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GIORNALISMO: Quando il falso è vero, e viceversa. Una lezione dalla crisi ucraina

Da cinque anni raccontiamo la crisi ucraina, una sfida difficile che ci ha però insegnato molto su come fare informazione e difenderci dalle opposte propagande.

Raccontare il confine

L’Ucraina è terra di confine, come recita il titolo di un bel libro di qualche anno fa. Un confine tra due mondi che, per comodità, potremmo chiamare europeo e russo. Un confine geograficamente indefinito. Una frontiera culturale in cui due tradizioni si compenetrano. Raccontare questa frontiera non è facile. E a complicare la situazione c’è il conflitto – militare e politico – che dal 2014 segna una cesura tra i due lati del fronte. Su quella linea di faglia si scontrano ideologie il cui campo di battaglia è, a ben vedere, assai più ampio: sovranismo, nazionalismo, democrazia illiberale da un lato; atlantismo, europeismo, liberismo economico dall’altro. Prendere una posizione, tifare, parteggiare, per uno dei due apparati ideologici è diventato comune. Nel mezzo ci sono quelli che non credono alle verità di parte, la cui voce è spesso soffocata dai due estremismi. Nel mezzo ci siamo noi, qui a scrivere e voi a leggere.

Trasformare la ‘notizia’ in ‘informazione’

E per chi sta nel mezzo diventa fondamentale aprirsi un varco tra le opposte mistificazioni. Il panorama dell’informazione soffre oggi di un grande affollamento che, se da un lato vuol dire incremento del pluralismo, dall’altro significa aumento della disinformazione. Come difendersi dalle fake news è diventato un tema centrale per garantire la libertà di avere un’opinione informata: offrire notizie verificabili, ancorate alle fonti, è certo la via da seguire. Fondamentale è però il rifiuto della verità come dato oggettivo, offrendo invece commenti, approfondimenti, elaborazioni, analisi, reportage, per trasformare la “notizia” in vera “informazione”. Per inserire il “fatto” nel suo contesto. Questo dovrebbe essere lo scopo del giornalismo nell’età di internet. Per farlo occorre un apparato interpretativo equilibrato, organico, pluralista. È un percorso controvento che, sue queste colonne, ci siamo sforzati di fare. Ancora oggi la nostra redazione si compone di persone libere, indipendenti, spesso in disaccordo, accomunate proprio dalla volontà di stimolare un confronto aperto e plurale, lontano dalle ideologie di parte.

Pluralismo e verità

La recente elezione di Volodimir Zelensky è un buon esempio. Se chi vi scrive vede in Zelensky una sconfitta per gli ideali civici che animarono – almeno nella prima fase – la cosiddetta “rivoluzione di Maidan”, altri commentatori hanno offerto, su queste colonne, una chiave di lettura più ottimistica. Fin dal 2014 la nostra redazione ha cercato di offrire un’alternativa alle retoriche dominanti, a prezzo di aspri confronti interni ed esterni, portando avanti una linea editoriale aperta e plurale. Fummo così accusati di essere “filo-nazisti” dai sostenitori dell’interventismo russo, e “filo-russi” dai sostenitori del nazionalismo ucraino.

Un portale di debunking sulle “fake news riguardanti gli eventi in Ucraina” ci inserì nella lista dei cattivi: diffamare e infangare in nome di una verità assoluta e, se non sei allineato, ebbene, sei falso, sei fake news. Recentemente lo stesso portale ha accusato di disinformazione la Tv Svizzera per la pubblicazione di un sondaggio poi rivelatosi esatto alla prova delle urne. Nessuna errata corrige, la falsa accusa resta online e il fango anche. I detentori del vero non contemplano né pluralismo né errore. La verità, per loro, è un monolite. Invece è un mosaico.

Niente censura contro le fake news

Riconoscere le fake news non è difficile, ma richiede una partecipazione attiva del lettore al quale però non si può chiedere di procedere con complicate verifiche sull’attendibilità di quanto riportato. La crisi della credibilità del sistema dell’informazione – di cui i media tradizionali sono certo corresponsabili – ha aperto un vaso di Pandora difficile da richiudere.

La cura può essere peggiore del male: algoritmi che riconoscano le notizie “vere” e censurino quelle “false” sono il primo passo verso un monopolio della verità mitigato da chimere di efficacia tecnologica. In Ucraina si sono prodotte leggi per l’oscuramento e la censura di canali televisivi che propagandavano la visione russa del conflitto. Una democrazia non si difende con la censura. Ma quella ucraina non è una democrazia, anche se finge di esserlo e molti – in Europa – la descrivono come tale. Il sistema oligarchico ucraino, le ragioni profonde della cosiddetta “rivoluzione di Maidan”, le tensioni interne al paese non vengono descritte dai media generalisti europei: ci si accontenta di una visione ideologica e semplificata delle cose. D’altronde l’informazione europea ha molto contribuito alla formazione di preconcetti sulla questione ucraina.

Una lezione da difendere

La lezione che la crisi ucraina può darci è proprio questa: la propaganda esiste da sempre ma oggi assume le sembianze della difesa della verità; anche l’ideologia esiste da sempre, e proclama sé stessa detentrice del vero. In un mondo plurale esistono però anche la mistificazione e la disinformazione, che non si combattono a colpi di censura o con liste di proscrizione in nome dello StopFake. Si combatte restituendo credibilità al lavoro giornalistico. E la credibilità non si ottiene una volta per tutte, né la garantisce qualche illustre editore, ma è un lavoro piccolo e quotidiano che si fonda su un’interpretazione della realtà equilibrata, indipendente e plurale. Può sembrare poco, magari banale, ma questa lezione l’abbiamo appresa sulla nostra pelle e, ancora oggi, la dobbiamo difendere. Anzitutto da noi stessi.

 

Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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