemica è stato il tema centrale della campagna elettorale di tutti i partiti. Sia il PS che il PD hanno promesso aumenti salariali e investimenti in progetti infrastrutturali capaci di modernizzare il paese.
Gli ultimi sondaggi registrano il Partito Socialista vicino al 50%, con il Partito Democratico al 41% e l’LSI al 5,5%. Il risultato finale dunque, considerando il margine d’errore dei sondaggi e sommando i voti delle opposizioni, sembra ancora piuttosto incerto, il che costringe i partiti a lottare voto per voto per assicurarsi la vittoria.
La situazione interna
Il voto avviene in un momento particolarmente delicato per il paese. La campagna vaccinale contro la pandemia, che ha infettato circa 130 mila persone, è iniziata solamente lo scorso 28 marzo, ben tre mesi dopo l’avvio nel resto d’Europa. La pandemia ha duramente colpito l’economia, già provata dagli ingenti danni provocati dal terremoto del dicembre 2019. Secondo uno studio della Banca Mondiale «il 28% delle imprese ha ridotto il numero di lavoratori a tempo indeterminato, una quota molto più elevata che in Grecia (16%) e Italia (10%)». Tra i più colpiti il settore turistico, che da solo vale circa il 21% di tutta l’economia albanese. Alcuni dati mostrano nel 2020 un calo del 58% di turisti stranieri e del 51% di quelli nazionali con profonde conseguenze per le casse dello Stato.
La delicata situazione economica ha avuto evidenti ripercussioni anche sulla tenuta della pace sociale. Lo scorso dicembre, l’uccisione di un ragazzo da parte della polizia aveva scatenato la rivolta violenta dei giovani della capitale che per giorni sono scesi in strada. Negli ultimi due anni lo scontro tra maggioranza e opposizione, che ha boicottato le elezioni amministrative del 2019, si è spesso spostato dalle aule parlamentari alla piazza. Proteste e scontri si sono verificati in occasione della demolizione del Teatro Nazionale di Tirana, nel maggio 2020, così come durante i primi mesi del 2019 quando le manifestazioni contro la corruzione si conclusero spesso con tentativi di assalto al parlamento.
Ad animare le proteste, che in questi ultimi mesi hanno riguardato anche questioni ambientali, sono soprattutto i giovani, molto spesso non legati ai partiti tradizionali. L’età media in Albania è di poco più di 36 anni, contro i quasi 44 della media europea, e ogni anno sono migliaia i giovani che lasciano il paese in cerca di fortuna in qualche paese europeo.
Le polemiche
Come tutte le campagna elettorali che si rispettino non sono mancate accuse e polemiche. La prima ha riguardato la diaspora che, a causa del mancato accordo tra i partiti, non potrà partecipare alle elezioni. Una scelta che ha lasciato insoddisfatti i rappresentanti degli albanesi all’estero convinti che si sia trattato di una chiara volontà politica per ridurre il peso di un voto “indipendente, incontrollabile e critico”.
La settimana scorsa, inoltre, la Struttura Speciale contro la Corruzione e la Criminalità organizzata (SPAK) ha avviato un’indagine su un elenco di oltre 900 mila nominativi in mano al Partito Socialista, come denunciato dal portale Lapsi. L’elenco contiene nomi, indirizzi e informazioni sensibili che sarebbero stati raccolti attraverso il sito governativo e-Albania. A ogni elettore viene affiancato il nome di un membro del partito, detto “patrono”, incaricato di raccogliere informazioni utili e di convincerli a votare per i socialisti.
Il presidente della Repubblica Ilir Meta, forte antagonista di Rama, ha presentato una lista di 11 domande alla SPAK per ottenere i chiarimenti necessari sulla vicenda. Per il premier invece, i dati sono stati raccolti grazie al lavoro porta a porta dei membri del partito in questi anni sostenendo come questi meccanismi siano del tutto normali non solo in Albania ma anche negli altri paesi.
La politica estera
Se in politica interna la situazione rimane particolarmente complessa, il governo di Edi Rama sembra aver raggiunto i migliori risultati in politica estera. Dopo il veto francese dell’ottobre 2019 il paese ha ottenuto il via libera alle negoziazioni per l’adesione all’UE nel marzo 2020. Un risultato raggiunto dopo aver compiuto sforzi significativi sul tema delle riforme, tra cui quella della giustizia. In Europa, Rama può contare sul forte sostegno italiano ribadito dalle numerose visite del ministro degli Esteri Luigi Di Maio a Tirana e dal forte legame economico che lega i due paesi.
Con l’inizio della campagna elettorale non sono però mancate tensioni tra il premier albanese e i rappresentanti delle istituzioni comunitarie. Il 18 marzo la Commissaria europea all’istruzione e la cultura Mariya Gabriel ha infatti partecipato ad un incontro organizzato dall’Università di Vienna sul sistema scolastico albanese. Nulla di strano se non fosse stato per la presenza del leader del PD Lulzim Basha tra i relatori. Rama ha apertamente criticato la Commissione di “interferenza nella campagna elettorale interna di un paese candidato all’UE”. Accuse respinte dalla portavoce della Gabriel secondo cui l’intervento riguardava solo ed esclusivamente il tema dell’incontro senza nessuna intenzione di sostenere il Partito Democratico.
Nonostante gli screzi con la Commissione, il percorso europeo del paese non verrà assolutamente messo in dubbio né da Rama né dalle opposizioni. Le differenze tra i due schieramenti non sembrano risiedere nei programmi elettorali e nell’elaborazione di politiche concrete volte a limitare l’emorragia demografica del paese. Queste elezioni rappresentano forse più una lotta per il potere che per il futuro dell’Albania.
Immagine: Council of Europe