Lo scorso 11 maggio l’Albania ha confermato il dominio politico di Edi Rama, che alla guida del Partito Socialista (PS) ha ottenuto la quarta vittoria consecutiva alle elezioni parlamentari. Con 83 seggi su 140 e più del 50% dei voti, il PS cresce e si consolida come la forza politica dominante di una democrazia sempre meno partecipata e pluralista. Forte dell’ennesima vittoria Rama deve mantenere la sua promessa: entro il 2030, l’Albania entrerà nell’UE?
Nemmeno la diaspora scalfisce il bi-partitismo
L’affluenza si è fermata al 42%, il dato più basso mai registrato. Il dibattito politico è polarizzato da decenni e viene monopolizzato da un bi-partitismo che appare impossibile da scalfire. Da un lato il PS e il suo leader forte Edi Rama, dall’altro il Partito Democratico (PD), guidato per l’ennesima volta da Sali Berisha. I due leader occupano gran parte dello spazio mediatico, mentre la società civile rimane marginale. Secondo Farah Karimi, coordinatrice speciale e leader degli osservatori a breve termine dell’OSCE, agli elettori non è stata data la possibilità di assistere a un autentico confronto di idee politiche in vista delle elezioni.
Quest’anno per la prima volta hanno votato anche gli albanesi all’estero. L’impatto del voto della diaspora ha aggiunto una nuova dimensione al panorama politico albanese e grazie a questo i nuovi movimenti civici hanno guadagnato slancio, seppur insufficiente. Per esempio, la giovane coalizione “Iniziativa l’Albania Diventa”, ferma nella lotta alla corruzione sistemica, ha conquistato le preferenze di circa l’8% dei votanti esteri, ottenendo un seggio in parlamento. Un segnale, ma troppo poco per impensierire PS e PD.
Sali Berisha al capolinea?
Quello che emerge chiaramente è l’ennesima sconfitta del PD e di Sali Berisha, ex presidente e primo ministro, già dichiarato persona non grata dagli Stati Uniti e reduce da un anno di arresti domiciliari per gravi casi di corruzione. Dopo quattro elezioni parlamentari perse e 12 anni all’opposizione, il PD ha bisogno di riforme e di un nuovo leader. D’altro canto, scarseggiano le alternative.
Per ora, l’ottantunenne Berisha sembra intenzionato solo ad attaccare l’integrità delle elezioni, aggrappandosi alla guida del PD nonostante la sonora sconfitta e a costo di violare il regolamento interno del partito. “Questa battaglia, fino alla vittoria, sarà portata a termine da chi l’ha iniziata”, ha dichiarato pochi giorni dopo le elezioni, confermando la volontà di restare in carica e attaccando il “mostro elettorale Edi Rama, che non rispetta alcuna regola”.
Una stabilocrazia verso l’UE
“Dopo le elezioni, l’unica opposizione sarà l’Unione europea“, ha dichiarato ironicamente Pandeli Majko, storico esponente socialista. Ad oggi il PS governa quasi tutti i comuni del paese e ha una maggioranza schiacciante in parlamento, con una concentrazione di potere senza precedenti, e l’unico limite al potere di Rama sembra saranno le richieste dell’UE per completare il processo di integrazione.
Rama ha saputo sfruttare il sostegno europeo, come altri leader confinanti, presentandosi come garante di stabilità nella regione, e il suo impegno di portare l’Albania nell’UE entro il 2030, promettendo di completare i negoziati di adesione all’UE entro il 2027, ha conquistato l’elettorato del paese più europeista dell’area.
Non sono mancate critiche. Per esempio, Zef Mazi, ex capo negoziatore dell’Albania con l’UE, si è dichiarato piuttosto scettico. L’Albania ha aperto 16 dei 35 capitoli negoziali dal 2022 e finora non ne ha chiuso nessuno. Per rendere l’idea, il vicino Montenegro ha aperto 32 capitoli nel 2012 e, ad oggi, è riuscito a chiuderne solamente cinque. In effetti, il percorso di riforme che dovrà intraprendere Rama non sarà privo di ostacoli.
Giustizia e libertà di stampa
Nonostante il miglioramento dell’Albania nell’indice di corruzione di Transparency International, passando dal 116° posto nel 2013 all’80° posto nella classifica del 2024, la corruzione rimane un problema e, soprattutto, un ostacolo all’integrazione europea. Oltre a Berisha, lo scorso ottobre è stato arrestato con l’accusa di corruzione il suo alleato Ilir Meta, ex presidente della Repubblica e ora leader del Partito della Libertà. Anche Erion Veliaj, sindaco socialista di Tirana e vicino a Rama, è stato arrestato a febbraio nel corso di un’indagine per corruzione che coinvolge fondi pubblici.
Sul confine tra giustizia e politica e sui timori per l’autonomia del sistema giudiziario si gioca una della partite più rilevanti. Ne risente in particolare la Procura Speciale Anticorruzione (SPAK), un’entità indipendente introdotta nella costituzione e incaricata dal 2016 di investigare su casi di corruzione nella pubblica amministrazione. La SPAK, elogiata dall’UE e dall’OSCE anche per il ruolo decisivo nel garantire la trasparenza delle elezioni, è spesso oggetto di critiche da tutte le parti politiche, incluso Rama.
La libertà dei media è un altro tema che Rama deve affrontare per mantenere le promesse europeiste. Sempre secondo l’OSCE, l’indipendenza e la diversità dell’informazione sono compromesse da finanziamenti poco trasparenti, concentrazione della proprietà e interferenze nelle scelte editoriali, che hanno avuto un impatto negativo sulla quantità e sulla qualità delle informazioni disponibili al pubblico, incidendo sul processo elettorale.
Il controllo governativo dei media è da sempre problematico. In Albania, ricorda Reporter Senza Frontiere, la libertà di stampa e l’indipendenza dei media sono minacciate da conflitti di interesse tra il mondo degli affari e quello politico, da un quadro giuridico lacunoso e da una regolamentazione faziosa. I giornalisti sono inoltre vittime di atti di intimidazione da parte di politici e della criminalità organizzata.
Una democrazia in cattiva salute
Se da un lato il consolidamento del potere di Rama rappresenta una garanzia di stabilità, dall’altro un’opposizione indebolita, corruzione e media poco indipendenti sono segnali preoccupanti per la salute della democrazia albanese. Il quadro si aggrava considerando che una maggioranza così forte rischia di incrementare ancora la polarizzazione del dibattito politico e ridurre il pluralismo democratico in Albania.
Per mantenere la promessa di una rapida integrazione nell’UE, Rama dovrà trovare un non semplice equilibrio tra apparire “stabile” agli occhi di Bruxelles e mettere in atto le riforme necessarie soprattutto su media e giustizia. Dal canto suo, l’opposizione deve ricostruirsi al più presto per rinvigorire il dibattito politico, con la speranza che i movimenti civici emergenti acquistino più rilevanza. Vedremo se tanto Rama quanto l’UE saranno capaci di mantenere le proprie promesse. Ne va della credibilità di entrambi.