Russia conferenza fine anno

RUSSIA: Conferenza di fine anno, cinquecento giornalisti e quattro domande

La rituale conferenza di fine anno del presidente russo Putin si è tenuta il 23 dicembre scorso al Manezh di Mosca. Unica differenza con l’anno precedente, si torna in presenza. Per questioni sanitarie, circa trenta metri separano il presidente russo dalla platea di oltre 500 giornalisti. L’evento tanto atteso, quanto scontato, consiste in quattro ore di domande al presidente Putin per fare il punto sulle tematiche calde del 2021 e in prospettiva del 2022.

Dei 507 giornalisti, i più muniti di cartelloni, con tanto di cuori e dediche, per richiamare l’attenzione del presidente o del portavoce del Cremlino, Dimitry Peskov, saltano all’occhio gli unici tre media russi etichettati come “agenti stranieri” presenti in sala. Si tratta di Meduza, Dozhd (TV Rain) e Radio Svaboda (Radio Liberty). Altra curiosità, non del tutto inaspettata: la natura delle domande. Delle decine di domande poste a Putin, in poche, circa quattro, possono considerarsi degne di nota e non assimilabili a richieste/suppliche, come notato dal corrispondente di Dozhd Anton Zhelnov al termine della conferenza.

I temi “scomodi” sono stati sicuramente la situazione in Ucraina e l’avvelenamento di Aleksej Naval’ny. Se per l’Ucraina il Presidente Putin ha speso molte parole, per quel che riguarda Naval’ny è stato molto più enigmatico e laconico.

Agenti stranieri e avvelenamento Naval’ny

Alla domanda della Russian BBC, sulla legge che etichetta i media come agenti stranieri, Putin liquida la questione dicendo che “la legge sugli agenti stranieri non l’abbiamo inventata noi”, ma che si tratta di una norma omologa a quella americana, aggiungendo che la lista degli USA è ben più lunga. Sulla questione Naval’ny, Putin accusa l’occidente di aver costruito a tavolino un caso mediatico e  sostiene che non ci sia alcuna prova reale di avvelenamento. La retorica è sempre la stessa: nega, anche davanti all’evidenza, in questo caso scientifica e storica [leggi Salisbury]. Gli stati occidentali, davanti le richieste russe sulle evidenze dell’avvelenamento, non avrebbero portato “alcuna prova”, quindi il fatto non sussiste. Putin liquida la questione sul “detenuto” dicendo “voltiamo pagina”. Poche battute e perentorie, tutto in stile putiniano.

Invasione dell’Ucraina

L’altro tema scottante è la tanto paventata invasione dell’Ucraina. Il presidente russo non si sbilancia sulle tempistiche e alla domanda della corrispondente dell’emittente britannica Sky News non dà una risposta chiara. Nonostante ciò, si cimenta in esercizi di dubbia memoria storica e pesanti accuse contro i partner occidentali, NATO in primis.

La posizione di Putin si può riassumere con “siete venuti a casa nostra” (k nam prishli) e “ci avete fregato”. Il perché di tutto ciò risiede nella considerazione del presidente Putin sull’Ucraina: è cosa nostra, non vi riguarda e, soprattutto, l’Ucraina non è uno stato sovrano. Nell’immaginario dei funzionari del Cremlino l’Ucraina è vista come una periferia dell’impero e non come uno stato indipendente da 30 anni.

L’avanzata della NATO verso Est è vista come una minaccia alla sicurezza nazionale della Federazione Russa. A proposito, Putin dichiara che non dovrebbe essere la Russia a dare garanzie, ma “dovreste essere voi [l’occidente] e subito”. In breve, si tratta di un rapporto di incomprensione con l’occidente, il quale, secondo il presidente russo “capisce di non capire” le esigenze russe.

Sembrerebbe si tratti di un punto di non ritorno, ma sono in molti a non vederla così, tra cui Putin stesso. Oltre le accuse anche toni di distensione. Le considerazioni del presidente russo sui negoziati per risolvere la crisi in Ucraina sono di “intesa e fiducia” con i partner occidentali: NATO e USA, ai quali è stato mandato un trattato-ultimatum il 15 dicembre. Anche John Herbst, ex ambasciatore statunitense a Kiev, ha spiegato che non siamo davanti ad un punto di non ritorno e che non c’è alcun dubbio che Putin possa invertire la sua politica con l’Ucraina se ne sentirà il bisogno. Durante la conferenza, il presidente russo ha dichiarato che ad inizio gennaio ci sarà un colloquio con il presidente Biden a Ginevra, poi deciso per il 9 gennaio.

Sempre sul tema dell’Ucraina, Maksim Kurnikov, inviato di Eko Moskvy, ha chiesto quale sarà il destino del Donbass. La risposta del presidente russo è inequivocabile e riassume ormai 9 anni di scontri e intransigenza con Kiev: “il futuro del Donbass bisogna chiederlo agli abitanti del Donbass”. Su questo fronte le sferzate più dure sono riservate al “regime” di Kiev e al governo Zelensky, a detta di Putin uno stato di “estremisti e nazisti che portano avanti una politica antirussa”.

Omicidio Politkovskaya e Nemcov

A Novaya Gazeta non è stato concesso l’accredito per partecipare alla conferenza ma Kurnikov ha letto al presidente Putin la domanda del neo-premio Nobel, nonché direttore della testata Dimitry Muratov, sulle indagini dei responsabili dell’omicidio della giornalista Anna Politkovskaya (2006) e del politico Boris Nemtsov (2015).

La replica: “ho fatto il necessario per risolvere questo caso…e com’è noto i responsabili sono in prigione, addirittura alcuni morti in carcere”. Conclude “chi crede che ci siano stati dei motivi di carattere politico allora non capisce quello che fa. [Chi è convinto di ciò] deve capire che lo stato combatterà contro ogni azione criminale e se ci sono ancora responsabili allora li troveremo”. In questo caso il discorso sembrerebbe chiudersi con una promessa, che i servizi segreti possano, forse, trovare “altri” responsabili per questi omicidi?

Abusi e torture nelle carceri

Un’ultima parentesi riguarda la denuncia delle condizioni dei detenuti nelle carceri statali e delle torture da parte delle autorità carcerarie. Ksenya Sobchak, di Ostorozhno Novosti, ha chiesto al presidente Putin se fosse al corrente delle precarie situazioni in cui vivono i detenuti delle carceri statali e di alcuni casi di torture nei penitenziari.

La risposta di Putin è sempre secondo copione: ne siamo al corrente, stiamo facendo tutto il possibile per portare alla giustizia gli autori di questi crimini, ma la situazione è questa, se non peggio, in tutto il mondo. La morale è sempre la stessa: sì c’è un problema, la pandemia, le violazioni dei diritti umani, la censura della stampa, omicidi contro politici e giornalisti, la recessione economica, il calo demografico, ma anche negli altri paesi ci sono questi problemi e “noi” [la Russia] facciamo meglio di molti. Non essere gli ultimi è quel che conta ed è un risultato più che dignitoso.

Una finestra per l’Italia

Tra i corrispondenti esteri a cui è stata data la parola c’è anche l’inviato RAI Sergio Paini. La domanda riguarda i futuri risvolti delle relazioni Italia-Russia sotto la presidenza Draghi. Putin, molto cordialmente si riferisce all’Italia come un paese “amico” della Russia con il quale ci sono “relazioni buone e stabili”, al di là del partito politico che siede al governo”. Riferisce che con il presidente Draghi si è già sentito quattro volte dall’inizio del mandato e aggiunge che per l’Italia vede un ruolo chiave per mediare la “normalizzazione” dei rapporti Russia-NATO. Ma come mai tanta simpatia nei confronti del nostro Paese? Lo show di Ivan Urgant Chao 2021 (Ciao 2021) sicuramente non basta.

Bisogna fare un passo indietro, al 21 dicembre, giorno della conferenza stampa del premier Draghi durante la quale, rispondendo sul caro bollette, il presidente del consiglio italiano ha detto che “i paesi venditori di energia stanno facendo profitti enormi” con il rialzo dei prezzi e che serve una risposta urgente per evitare che il prezzo ricada unicamente su famiglie e imprese europee. Inoltre, alla domanda su cosa aspettarsi dall’Italia su Cina e Russia, Draghi sembra allarmato sul dossier Russia. Riferisce che una posizione di dialogo è d’obbligo e che bisogna capire qual è la posizione di Mosca. “L’UE non dispone di un deterrente”, se non economico, non ha armamenti e quindi bisogna “tenere una situazione di ingaggio” con Mosca.

Sembrerebbe che Vladimir Putin abbia apprezzato la posizione, da un lato senza dubbio realistica del premier Draghi ma comunque comoda per gli interessi russi. Ma chi pagherà il prezzo di questa realpolitik ? Vedremo se il 2022 darà risposte più esaustive.

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Chi è Alessio Niosi

Nato nella terra dei vespri e degli aranci, con la testa fra le nuvole e il cuore a Est. Ha studiato all'Università di Bologna scienze politiche per le relazioni internazionali (Mirees). Scrive principalmente di Bielorussia, Russia e tematiche di genere

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