In Albania, la lunga lotta contro la realizzazione del nuovo aeroporto internazionale di Valona, in costruzione a ridosso del parco nazionale di Vjosa-Narta, si arricchisce di altri tasselli, non gli ultimi con ogni probabilità.
Le proteste
Dopo la manifestazione organizzata il 14 settembre di fronte al palazzo della presidenza del consiglio albanese dal comitato direttivo della Convenzione per la conservazione della vita selvaggia e degli habitat naturali in Europa – nota in breve come Convenzione di Berna – è stata la volta delle associazioni ecologiste albanesi scendere in piazza venerdì scorso a Tirana, per rilanciare il messaggio e chiedere con forza la sospensione dei lavori.
E se gli striscioni esposti dalla Convenzione di Berna ricordavano che “la biodiversità è in pericolo” evidenziando con amarezza che il Vjosa “è Parco Nazionale solo sulla carta“, gli ambientalisti albanesi hanno rincarato la dose configurando l’opera come una “violazione della legge nazionale e degli accordi internazionali”. È proprio sulla base di queste conclusioni, peraltro, che due organizzazioni non governative, l’Albanian Ornithological Society (AOS) e la Protection and Preservation of Natural Environment in Albania (PPNEA), hanno nuovamente citato in giudizio il governo albanese (dopo due tentativi già respinti) evidenziando l’incompatibilità, anche normativa, dell’infrastruttura con quella di status di parco nazionale dell’area di Vjosa-Narta.
Un problema che non riguarderebbe solo l’opera dell’aeroporto in questione, tra l’altro, ma che sarebbe secondo il direttore dell’AOS – Taulant Bino – solo la punta dell’iceberg della “crescente pressione per invertire, ridurre o limitare lo stato di protezione delle zone umide e delle lagune” da quando l’Albania si è dotata di una legislazione sul tema, ormai dieci anni fa. Un problema strutturale, dunque, culturale verrebbe da dire.
Aeroporto no
Non deve sorprendere, in questo contesto, che tra le associazioni più attive nel contrastare l’infrastruttura vi siano proprio quelle che si occupano della protezione degli uccelli. Sarebbero proprio queste specie, infatti, quelle che verrebbero messe più a rischio in un’area, quella di Vjosa-Narta, considerata tra gli ecosistemi più grandi e importanti dell’intero Mediterraneo, oltre che una via preferenziale per le rotte migratorie.
Così importante che anche l’Unione Internazionale per la Protezione della Natura l’ha inserita tra le aree protette per la varietà della vegetazione e, soprattutto, perché qui vi trovano dimora quasi duecento specie diverse di uccelli, alcuni delle quali a rischio d’estinzione. Considerato l’ultimo “fiume selvaggio d’Europa”, il Vjosa alimenta una laguna la cui bellezza è nota a livello mondiale, al punto che anche l’attore statunitense, Leonardo Di Caprio, ha esplicitamente appoggiato le istanze delle sigle verdi.
Non sono, tuttavia, solo ragioni squisitamente ambientali ad alimentare le preoccupazioni dei detrattori dell’opera ma anche motivazioni più concretamente finanziarie. Affidata nella primavera del 2021 con una gara d’appalto internazionale – per un valore superiore a cento milioni di euro – a un consorzio costituito da due società (la turca YDA e la svizzera Mabetex di proprietà dell’imprenditore e politico kosovaro Behgjet Pacolli), il duopolio si è poi sciolto nel dicembre scorso con l’uscita dei turchi e la vendita della propria quota azionaria (il 40%) allo stesso Pacolli, per la cifra, poco più che simbolica, di circa 4000 euro. Una situazione che ha fatto crescere la preoccupazione sull’effettiva sostenibilità dell’impegno economico per Mabetex e rinvigorito le argomentazioni di quanti, alla vigilia, avevano criticato la scelta del primo ministro Edi Rama di seguire la via del finanziamento privato piuttosto che dell’opera pubblica, oltretutto assicurando al concessionario una rendita minima garantita per i primi dieci anni.
Aeroporto sì
Lo sponsor dell’opera è ovviamente il governo albanese e il primo ministro in persona, per il quale il nuovo aeroporto di Valona rappresenta uno degli impegni più ambiziosi e qualificanti del suo intero mandato. Di più: una promessa da mantenere.
Alle spalle, come è ovvio, l’idea che l’opera possa fungere da catalizzatore dell’economia albanese, favorire le relazioni commerciali e, ancor di più, lo sviluppo turistico nazionale facilitando l’ingresso nel paese delle persone da tutta Europa e portandole direttamente sulle spiagge nel sud del paese, evitandogli così le oltre due ore di strada che le separa dall’altro aeroporto internazionale del paese, situato a Tirana.
Un’apparente contraddizione con le promesse sbandierate solo pochi mesi fa dalla ministra albanese per il turismo e l’ambiente, Mirela Kumbaro, che, dicendosi soddisfatta degli oltre 7 milioni di visitatori entrati in Albania nel 2022, aveva affermato di “non volere di più” dicendosi, al contrario, focalizzata a incentivare un “turismo di qualità, rispettoso dell’ambiente, responsabile e sostenibile” e, ancora, “un turismo non concentrato in poche aree, ma distribuito in modo più uniforme attingendo al paesaggio straordinariamente diversificato dell’Albania”.
Una battaglia persa?
Il rischio che le carte bollate vadano più lente delle ruspe è concreto, quasi una certezza. Nel frattempo, infatti, i lavori continuano, la loro conclusione è pianificata per la primavera prossima, l’entrata in esercizio per il 2025. I tre chilometri e mezzo di pista serviranno nuove rotte internazionali, come quelle già promesse dalla Ryanair che intende infatti attivare diciassette rotte, compresi voli da Londra e da Manchester. E c’è da star certi che attorno a quest’opera spunteranno come funghi nuove costruzioni, nuove infrastrutture, altro cemento. Un impatto ambientale irreversibile ma anche un indotto di lavoro e un’opportunità che fa gola a tanti a Valona, al punto che tra gli abitanti del luogo sono in molti a non essere contrari all’aeroporto, anzi. Né potrebbe essere diversamente, d’altronde, in una parte del paese dove il lavoro non c’è.
Mese dopo mese, la lotta ambientalista assume sempre di più i connotati della battaglia persa, senza speranza. In tutto ciò l’Unione europea sembra aver rinunciato al proprio ruolo di arbitro tra i contendenti. I “problemi cruciali nel campo della protezione ambientale” denunciati nel suo Progress Report solo pochi mesi prima l’inizio dei lavori con esplicito riferimento all’aeroporto di Valona, non erano, forse, così cruciali.
Foto: EuroNatur