Kosovo Europa

KOSOVO: L’Europa superi la propria inerzia

L’Europa superi la propria inerzia nelle relazioni con il Kosovo. E’ l’appello lanciato da un gruppo di ricercatori euro-balcanici per Carnegie Europe.

La situazione in Kosovo è oggi più calma di quanto non fosse due anni fa, al tempo degli scontri coi paramilitari serbi a Banjska, la crescita economica viaggia sul 4% e altri due paesi (Kenya e Sudan) hanno riconosciuto la repubblica balcanica. Ma non è tempo di riposare sugli allori. Secondo un nuovo rapporto del Carnegie Europe, firmato da sei ricercatori euro-balcanici (Dimitar Bechev, Iliriana Gjoni, Lukáš Macek, Milan Nič, Nikola Xaviereff e Wouter Zweers), l’Unione europea deve scrollarsi di dosso l’inerzia nelle relazioni con Pristina, per non rischiare che lo stallo politico porti a un nuovo vicolo cieco che metta a rischio la stabilità dei Balcani.

Dopo aver portato per la prima volta a termine un mandato parlamentare completo, il governo di Albin Kurti è uscito ridimensionato dalle elezioni di febbraio 2025, seppure ancora in testa; l’instabilità politica potrebbe portare a elezioni anticipate tra l’estate e l’inizio del nuovo anno. Il percorso di adesione alle istituzioni europee è inoltre bloccato – tanto al Consiglio d’Europa che all’UE. Di traverso si mettono le aspettative che il governo kosovaro faccia passi avanti verso la creazione di una comunità/associazione delle municipalità a maggioranza serba (ASMM). Le relazioni tra Pristina e Bruxelles sono al lumicino, con le misure“reversibili e temporanee” introdotte nel 2023 (niente vertici politici, niente fondi europei per gli investimenti infrastrutturali) di cui gli stati membri ora non riescono a liberarsi. E con Trump alla Casa Bianca e il possibile ritorno sulla scena di attori ostili come Richard Grenell, il Kosovo rischia sempre più l’isolamento rispetto ai grandi attori politici internazionali. Gli analisti, per Carnegie, indicano sette priorità.

In primis, l’UE dovrebbe revocare le misure punitive che limitano le sue relazioni con Pristina e garantiscono una foglia di fico ai vertici politici kosovari. La Commissione europea dovrebbe utilizzare il proprio spazio di manovra e procedere alla revoca graduale delle misure, in linea con quanto raccomandato dall’ex Alto rappresentante Ue Josep Borrell già nel giugno 2024, elaborando inoltre condizioni chiare per la loro totale cancellazione.

In secondo luogo, le istituzioni UE e gli stati membri dovrebbero stabilire una chiara strategia per collegare gli avanzamenti nel dialogo per la normalizzazione delle relazioni tra Pristina e Belgrado con il processo di adesione, superando lo stallo attuale. Il nuovo rappresentante speciale Ue per il dialogo Belgrado-Pristina, il diplomatico danese Peter Sørensen, ha inoltre la chance di rilanciare il negoziato dopo i fallimentari cinque anni di Miroslav Lajčák, rilanciando gli accordi di Bruxelles 2013 e Ohrid 2023.

In terzo luogo, per garantire credibilità alla facilitazione Ue del dialogo Belgrado-Pristina, le istituzioni europee dovrebbero avviare un dialogo politico con i cinque Stati membri che, per ragioni e con modalità diverse, non riconoscono l’indipendenza del Kosovo: Cipro, Grecia, Romania, Slovacchia e Spagna. Per tale ragione la domanda di adesione presentata dal Kosovo a dicembre 2022 resta ancora ferma nei cassetti del Consiglio Ue, nonostante la Commissione europea abbia più volte affermato di essere pronta a preparare un’opinione, qualora richiesto. Un ammorbidimento delle posizioni di alcune capitali potrebbe permettere al Kosovo di avviare il proprio percorso di adesione all’Ue, anche senza formale riconoscimento di tutti i 27 per ora.

In quarto luogo, il Kosovo dovrebbe ratificare con urgenza i due accordi per la partecipazione al Piano di crescita dell’UE per i Balcani, e lavorare per l’inclusione del Kosovo nelle varie piattaforme di integrazione graduale col mercato unico europeo. Ad esempio, l’adesione all’Area unica dei pagamenti in euro (SEPA) consentirebbe alla numerosa diaspora kosovara di risparmiare milioni sui trasferimenti bancari delle rimesse. Il Kosovo potrebbe inoltre così beneficiare di nuovo investimenti europei per le infrastrutture (strade e ferrovie) e per la transizione energetica (rinnovabili anziché carbone).

In quinto luogo, il governo del Kosovo dovrebbe mostrarsi proattivo riguardo alla minoranza serba. Anziché rifiutarsi categoricamente di considerare la bozza di statuto dell’Associazione delle municipalità a maggioranza serba, Pristina dovrebbe presentarla alla Corte Costituzionale o elaborare una alternativa credibile, presentandosi in buona fede rispetto tanto ai serbi del Kosovo quanto ai governi di Francia e Germania che si aspettano passi avanti sulla questione.

In sesto luogo, le autorità kosovare dovrebbero avviare un coinvolgimento genuino della società civile nel nord del Kosovo a maggioranza serba. Le venture elezioni locali dell’ottobre 2025 e il previsto ritorno dei sindaci serbi rappresentano un’opportunità. Servono significative misure simboliche, politiche ed economiche, con un solido sostegno trasversale, per l’inclusione dei serbi del Kosovo e per ottenere nel lungo termine la loro accettazione della sovranità e dell’integrità territoriale di un Kosovo multietnico. Di converso, la società civile serba del Kosovo dovrebbe dimostrare la propria disponibilità a impegnarsi in tale processo qualora il governo adotti un’iniziativa credibile.

Infine, il Kosovo e i Balcani occidentali nel loro complesso dovrebbero partecipare attivamente alle discussioni sulla sicurezza e la difesa in Europa. La regione dovrebbe proporre idee su come contribuire allo sforzo comune per contenere la Russia, rafforzare la resilienza e sviluppare la capacità industriale della difesa. Pristina dovrebbe investire in partnership bilaterali con paesi NATO come il Regno Unito e la Turchia, per salvaguardare la stabilità e la sicurezza nella regione, in un momento in cui la garanzia statunitense sembra non reggere.

Nel complesso, concludono i ricercatori del Carnegie, queste misure contribuirebbero al progresso in Kosovo e quindi alla credibilità dell’UE come attore di sicurezza internazionale.

Foto: Diego Delso, delso.photo, License CC BY-SA

Chi è Andrea Zambelli

Andrea Zambelli è uno pseudonimo collettivo usato da vari membri della redazione di East Journal.

Leggi anche

Ohrid Kosovo Serbia

BALCANI: Due anni dopo l’accordo di Ohrid, cosa succede nei rapporti tra Kosovo e Serbia?

A due anni dall'accordo di Ohrid, il dialogo tra Kosovo e Serbia è ad un punto di stallo con tensioni ancora diffuse. La nomina del nuovo invitato speciale UE Sørensen offre però un'opportunità di rivitalizzazione del processo di normalizzazione delle relazioni tra i due paesi.

WP2Social Auto Publish Powered By : XYZScripts.com