I Balcani a Belfast, nel nome della riconciliazione – o della lotta ai migranti?

Si è tenuto lo scorso 8 e 9 ottobre nel castello di Hillsborough a Belfast, in Irlanda del Nord, l’incontro tra i ministri degli esteri del Processo di Berlino. Sul tavolo temi quali la riconciliazione, la sicurezza, l’integrazione economica regionale e la migrazione, nonché il percorso di adesione dei paesi dei Balcani occidentali all’UE. Un incontro preparatorio per il vertice dei capi di Stato e di governo, che si terrà a Londra il 22 ottobre.

Precedenti non proprio gloriosi

Dopo il decennale nel 2024, la Germania ha passato al Regno Unito (nel frattempo uscito dall’UE) la presidenza del processo di Berlino, ma sugli appuntamenti d’autunno restano vari punti interrogativi. L’ultima volta che il processo diplomatico aveva fatto tappa in Gran Bretagna, nel luglio 2018, l’evento era stato segnato dalle dimissioni del ministero degli esteri Boris Johnson proprio il giorno del summit.

Al tempo, Florian Bieber (professore all’università di Graz) aveva chiamato ad abbandonare la pratica dei vertici, sostituendola con una vertice UE27 – Balcani occidentali. Da allora, un vertice a 27+6 è stato celebrato ogni anno a dicembre, ma il processo di Berlino è comunque rimasto in calendario, in balìa delle priorità dei 9 stati membri (più Regno Unito) che ruotano alla sua presidenza.

Parlare di riconciliazione – a Belfast?

Discutere di riconciliazione a Belfast suona comunque dissonante – dopo che negli scorsi anni la brexit ha messo in dubbio la tenuta degli accordi di pace in Irlanda del Nord, basati sulla libera circolazione di merci e persone tra nord e sud dell’isola divisa dal 1921. Una questione a malapena risolta dal protocollo del 2021 e dall’accordo-quadro di Windsor del 2023.

E non è chiaro quali siano stati i passi avanti sulla riconciliazione tra i paesi dei Balcani dal vertice di Vienna del 2017, che aveva messo la questione in cima all’agenda, promettendo monitoraggio costante negli anni successivi (non pervenuto). L’unico risultato concreto finora è stata la messa in operazione dell’Ufficio regionale per la cooperazione giovanile (RYCO) a Tirana.

La “riconciliazione” intanto resta ostaggio di agende nazionali. Il ministro degli esteri croato Gordan Grlić Radman ha ricordato a Belfast la necessità di risolvere le questioni pendenti sulle persone scomparse e sui crimini di guerra – per poi gettarsi sulla costante priorità politica dei governi HDZ, ossia “l’uguaglianza dei croati come uno dei tre popoli costitutivi” della Bosnia Erzegovina. 

 La fissazione britannica con la lotta ai migranti

E il nuovo governo laburista britannico – messo alle strette dai sondaggi a favore del nuovo partito Reform di Nigel Farage, e osessionato dalla questione delle small boats nella Manica – non ha perso occasione per porre le questioni migratorie in cima all’agenda dei colloqui coi Balcani.

Nei giorni scorsi, Politico Europe ha rivelato che il Regno Unito sarebbe stato particolarmente interessato alla firma di un accordo per un centro per il rimpatrio dei migranti in Kosovo, dopo le fallite interlocuzioni con l’Albania. La presidente Vjosa Osmani aveva affermato che il Kosovo sarebbe stato “aperto” a negoziare un accordo per accogliere migranti la cui richiesta d’asilo era stata respinta dal Regno Unito.

A monte dell’incontro di Belfast, la ministra degli esteri Yvette Cooper ha annunciato 10 milioni di sterline per programmi di contrasto al traffico di esseri umani nei Balcani e una ridistribuzione del personale diplomatico sulle questioni migratorie. La “fissazione” dei governi britannici sulla lotta ai migranti – “difficile da comprendere“, secondo un diplomatico di uno dei paesi presenti a Belfast, sentito da Politico Europe, sta causando una certa stanchezza nei circoli diplomatici.

Contrasto alla Russia e integrazione economica regionale

La sicurezza è stato un altro dei temi-chiave. A Belfast, i ministri hanno discusso dell’importanza di rafforzare la resilienza nei Balcani occidentali per contrastare il flusso costante di minacce ibride russe volte a “destabilizzare la regione” e ad “alimentare le tensioni etniche”. La ministra Cooper ha messo sul piatto un nuovo programma da 4 milioni di sterline. 

Il segretario generale del Regional Cooperation Council (RCC), Amer Kapetanović, ha ricordato i progressi verso l’integrazione economica, anche grazie all’iniziativa UE per un Piano di crescita per i Balcani occidentali. “Il mercato comune regionale è un impegno politico di fiducia reciproca e prosperità condivisa. Ogni passo avanti, dal Roam Like at Home al riconoscimento reciproco delle qualifiche professionali, fino al primo pagamento SEPA tra l’UE e la nostra regione, avvicina concretamente i Balcani occidentali all’Europa”, ha aggiunto. “La cooperazione regionale non è solo una preparazione all’adesione all’UE, ma una prova generale di come agiremo una volta all’interno dell’Unione”, ha concluso.

E proprio a inizio ottobre Albania, Montenegro e Macedonia del Nord hanno completato l’adesione all’area unica dei pagamenti in euro (SEPA), che renderà i trasferimenti in euro più semplici, rapidi ed economici per cittadini e imprese.

Rinvigorire il percorso di adesione all’UE

I ministri dei paesi UE hanno affermato l’importanza di rinvigorire l’integrazione europea. Secondo il ministro degli esteri tedesco Johann Wadephul, “il processo di Berlino è catalizzatore del processo di adesione all’UE dei paesi dei Balcani occidentali”. “Questo meccanismo è più importante che mai. Dopotutto, le persone stanno iniziando a perdere fiducia nella possibilità di entrare nell’UE nel prossimo futuro. Non possiamo permetterci che ciò accada, perché correremmo il rischio di un ritorno ai vecchi tempi di ostilità e di un ruolo più importante per Russia e Cina”, ha osservato Wadephul.

La ministra degli esteri austriaca Beate Meinl-Reisinger ha sottolineato come la lunghezza dei negoziati di adesione è fonte di frustrazione: “Rischiamo di perdere credibilità nei Balcani occidentali. Questo crea opportunità per altre potenze geopolitiche. Pertanto, sarebbe saggio semplificare le procedure, senza abbassare gli standard di adesione. Non abbiamo bisogno dell’unanimità in oltre 100 voti all’inizio, alla fine o alla chiusura dei capitoli”, ha spiegato Meinl-Reisinger, esprimendo sostegno all’uso del voto a maggioranza qualificata sugli aspetti tecnici del processo di adesione. “Non si tratta di un dettaglio tecnico, ma di un segnale che prendiamo sul serio l’integrazione europea.”

Una posizione, sostenuta già l’anno scorso da una iniziativa di Germania e Slovenia, che tuttavia trova ancora scetticismo da parte di altri paesi membri, Francia in primis. Vedremo se qualcosa si muoverà entro dicembre, quando l’Ucraina potrebbe trovarsi di nuovo davanti al veto di Budapest.

Foto: PA Media / BBC

Chi è Andrea Zambelli

Andrea Zambelli è uno pseudonimo collettivo usato da vari membri della redazione di East Journal.

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