L’anno 2025 rischia di essere ricordato per la fine della libera informazione nei Balcani. Una tempesta perfetta causata dal ritiro dei fondi americani che ha colpito Radio Free Europe e Voice of America, la chiusura subitanea di Al Jazeera Balkans, e i cambi di proprietà di N1 e Euronews Serbia.
In un contesto mediatico già profondamente frammentato lungo criteri etnici e politici, e in cui il giornalismo indipendente e investigativo si trova ad affrontare crescenti pressioni, c’è allarme per la chiusure o il cambio di proprietà di testate giornalistiche di rinomata professionalità.
Con la perdita di indipendenza finanziaria ed editoriale di tali media, e le debolezze strutturali nella regolamentazione dei media e nel servizio pubblico, c’è il rischio di lasciare ancora più spazio a influenze politiche alla disinformazione al servizio di regimi non democratici, a partire da Serbia, Ungheria e Russia, con effetti deleteri sul dibattito pubblico e in ultima istanza sulla democrazia.
Gli USA tagliano i finanziamenti alla stampa
Diverse testate giornalistiche hanno già chiuso per via della sospensione dei finanziamenti da parte di USAID e del Dipartimento di Stato americano. A giugno 2025, Voice of America ha interrotto tutte le attività a livello globale, incluso il suo servizio in lingua bosniaca Glas Amerike.
Rischia la chiusura anche la redazione sarajevese di Radio Free Europe (RFE/RL). Ciò priverebbe la regione di un altro importante media indipendente, e lascerebbe sulla strada circa 200 dipendenti.
Il taglio dei finanziamenti americani porta inoltre alla fine di tutte le iniziative di formazione e sviluppo che ha permesso alla stampa locale di migliorare le proprie tattiche investigative e la propria indipendenza e reputazione.
Al Jazeera Balkans chiude a sorpresa
Il 12 luglio 2025, l’emittente del Qatar ha annunciato a sorpresa la chiusura entro la fine di agosto del suo hub Al Jazeera Balkans (AJB), con perdita di oltre 250 posti di lavoro, di cui 200 solo a Sarajevo.
Mentre si parla di cattiva gestione finanziaria, restano i dubbi sulle vere ragioni per la chiusura di un media la cui professionalità e qualità informativa era universalmente riconosciuta. La fine di AJB conduce a una significativa riduzione del pluralismo mediatico nella regione, secondo gli esperti del settore.
Euronews Serbia finisce sotto controllo di Vučić
Mentre Euronews è dal 2022 sotto totale controllo di stretti associati a Viktor Orbán, Euronews Serbia è stata venduta a Telekom Srbija, società di proprietà del governo serbo, già proprietaria del canale tv Newsmax Adria. Queste due emittenti stanno aprendo filiali e iniziando a trasmettere programmi anche in altri paesi, a partire da Montenegro e Bosnia Erzegovina.
Nel mese di giugno 2025, 12 giornalisti di Euronews Serbia sono stati licenziati per essersi rifiutati di sostenere la politica editoriale a favore del regime del presidente serbo Vučić. Il deterioramento dell’indipendenza editoriale di queste emittenti potrà avere effetti in tutta la regione, aumentando l’influenza di Russia e Cina e la disinformazione.
E anche N1 rischia di fare la stessa fine
Ugualmente, desta preoccupazione il cambiamento di proprietà della televisione N1, affiliata regionale della CNN. Nel febbraio 2025 United Group, la cui maggioranza è detenuta dal 2018 dal fondo britannico BC Partners, ha venduto la maggior parte del suo portafoglio nella regione a PPF Telecom Group B.V. e Telekom Srbija, mantenendo solo due canali televisivi, N1 e Nova.
A giugno, BC Partners ha licenziato a sorpresa il fondatore di United Group Dragan Šolak e l’amministratrice delegata Viktoriya Boklag. La politica editoriale di N1 è finora rimasta invariata, ma si teme che possa aumentare l’influenza politica del governo di Belgrado.
In risposta, 13 redattori e giornalisti di testate di United Group hanno inviato alla comunità internazionale un “appello per la protezione del giornalismo indipendente in Europa sudorientale”, denunciando le crescenti pressioni politiche e chiedendo urgente attenzione e sostegno.
Già nel 2023, N1 era finita nel mirino della politica: a maggio, la sua filiale slovena N1info.si aveva denunciato come politicamente motivate le indagini antiriciclaggio condotte da Damjan Žugelj, nominato dal partito SDS di Janez Janša. N1info.si ipotizzava un accordo pre-elettorale tra Janša e il presidente serbo Vučić. In ottobre, gli investigatori sloveni hanno arrestato Žugelj e i suoi collaboratori per abuso d’ufficio.
Sempre più spazio per le reti della disinformazione
Nel 2018, il primo studio scientifico sulla disinformazione online in Bosnia Erzegovina ha individuato l’esistenza di un hub di media che producevano e ripubblicavano contenuti disinformativi con una lente anti-occidentale.
L’invasione russa dell’Ucraina nel 2022 ha mostrato come le narrative del Cremlino si possano diffondere rapidamente in una regione che condivide la stessa lingua e ha stretti legami sociali e culturali. A contribuirvi, anche il significativo sostegno politico di cui gode la Russia e una rete pre-esistente di organi e agenzie di stampa con simile affiliazione, tra cui Sputnik Serbia, emittente statale russa operativa dal 2015.
Sputnik ha legami diretti anche con la TV Russia Today (RT) Balkan, lanciata nel 2022 in Serbia e che ha iniziato a trasmettere nel 2024 tramite TV via cavo e online. La caporedattrice di RT Balkan è Jelena Milinčić, figlia di Ljubinka Milinčić, caporedattore del sito web Sputnik in serbo.
Il rapporto 2024 sulla Serbia della Commissione europea chiede a Belgrado con urgenza, come parte del capitolo 31, di “chiudere lo spazio alle interferenze straniere e alla manipolazione dell’informazione, inclusa la disinformazione, e adottare misure per rafforzare la resilienza sociale contro queste e altre forme di minacce ibride,” ricordando che la Serbia non si è allineata alle sanzioni UE in risposta ad attacchi informatici avvenuti nel 2023 e nel 2024.
I cambiamenti negli assetti societari dei principali organi di informazione regionali tuttavia sembrano indicare che Belgrado mantiene la propria direzione ostinata e contraria, con effetti negativi per tutti i Balcani.
East Journal Quotidiano di politica internazionale