BOSNIA: Un anno dopo le alluvioni a Jablanica

Un anno dopo, le ferite di Donja Jablanica sono ancora aperte. La questione della responsabilità è ancora aperta, mentre le famiglie delle vittime aspettano giustizia.

Nessuna responsabilità accertata

A un anno dalla tragedia di Donja Jablanica, in cui 19 persone persero la vita nell’alluvione che fece seguito al crollo di una cava, nessun responsabile è stato ancora portato davanti alla giustiza. Le indagini sono ancora in corso, afferma la procura di Mostar.

I residenti di Donja Jablanica e le famiglie delle vittime sono indignate per i ritardi, e affermano di aver perso fiducia nelle istituzioni. “Non conosciamo i nomi dei procuratori o degli esperti, non abbiamo informazioni e con ogni nuova pioggia temiamo che la tragedia si ripeta“, hanno affermato i residenti.

Secondo quanto riportato da Sarajevo Times, la società Sani proprietaria della cava, il suo proprietario e tre ispettori, sono sotto inchiesta per di abuso d’ufficio, messa in pericolo generale, inquinamento ambientale e negligenza.

“La frana in sé non poteva essere evitata, ma il fattore umano è stato la causa principale della morte di 19 persone”, ha indicato Muhamed Bajrić, professore presso la Facoltà di scienze forestali dell’Università di Sarajevo.

La protezione civile afferma di stare lavorando per prevenire inondazioni e frane, ma che ciò non può avvenire senza un maggiore sostegno da parte delle autorità. “Manca un approccio sistemico, con maggiori investimenti nella prevenzione e una migliore cooperazione tra tutti i livelli di governo”, ha affermato il direttore della Protezione Civile dell’entità, Aldin Brašnjić.

La commemorazione dei familiari e quella delle istituzioni

Nell’anniversario della tragedia, l’associazione “4 ottobre” ha tenuto una commemorazione presso la vecchia stazione ferroviaria del villaggio. Nonostante gli inviti, ben poche autorità pubbliche si sono presentate, tra cui l’ex ministro della difesa Sifet Podzić. Fotografie delle vittime e messaggi simbolici sono stati esposti davanti ai binari ferroviari. File di sedie vuote con cartelli riservati alle istituzioni e ai rappresentanti politici si ergevano come silenzioso simbolo dell’assenza di coloro che avrebbero dovuto schierarsi dalla parte del popolo. L’associazione “4 ottobre” ha fatto appello alla magistratura e alle istituzioni statali affinché l’ingiustizia non venga dimenticata e i responsabili vengano identificati, scrive N1.

Lo stesso giorno presso il Museo della Battaglia della Neretva si è tenuta una cerimonia commemorativa, organizzata dal Comune di Jablanica, a cui hanno partecipato cittadini, familiari delle vittime, rappresentanti della Delegazione UE in Bosnia Erzegovina, di organizzazioni internazionali (UNDP, IOM), dei servizi di soccorso e di altre organizzazioni. Residenti e famiglie delle vittime sono rimaste in fondo alla sala, significative nella loro presenza silenziosa.

Parlando a nome di tutti i residenti, Bakir Tufek ha sottolineato: “È passato un anno dalla tragedia senza precedenti che ha colpito la nostra Jablanica e i nostri villaggi. Non potremo mai dimenticare il 4 ottobre. Il nostro villaggio, Donja Jablanica, non sarà mai più lo stesso”. Tufek ha annunciato l’iniziativa di proclamare il 4 ottobre come giornata di lutto nel Comune di Jablanica e ha espresso delusione per il fatto che, ancora oggi, a un anno dalla tragedia, non sia stata presentata alcuna accusa. I familiari delle vittime hanno faticato a nascondere le lacrime durante la proiezione di un cortometraggio sugli eventi della notte della tragedia.

Amina Imamović quella notte ha perso nove familiari. “Quando ho visto che l’acqua lo stava trascinando via, ho lasciato cadere il telefono e sono andata a prenderlo, l’ho salvato e l’ho portato dentro. Poi il fango è entrato in casa. Nel frattempo, ho svegliato i miei genitori e siamo usciti dalla finestra”. Dopo un anno, le macerie della casa sono ancora lì. “Il comune ha fatto tutto ciò che era nelle sue possibilità. Spero che ora anche i rappresentanti dello Stato si sveglino e finalmente giustifichino i propri stipendi”.

Il rappresentante della Delegazione europea ha sottolineato come l’UE ha fornito assistenza immediata dopo la tragedia tramite la protezione civile europea. E l’assistenza è proseguita, aiutando le comunità a ricostruire le proprie vite, case e mezzi di sussistenza attraverso il sostegno a piccoli progetti infrastrutturali locali e alle aziende agricole che avevano subito danni. In un editoriale, l’Ambasciatore UE Luigi Soreca ha ricordato la visita di Ursula von der Leyen a neanche un mese dalla tragedia, che ha annunciato un pacchetto di aiuti per la ricostruzione da 20 milioni di euro per aiutare a ricostruire case, scuole, asili nido e strade, nonché per sostenere agricoltori, piccole imprese e famiglie vulnerabili. “Questi aiuti stanno già portando nuova speranza alle comunità di Jablanica, Konjic, Kiseljak, Kresevo, Fojnica, Mostar, Vares e Drvar.” Tra i vari esempi, i fondi UE hanno permesso di riaprire l’ambulatorio medico del villaggio di Glogošnica, a 10 km da Jablanica, danneggiato dalle alluvioni. L’UE ha anche stanziato 45,7 milioni di euro dal Fondo europeo di solidarietà (EUSF), volto a rimborsare paesi membri e candidati dei costi della ricostruzione.

La ricostruzione tarda ad arrivare

Intanto, molte famiglie vivono ancora nei container, mentre alcune strade sono ancora a malapena percorribili. I residenti denunciano la passività delle istituzioni locali e della magistratura, incapaci di definire il perché della frana e le eventuali responsabilità penali.

Il sindaco di Jablanica, Emir Muratović (SDA), ha ricordato che i danni sono stati stimati in 25 milioni di euro e ha osservato che il comune non dispone di “risorse proprie per progetti infrastrutturali di tali dimensioni”, ma ha aggiunto che con i fondi disponibili (4 milioni di euro) “molto lavoro è già stato svolto”. Venti appartamenti sono stati ricostruiti a Donja Jablanica e tre nell’insediamento di Zlate, e sei famiglie hanno ricevuto una nuova abitazione a Mirke. Molti tuttavia aspettano ancora il loro turno, e i lavori vanno a rilento. Le promesse dei politici spesso non sono all’altezza delle esigenze di chi ha perso tutto. Muratović ha sottolineato che il miglior indicatore dell’atteggiamento nei confronti delle vittime sono state le sedie vuote riservate alle autorità pubbliche rimaste vuote venerdì.

Le piogge torrenziali del 3-4 ottobre 2024 hanno causato la morte di 27 persone, di cui 19 a Jablanica, 5 a Konjic e 3 a Fojnica. Donja Jablanica è stata la zona più colpita, poiché una parte del distretto è stata completamente distrutta dopo essere stata colpita da massicce inondazioni e frane innescate dal crollo di una cava a monte di Donja Jablanica.

La giustizia è ancora lontana, le indagini si svolgono a porte chiuse e l’opinione pubblica non conosce i dettagli. Finora non è stata presentata alcuna incriminazione. L’inazione delle autorità e la chiusura del processo lasciano i sopravvissuti soli con il dolore e i ricordi. Un simile atteggiamento delle autorità invia un messaggio chiaro: chi è sopravvissuto deve imparare a convivere con la tragedia che il sistema continua ad ignorare.

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