Negli ultimi mesi, le relazioni tra Baku e Mosca sono notevolmente deteriorate. Tutto è iniziato il dicembre scorso, con lo schianto di un aereo civile di Azerbaijan Airlines diretto a Grozny, capitale della Cecenia, avvenuto in Kazakistan a seguito di un tentativo di atterraggio di emergenza. Prove sembrano confermare il dubbio che un missile del sistema di difesa antiaerea abbia colpito il velivolo una volta entrato nello spazio aereo russo.
Nuova escalation tra arresti e tensioni
Martedì, il sito filogovernativo azero Minval ha pubblicato una presunta registrazione audio che, se autentica, potrebbe rappresentare una svolta nei rapporti già tesi tra Baku e Mosca, poiché implicherebbe la responsabilità di Mosca. La registrazione, accompagnata da una lettera scritta a mano, dimostrerebbe infatti che un ufficiale russo, Dmitry Paliduchuk, abbia ricevuto l’ordine di abbattere l’areo passeggeri azero; incidente che costò la vita a ben 38 persone. Ciononostante, queste prove sono state rese pubbliche soltanto a seguito degli ultimi svolgimenti.
Infatti, la crisi tra Azerbaigian e Russia ha subito un’escalation significativa alla fine di giugno, quando due cittadini azeri, i fratelli Ziyaddin e Huseyn Safarov, sono morti durante un raid dell’FSB a Ekaterinburg. Secondo le autorità russe, le morti sarebbero state naturali, ma l’autopsia condotta a Baku ha rilevato fratture e segni evidenti di torture. L’Azerbaigian ha dunque aperto un’indagine per omicidio volontario, convocando l’ambasciatore russo e avviando un’ondata di misure sia simboliche che concrete. In risposta, Mosca ha lanciato attacchi informatici contro siti governativi azeri e ha fatto pressione sui migranti azeri e i piccoli imprenditori della diaspora in Russia.
Se nei mesi precedenti l’Azerbaigian aveva già adottato misure per limitare l’influenza russa chiudendo l’ufficio di Rossotrudničestvo, la Russian House di Baku, vietando o restringendo l’attività dei media di propaganda statali russi, a seguito della morte dei fratelli Safarov, il Ministero della Cultura ha annullato tutti gli eventi congiunti con la Russia, mentre le forze di sicurezza hanno fatto irruzione nella sede di Sputnik Azerbaijan, arrestando sette persone – tra cui il caporedattore e il direttore – accusandole di frode, riciclaggio e di essere spie russe. Inoltre, alcuni cittadini russi residenti in Azerbaigian sono stati arrestati con l’accusa di traffico di stupefacenti e in un’apparizione di fronte a giornalisti presentavano evidenti segni di torture. Inoltre, sempre più nazionali russi presenti in territorio azero, hanno dichiarato di essere soggetti a raid notturni e continui controlli dei documenti da parte delle autorità azere.
Un’altra risposta chiara da parte di Baku è arrivata durante una telefonata da parte del presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, il quale ha espresso apprezzamento per il sostegno ricevuto dall’Azerbaigian in varie situazioni recenti, compresa l’assistenza prestata ai cittadini ucraini in difficoltà. Durante il colloquio, ha anche manifestato vicinanza alla popolazione azera per gli episodi violenti di cui sopra. Ilham Aliyev ha ringraziato sentitamente il suo omologo, esprimendo gratitudine all’Ucraina per il supporto. I due hanno inoltre discusso dell’attuale conflitto tra Ucraina e Russia, della collaborazione con altri paesi per trovare una soluzione e delle possibilità di rafforzare i legami economici tra Kiev e Baku e di una futura visita ufficiale in Ucraina da parte del presidente azero.
Equilibri in continuo cambiamento nel Caucaso meridionale
Dopo il crollo dell’Unione Sovietica, l’Azerbaigian si è subito distaccato dalla Russia – a differenza di Georgia e Armenia – per perseguire una politica estera volta a mantenere buoni rapporti con più parti, sia ad Est che a Ovest. Mosca ha più volte tentato di riportare Baku verso la propria sfera di influenza, cercando di coinvolgerla nell’Unione Economica Eurasiatica (EEU), nonché nell’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva (CSTO), ma sempre invano. Grazie alle risorse petrolifere, l’Azerbaigian è sempre riuscito a mantenere una certa indipendenza, favorendo la stretta di alleanze con Israele, Cina, lo storico alleato turco e vari paesi europei – tra cui l’Italia. A seguito delle elezioni americane che hanno visto tornare al potere Donald Trump, Baku ha cominciato a tessere relazioni anche con la nuova amministrazione. A ciò vanno aggiunti gli sforzi di firma di un accordo di pace tra Yerevan e Baku e il tentativo da parte di Nikol Pashinyan, il primo ministro armeno, di normalizzare i rapporti con Istanbul.
Mosca si sente dunque minacciata da questa riorganizzazione degli equilibri nel Caucaso anche a fronte dell’attuale guerra in Ucraina, che ha permesso all’Azerbaigian – ma anche all’Armenia – di ridefinire ulteriormente le proprie alleanze.
Secondo alcuni analisti, il Cremlino potrebbe tentare nuove forme di pressione in Azerbaigian, al fine di mantenere una sorta di controllo nella regione. La crisi tra Mosca e Baku riflette dunque un cambiamento più ampio negli equilibri del Caucaso e nello spazio post-sovietico in generale, il cui esito è difficile da prevedere e che probabilmente continuerà il suo corso negli anni a venire.