NATO Balcani
NATO Secretary General Mark Rutte and NATO Heads of State and Government

Summit NATO: tanta Ucraina, ma si è parlato anche di Balcani

Il vertice della NATO tenutosi all’Aia il 24 e 25 giugno ha assunto un’importanza particolare in un momento in cui le tensioni globali e le sfide regionali impongono all’Alleanza Atlantica un rafforzamento della propria coesione e capacità di deterrenza e difesa.

Tra i tanti temi discussi dai leader riuniti nei Paesi Bassi, l’attenzione maggiore è andata sicuramente verso l’Ucraina, come dimostrato anche dalla presenza del presidente Volodymyr Zelensky durante tutti i momenti più importanti e significativi, a partire dalla tradizionale foto di famiglia e la cena organizzata dalla famiglia reale martedì sera, dove Zelensky era seduto al tavolo con il re Guglielmo Alessandro, a fianco della regina Màxima. Tuttavia, si è parlato anche di Balcani, una regione storicamente fragile e molto importante dal punto di vista strategico, grazie alla partecipazione dei leader di Albania, Croazia, Montenegro e Macedonia del Nord –membri della NATO – ed a riferimenti chiari sull’impegno della NATO in Kosovo e Bosnia-Erzegovina.

La questione Serbia-Kosovo: le dichiarazioni di Trump e l’impegno della NATO

A riportare sotto i riflettori mondiali la questione del Kosovo è intervenuto direttamente il presidente degli Stati Uniti Donald Trump, che durante una conferenza stampa a margine del vertice ha dichiarato di aver risolto la questione Serbia-Kosovo, evitando la guerra che la Serbia era pronta ad iniziare. In realtà, non vi è nessuna prova concreta a sostegno di tale dichiarazione. Il fatto di aver risolto la questione tra Kosovo e Serbia è stato tuttavia ribadito da Trump anche qualche giorno dopo, direttamente dallo studio ovale durante la firma di un accordo di pace tra Repubblica Democratica del Congo e Rwanda mediato dal presidente americano.

Aldilà di queste dichiarazioni piuttosto slegate dalla realtà, la questione del Kosovo è ben lontana da una soluzione definitiva. Se da un lato il dialogo mediato dall’Unione Europea è ancora in una fase di stallo, con la gestione del nuovo rappresentante speciale Peter Sørensen che deve ancora dare i primi frutti, dall’altro il presidente Trump potrebbe in futuro riprendere in mano il dossier balcanico. Nel 2020, anche grazie alla mediazione di Trump, il presidente serbo Aleksandar Vučić e l’allora presidente kosovaro Hashim Thaçi sembravano  pronti a raggiungere un accordo che prevedeva uno scambio di territori tra i due paesi, nonostante i numerosi interrogativi che questa soluzione lasciava sia dal punto di vista politico che dal punto di vista del diritto internazionale. Questo tuttavia saltò, oltre che per la difficile attuazione dal punto di vista pratico, dopo la pubblicazione da parte del giudice Jack Smith (tra l’altro, lo stesso giudice a capo dell’investigazione per il coinvolgimento dell’ex presidente americano negli scontri di Capitol Hill), dell’accusa per crimini di guerra contro Hashim Thaçi ed il suo conseguente arresto da parte del Tribunale Speciale per il Kosovo, che si trova a l’Aja. Poco dopo, Trump favorì una serie di accordi prevalentemente economici trai due paesi e gli Stati Uniti, una grande vittoria sbandierata dal presidente americano per rinforzare la propria immagine da paciere, ma che non hanno poi avuto un reale effetto nel miglioramento delle relazioni dei due paesi.

Oltre a UE e Stati Uniti, anche la Turchia è un attore da sempre attento alla regione balcanica. Durante la sua conferenza stampa al termine del summit, il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan ha dichiarato che la missione della NATO KFOR resterà in Kosovo finché sarà necessario e che finché le NATO sarà presente, non ci saranno problemi. La Turchia mantiene infatti uno dei contingenti più consistenti all’interno di KFOR, e Turchia e Kosovo mantengono da anni un rapporto positivo, rinforzato dai continui scambi diplomatici, economici e culturali.

Lo stesso segretario generale Mark Rutte ha confermato il continuo impegno della NATO nei Balcani tramite la presenza di KFOR in Kosovo e di EUFOR in Bosnia-Erzegovina, come anche dimostrato dalla visita a Prishtina e Sarajevo dello scorso marzo, da dove aveva affermato che la NATO resta impegnata a sostenere la sovranità e l’integrità territoriale della Bosnia-Erzegovina, non tollerando le forti spinte separatiste della Republika Srpska.

Uno sguardo verso il futuro

I capi di Stato e di governo di Croazia, Albania, Montenegro e Macedonia del Nord hanno unanimemente ribadito il loro sostegno all’accordo che prevede l’aumento della spesa per la difesa al 5% del PIL entro il 2035, con il 3,5% destinato alla capacità militare convenzionale e l’1,5% dedicato alla resilienza interna, inclusa la cybersicurezza e la protezione delle infrastrutture critiche.

A testimonianza dell’accresciuto ruolo dei Balcani all’interno della NATO, è stato annunciato che il vertice del 2027 si terrà a Tirana, dopo che quello del 2026 si svolgerà in Turchia. Una decisione simbolicamente importante, che segnala il pieno riconoscimento del contributo dei paesi balcanici all’Alleanza e mostra come il premier albanese Edi Rama sia riuscito ad accrescere l’immagine dell’Albania negli equilibri della regione.

Fonte immagine: NATO

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