Si commemora anche in Italia, per il secondo anno, la giornata delle “fasce bianche” a ricordo della pulizia etnica e del massacro dei bosniaci a Prijedor, durante la guerra del 1992-95.
Le iniziative a Piacenza
L’iniziativa è della comunità bosniaca italiana, a partire dalle associazioni Mreza mladih e Dzemat Ilm di Piacenza. La commemorazione è prevista per oggi, sabato 31 maggio, alle 18:50 sul Pubblico Passeggio di Piacenza. evento che ha l’obiettivo di sensibilizzare l’opinione pubblica sui diritti umani e le minoranze etniche, nel ricordo delle vittime bosgnacche e croate del Genocidio di Prijedor. La riflessione publica prosegue domenica 1° giugno, alle 19:00, presso il circolo di via Cornegliana 82, con la presentazione del libro “Nazionalismi e ‘pulizia etnica’ in Bosnia-Erzegovina. Prijedor (1990–1995)” di Simone Malavolti (Pacini Editore).
La pulizia etnica a Prijedor
Il 31 maggio del 1992, le autorità serbo-bosniache che avevano preso il controllo di Prijedor obbligarono tutti i cittadini non serbi (la maggioranza) ad appendere uno straccio bianco o un lenzuolo ad una finestra di casa. Per strada furono obbligati a portare al braccio una fascia bianca.
Nei mesi che seguirono, 31mila civili bosgnacchi e croati vennero rinchiusi nei lager, 53mila furono vittime di persecuzione e deportazione. 3.173 vennero uccisi, tra cui 102 minori. Agli altri venne concesso di lasciare la città rinunciando ai loro beni, una volta dichiarato che non sarebbero rientrati più. Case e terreni di loro proprietà vennero dati alle fiamme, così come chiese e moschee.
Prijedor dopo la guerra
Oggi situata in Republika Srpska, l’entità a maggioranza serba della Bosnia Erzegovina, Prijedor è una città cambiata. Dei 50.000 bosgnacchi ne rimasero circa 6.000, dei 6.000 croati ne restò la metà. Al censimento del 2013, i due terzi dei 90.000 abitanti erano serbi, e la città è stata a lungo feudo del partito DNS di Marko Pavić, fino al passaggio nel 2020 ad un sindaco del partito SNSD di Milorad Dodik.
Grazie alle norme sul rientro dei profughi, a partire dagli anni duemila 25.000 bosgnacchi sono rientrati in città (altri 10.000 restano rifugiati all’estero), ma in trent’anni nessun passo in avanti è stato fatto per il riconoscimento del massacro da parte delle istituzioni.
Le autorità vietano di installare ogni memoriale alle vittime civili dei massacri, e il famigerato campo di concentramento di Omarska resta off-limits, poiché il complesso minerario in cui si trovava è oggi di proprietà della multinazionale indiana Arcelor Mittal.
Memoria e ricordo
Il 31 maggio 2012, il giovane Emir Hodžić mise in scena una protesta silenziosa, presentandosi nella piazza principale della città indossando una fascia bianca al braccio. A fine 2012, la polizia della Republika Srpska intervenne per impedire una manifestazione delle associazioni locali per commemorare il ventennale del massacro. La notizia finì sui giornali quando sette attivisti decisero di protestare contro il divieto, camminando lungo la via principale della città con la bocca chiusa da un pezzo di nastro adesivo in segno di protesta.
Nel 2013 la ricorrenza si era già diffusa in numerose città bosniache; ad oggi, la “Giornata internazionale delle fasce bianche” si celebra in un’ottantina di città nel mondo per manifestare contro ogni discriminazione. Contro le accuse pretestuose delle autorità di voler destabilizzare la società e fare revisionismo storico, le associazioni locali hanno lanciato l’iniziativa “Jer me se tiče” (“Perché mi riguarda”), con l’obiettivo di far emergere ciò che davvero è successo a Prijedor.
Oltre un decennio dopo, resta tanto il lavoro da fare, e le autorità serbo-bosniache continuano a ignorare le richieste di verità storica e riconoscimento. Nel 2022, nel trentennale, hanno cercato di vietare ogni manifestazione col pretesto di festeggiare invece il compleanno di Viktor Orban.