Se non fosse tragica, la nuova piega presa dalle vicende che coinvolgono la Bielorussia sarebbe quasi da utilizzare come soggetto per un nuovo episodio della saga di James Bond. Peccato che in ballo ci siano vite e libertà negate e che per il momento i buoni non sembrano riuscire a risolvere la situazione.
Verso la metà del mese di aprile Aleksandr Lukashenko, per adesso ancora presidente in carica bielorusso, ha dichiarato che gli Stati Uniti stavano tramando un attentato contro di lui e i suoi famigliari. Che, ricordiamo, sono soltanto i tre figli: i primi due avuti dalla moglie, che però ha sempre fatto vita ritirata, abitando da sola lontano da Minsk, e il terzo apparso all’improvviso senza che nessuno abbia la certezza della maternità, che si vocifera sia da imputare all’ex medico del dittatore.
Lukashenko giustifica il rapimento…
Inizialmente, lo scorso 17 aprile e in occasione del subbotnik, il sabato comunista in cui si lavora gratis che era tipico dell’URSS ma è stato mantenuto ancora oggi in vigore in Bielorussia, Lukashenko aveva giustificato il “prelievo” – se così si può definire – del politologo Aleksandr Feduta, del politico Grigorij Kostusev e dell’avvocato Yury Zenkovich avvenuto a Mosca. I tre sono stati poi condotti a Minsk dove sono tuttora sotto custodia. Il motivo di tale gesto? Sarebbero stati coinvolti nella pianificazione di un attentato contro di lui e i suoi figli.
…e poi accusa gli Stati Uniti
Nella sua dichiarazione, infatti, il capo di Stato sostiene che i piani fossero chiari: attaccare i suoi figli di cui, dice, non ama parlare, perché è vita privata. Lukashenko ha poi dichiarato di aver scoperto che si tratta di “lavoro di servizi di intelligence apparentemente stranieri, molto probabilmente parliamo della CIA”. Venuto a conoscenza del progetto di arrivare a Minsk e attentare alla vita sua e dei figli, il presidente avrebbe quindi informato Mosca della presenza dei complici in Russia.
Il giorno dopo, come nelle migliori trame di spionaggio internazionale, la ministra degli Esteri russa Maria Zakharova ha dichiarato in tv che l’espulsione di diplomatici russi dalla Repubblica Ceca era un modo per deviare l’attenzione, con molta probabilità.
Il primo tentativo di colpo di stato in Bielorussia
Secondo gli uomini di Lukashenko, si tratterebbe del primo tentativo di colpo di stato. Il KGB bielorusso avrebbe lavorato negli ultimi sei mesi per sventarlo. Sempre citando i suoi uomini, uno dei tre in stato di fermo – Yuri Zenkovich, bielorusso con doppia cittadinanza statunitense – in quanto membro dei servizi segreti americani, avrebbe tentato di reclutare e corrompere militari bielorussi per rovesciare il regime in cambio di un risarcimento monetario.
Il Dipartimento di Stato americano smentisce ogni accusa
In una nota un portavoce del Dipartimento di Stato americano nega qualsiasi coinvolgimento in un’eventuale organizzazione di cospirazione o tentato assassinio di Lukashenko o dei suoi figli, e fornisce assistenza a Zenkovich in quanto cittadino statunitense.
Altri bielorussi nel mirino del regime
Il politologo Dmitry Bolkunets non è sicuro del coinvolgimento della Russia in questa operazione, ma lo è sul fatto che il rapimento ai danni dei tre bielorussi nel centro di Mosca non sia un caso isolato. Igor Makar, ex vice comandante delle Forze Speciali bielorusse che ha svelato diversi retroscena del regime di Lukashenko, in un video apparso il 5 aprile aveva già ipotizzato un’operazione simile ai danni dello stesso Bolkunets, poi non avvenuta. Inoltre, quest’ultimo spiega che soltanto pochi giorni prima diversi leader dell’opposizione bielorussa avevano ricevuto un invito per raggiungere in fretta Mosca per delle trattative.
Le sanzioni imposte alla Bielorussia dagli Stati Uniti sono già molte e spaziano dall’economia, alla politica fino al turismo, coinvolgendo sia aziende statali che personalità. Queste accuse scateneranno una reazione diversa, o saranno la svolta per i negoziati che sta organizzando Svetlana Tichanovskaya?
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Immagine: Andrew Keymaster / Unsplash