Soldati russi minacciano l’Ucraina, gli USA lanciano l’allarme per una possibile invasione mentre la consistenza dell’Europa è messa alla prova da Lukashenko…
da KIEV – Ci risiamo. In silenzio, senza clamori, la Russia ha ricondotto 90.000 soldati accanto alle frontiere ucraine, a nord, a est e in Crimea. Il loro numero è appena inferiore a quello che a marzo-aprile aveva fatto temere un attacco militare all’Ucraina. Curiosamente, gli Stati Uniti hanno avvertito le cancellerie europee, senza particolare riservatezza, quasi si trattasse di ordinaria amministrazione, che la Russia potrebbe invadere l’Ucraina. E’ possibile che l’intento sia quello di invitare Francia e Germania a riproporre il “Formato Normandia” con Russia e Ucraina, per tentare di allentare la tensione nell’area, ma è evidente che il ricollocamento delle truppe russe accanto alle frontiere ucraine rappresenta una evidente minaccia, e ripropone come minimo un intento ricattatorio verso il governo ucraino e l’occidente.
Nella visione di Russia e Cina, il ritiro statunitense dall’Afghanistan ha avuto un effetto estremamente nefasto per l’immagine degli USA, fornendo un’immagine devastante di debolezza e scarsa risolutezza. Ne abbiamo avuto la prova con le minacce cinesi a Taiwan e ora, in modo più sottile, in Europa orientale. Non è un caso che proprio ora si sia accesa una miccia pericolosa tra Bielorussia e Polonia, dove anche la consistenza dell’Unione Europea è messa alla prova per il tramite di Lukashenko.
Giorni fa lo scrittore Viktor Erofeev, figlio di uno storico diplomatico russo, in un articolo pubblicato su Repubblica, ha scritto con assoluta sicurezza: “l’Occidente non scenderà mai in guerra accanto all’Ucraina e questo il Cremlino lo sa perfettamente”. La stessa cosa la pensano probabilmente i generali che stanno disponendo le truppe intorno all’Ucraina. Dal canto suo, il ministero della Difesa russo lamenta le esercitazioni militari della NATO nel Mar Nero: nelle parole di Ivan Konashenkov, portavoce del ministero, si tratta di “esercizi di prova in relazione al previsto teatro di guerra nel caso in cui l’Ucraina prepari una soluzione violenta al conflitto a sud-est” (qui il video originale).
Da queste parti ci si chiese un tempo: quante divisioni ha il Papa? Le logiche e i metodi di quel tempo, ahimé, non sono cambiati, e il mondo libero, categoria che si sperava superata, dovrebbe tenerne conto molto in fretta, prima di dover accettare fatti compiuti molto sgradevoli. In questo momento, oltre a monitorare accuratamente i movimenti delle truppe, sarebbe il caso di chiedersi quali leve concrete abbia l’Occidente per possibili contromisure dolorose ad eventuali aggressori.
Il gasdotto Nord Stream 2, colossale errore strategico sinora compiuto, figlio della tradizionale “ambivalenza tedesca“, non ha ancora ricevuto le definitive autorizzazioni. Le conseguenze concrete dell’occupazione della Crimea sono state molto blande, e potrebbero essere notevolmente rinforzate.
La costruzione del Canale Istanbul, che raddoppierebbe il Bosforo e potrebbe permettere di aggirare la Convenzione di Montreux del ’36, sarebbe un duro colpo per la Russia, che ambisce a fare del Mar Nero un lago privato, aprendo la via a presenze militari ostili e indesiderate: ma per questo servono anni. Nel momento attuale la Russia teme la fornitura, già iniziata, dei droni Bayraktar dalla Turchia all’Ucraina, e addirittura il progetto di fabbricarli direttamente in terra ucraina.
Questi droni hanno permesso all’Azerbaigian di vincere agevolmente la recente guerra con l’Armenia nel Nagorno-Kharabakh. Nel timore che possano offrire un vantaggio strategico troppo elevato all’Ucraina, in caso di conflitto, potrebbe sorgere nei generali russi la tentazione di anticipare i tempi, e attaccare ora, in un momento in cui la disparità di forze è ancora schiacciante. Quel che appare certo e conclamato è che la Russia non intende lasciar sfuggire totalmente l’Ucraina nel campo occidentale. E’ bene che lo si capisca in tempo.
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Immagine da Pixabay