Dopo il boom di presenze dell’anno scorso, la questione turismo in Albania sembra già non essere più sostenibile. Tra prezzi gonfiati, infrastrutture fatiscenti e servizi scadenti, il tema è al centro del dibattito politico interno.
Turismo di massa in Albania tra speranze e delusioni
Ultima scoperta europea in fatto di spiagge selvagge e acque cristalline, l’Albania sta facendo i conti con il fenomeno del turismo di massa, esploso clamorosamente dopo la pandemia di Covid-19. L’anno d’oro del turismo nel paese delle aquile si è registrato lo scorso anno, quando milioni di turisti si sono riversati sulle coste albanesi da nord a sud, da Durazzo a Ksamil, passando per le gettonatissime Valona e Saranda, registrando un sold-out tra alberghi e spiagge cui forse nemmeno gli albanesi stessi erano preparati.
Ingolosito dal boom di presenze registrate nel 2023, all’inizio del 2024 il governo del premier Edi Rama (rieletto lo scorso anno) si era prefissato un obiettivo ambizioso in termini di numero di turisti attesi, sperando in 14 milioni di arrivi, circa 4 milioni in più rispetto al 2023. Oltre a questo target già impegnativo, il governo albanese aveva anche definito gli sforzi che, a suo dire, avrebbero contribuito ad aprire la strada all’Albania come polo turistico europeo: la promozione del paese e delle sue attrazioni, l’uso di app digitali per pubblicizzare eventi, un’aliquota IVA ridotta del 6% per gli hotel, infrastrutture adeguate (tra cui un nuovo aeroporto a Valona) e il miglioramento degli standard di qualità tra cui servizio, pulizia e sicurezza.
Ma all’inizio di luglio 2024, le cose non andavano come previsto. Tra gennaio e maggio, l’INSTAT ha riferito che circa 3,3 milioni di stranieri avevano visitato il paese e a giugno il numero si attestava a 1,24 milioni, lasciando così sfumare l’obiettivo di raggiungere quota 14 milioni. Lungo tutto il litorale albanese i resoconti ufficiali hanno infatti confermato che il numero di visitatori in arrivo era ben al di sotto di quanto previsto.
Estate 2024, un successo o un flop?
Se da un lato pare innegabile che l’Albania si sia lasciata alle spalle la sindrome dell’isolamento di epoca comunista aprendosi finalmente al mondo, è altrettanto vero che il piccolo paese balcanico si è forse trovato impreparato a gestire l’imponente flusso di turisti dello scorso anno, dimostrando di affrontare il fenomeno del turismo di massa con tempi e mezzi inadeguati, forse ancora distanti dai parametri UE per un paese candidato all’Unione.
Il governo albanese ha già operato investimenti imponenti sulle infrastrutture. A cominciare dall’aeroporto di Tirana, ingrandito ma ancora inadeguato a reggere i flussi estivi, passando per l’aeroporto di Kukës, inaugurato in pompa magna ma già praticamente chiuso, e il progetto di nuovo aeroporto presso Valona, su cui pesano grossi problemi ambientali. I turisti accorsi l’anno scorso hanno inoltre trovato un paese con gravi problemi di gestione della sporcizia, alle prese con una cementificazione selvaggia e incontrollata, con strade e traporti pubblici malandati, una rete di acqua potabile assai carente, senza controlli adeguati sulla qualità del cibo e con un servizio ricettivo con grandi migliorie da compiere.
A tutti questi fattori, si è aggiunto il generale aumento dei prezzi rispetto all’anno scorso, specialmente nella parte meridionale del paese. Le località del nord, tra cui Shëngjin e Velipoja, hanno invece subìto un rialzo più lieve rispetto al 2023 (stimato attorno al 10%), continuando ad essere molto popolari tra i turisti provenienti da Macedonia del Nord e Kosovo (anche se ora grazie alla liberalizzazione dei visti, molti kosovari possono finalmente raggiungere altre spiagge oltre a quelle albanesi).
Pur garantendo una media al di sotto delle tariffe europee, pare dunque che l’Albania non sia riuscita a fare il bis in questo nuovo fenomeno che la sta investendo, ingolosita dai guadagni di una capitalizzazione scriteriata che ha sortito l’effetto contrario, allontanando di fatto una fetta di potenziali turisti dalle belle coste albanesi.
Lo scontro politico
Inevitabilmente, il fronte politico interno, già percorso da diversi fattori di tensione (dalla corruzione dilagante alla libertà di stampa appesa a un filo, passando dall’accordo con la premier italiana Meloni per la questione migranti) ha trovato un nuovo campo di scontro tra maggioranza e opposizione proprio nella gestione della stagione turistica 2024, con l’opposizione che ha ferocemente attaccato il governo, reo di aver miseramente sprecato l’affare d’oro legato al turismo.
Da canto suo, il premier Rama ha dapprima aspramente criticato i privati del settore turistico per lo scellerato aumento delle tariffe che ha interessato la stagione estiva 2024, e ha poi risposto alle accuse dell’opposizione tramite un post sui social in cui millanta una presenza di visitatori in aumento e il potenziamento dell’economia interna che ne sarebbe derivato. Post comunque più sobrio di quello dello scorso anno, quando il premier albanese aveva azzardato sui suoi account social un paragone infelice tra gli italiani che arrivano in Albania per le ferie e i migranti della Vlora, la nave che l’8 agosto 1991 sbarcò a Bari con circa 20.000 albanesi in fuga dalla terra natia. Il post fu ampiamente criticato dall’opposizione, in particolare dall’ex premier e presidente albanese Sali Berisha, che definì quel tweet semplice propaganda, dal momento che negli ultimi otto anni un milione di albanesi hanno lasciato la madrepatria, ancora segnata da corruzione e mancanza di prospettive lavorative stabili, soprattutto nei luoghi lontani da Tirana.
Overtourism, consumismo e capitalismo
Pur essendone stata travolta, l’Albania sta ancora calibrando la gestione di un fenomeno tanto allettante quanto complesso. Oltre al ruggito di un’economia rinvigorita, il turismo di massa cela infatti risvolti pericolosi a livello sociale, ambientale, culturale.
In paesi dove il turismo di massa comincia ad essere sgradito (e ostacolato), ci si è già accorti che una massiccia presenza di turisti stranieri, pur giovando a livello macroeconomico, non si traduce in un altrettanto dato positivo per gli enti locali, che faticano a trovare un equilibrio tra i guadagni e la difficile gestione dei flussi. Il cosiddetto overtourism spesso comporta ripercussioni negative a breve termine, complicando la vita non solo di chi vive tutto l’anno nelle località turistiche, ma anche dei turisti stessi, esposti ad un sovraffollamento senza controllo.
Il consumismo estremo che porta all’overtourism – prodotto diretto del capitalismo che ci spinge a considerare qualsiasi cosa come una merce – è largamente fomentato anche dall’universo social, che offre lo spunto per cercare ossessivamente lo “scatto perfetto”, il panorama già visto su qualche altro account, il ristorante taggato da qualche influencer. Forse è stato proprio il passaparola social, se non a creare, sicuramente a fomentare il fenomeno Albania dello scorso anno, con immagini di tramonti mozzafiato sulle acque limpide dell’Adriatico che riempivano le pagine Instagram.
La speranza è che l’Albania, dopo aver capito come evitare di auto-sabotarsi, capisca anche l’importanza della sostenibilità e delle misure da adottare per contenere un eccessivo afflusso di turisti, e per tutelare i propri tesori in nome di una maggiore vivibilità degli stessi.
Foto: green-travel-blog.com