Nelle prime ore del 17 maggio, in piena notte, le autorità hanno demolito il Teatro nazionale di Tirana. L’azione ha scatenato le proteste dei cittadini, che hanno tentato di opporsi alla demolizione. L’intervento della polizia ha generato tensioni, scontri ed arresti, ma le proteste sono continuate per tutta la giornata. L’abbattimento del teatro arriva dopo un duro braccio di ferro durato più di due anni, con governo e autorità comunali da una parte, e società civile, intellettuali e forze di opposizione dall’altra.
La diatriba del Teatro
Progettato dell’architetto Giulio Bertè a poca distanza dall’odierna piazza Skanderbeg, il Teatro nazionale era stato costruito nel 1939, durante l’occupazione italiana, insieme a tutto il complesso di edifici di architettura razionalista che costituisce ancora oggi il cuore della capitale albanese. Divenuto teatro popolare durante il regime comunista di Enver Hoxha, il Teatro era uno dei centri culturali più importanti del paese.
La lotta intorno al Teatro è iniziata nel 2018, quando il governo socialista di Edi Rama ha annunciato di voler procedere all‘abbattimento dell’edificio, per fare posto ad un complesso super-moderno disegnato da uno studio danese. Il progetto prevedeva non solo un nuovo teatro, ma anche la costruzione di appartamenti gestiti da privati. Un progetto che aveva ricevuto il pieno supporto del comune di Tirana, guidato dal delfino di Rama, il sindaco Erion Veliaj, in linea con il piano di modernizzazione della città che ha visto il completo rinnovamento della piazza principale e del vecchio bazar e la costruzione di un nuovo stadio. Il sindaco ha anche sottolineato come la struttura fosse ormai compromessa, con rischi infrastrutturali e per la salute per via della presunta presenza di amianto.
La decisione ha diviso gli intellettuali e la cittadinanza di Tirana. Gli oppositori hanno costituito un movimento, l’Alleanza per la difesa del teatro nazionale, a cui hanno aderito diversi esponenti della scena culturale albanese. A partire dal luglio del 2019, tale movimento ha occupato la struttura, rendendolo uno spazio aperto con eventi culturali e dibattiti. L’Alleanza, inoltre, ha combattuto per promuovere anche all’estero la propria battaglia a difesa del Teatro nazionale, riuscendo a far inserire la struttura nella lista dei “sette siti più minacciati” del patrimonio europeo di Europa Nostra, federazione non-governativa pan-europea per il patrimonio culturale.
Un primo successo era stato ottenuto nel febbraio di quest’anno, quando il comune di Tirana aveva annunciato la fine delle negoziazioni con il privato. Il comune ha così deciso di rivedere il piano, finanziando la costruzione di un nuovo teatro con soli fondi pubblici, rinunciando agli appartamenti. Una decisione, però, che non ha soddisfatto gli oppositori, contrari ad ogni piano che prevedesse la distruzione dell’edificio.
L’accelerazione di maggio
Gli eventi sono precipitati nell’ultimo mese. Dopo che il governo ha deciso di trasferire la proprietà del teatro al comune di Tirana, il 14 maggio il consiglio comunale ha votato una delibera per iniziare la demolizione, in modo da procedere con la costruzione del nuovo edificio. La decisione ha generato una nuova ondata di reazioni. Il presidente della Repubblica Ilir Meta, forte oppositore di Rama, si è scagliato contro il progetto, rivolgendosi alla Corte costituzionale: una mossa solo simbolica, dato che la Corte è impossibilitata a decidere a causa della mancanza di 5 giudici membri sui 9 totali. Il leader dell’opposizione, Lulzim Basha, che fin dall’inizio ha cavalcato le proteste come parte della sua linea dura contro il governo, ha parlato di un atto di guerra, promettendo una risposta altrettanto dura. Ma reazioni sono arrivate anche dall’Unione europea: la Commissaria europea per l’Innovazione, la Ricerca, la Cultura, l’Istruzione e la Gioventù, Mariya Gabriel, ha esortato le autorità al dialogo per raggiungere un compromesso. Un intervento che non è bastato.
La demolizione è così iniziata nella notte tra il 16 e il 17 maggio, a seguito dello sgombero degli occupanti da parte della polizia. L’azione ha ben presto attirato sul luogo un gruppo di manifestanti, che hanno scandito cori contro il governo, venendo a contatto con le forze dell’ordine. Secondo le prime ricostruzioni, alcune decine di persone sono state arrestate, tra cui un giornalista. Le tensioni sono continuate per l’intera giornata.
La rottura
L’azione voluta dal governo e dall’amministrazione comunale sancisce un ulteriore tassello di rottura tra maggioranza e opposizione. Questa volta, però, Rama è andato anche contro le istituzioni europee, tanto che la Delegazione UE a Tirana ha espresso rammarico per la decisione irreversibile presa, e, soprattutto, contro una vasta fetta di società civile e mondo della cultura, mondo da cui lui stesso proviene.
La demolizione del Teatro nazionale, dunque, sembra andare aldilà dell’eterna lotta politica tra schieramenti: il decisionismo di Rama, una delle caratteristiche del suo governo, ha in questo caso schiacciato la battaglia politica di tanti cittadini e della società civile che chiedeva il rispetto di un pezzo importante della città. Un gesto forte, voluto in nome della modernizzazione, che rischia però di avere profonde conseguenze nella società albanese.
Foto: Balkan Insight