Accordo minerali

UCRAINA: Firmato l’accordo sui minerali. Cosa dice il testo?

Il 30 aprile Stati Uniti e Ucraina hanno firmato un accordo sulle risorse minerarie. Il lungo e travagliato iter che ha portato alla firma del documento era iniziato con la presentazione, nell’autunno dello scorso anno, prima delle elezioni presidenziali americane, del famoso “Piano per la vittoria” proposto da Zelensky. Un accordo predatorio, ineguale, per molti versi svantaggioso. 

Il documento: le intenzioni

L’accordo di 11 pagine firmato in questi giorni, più che stabilire con precisione le modalità concrete attraverso cui i due paesi coopereranno, è una dichiarazione d’intenti: molti sono infatti i punti su cui le due parti dovranno negoziare, dalle aree interessate dall’accordo alla data in cui le misure entreranno in vigore. Ma cosa è scritto nel testo?

L’accordo si apre con le motivazioni addotte dalle parti a giustificazione della collaborazione. Si legge, per esempio, che “Stati Uniti e Ucraina si assicurano che Stati e persone che hanno agito negativamente nei confronti dell’Ucraina nel conflitto non giovino dalla ricostruzione dell’Ucraina in seguito ad una pace duratura”. Ciò significa, ovviamente, escludere la Russia dalla possibilità di partecipare alla ricostruzione, ma, potenzialmente, anche la Cina.

Continua l’accordo: “Gli Stati Uniti riconoscono l’intenzione dell’Ucraina di evitare conflitti tra l’approvazione di questo accordo e le obbligazioni internazionali dell’Ucraina riguardanti l’accesso all’Unione Europea o accordi con istituzioni finanziarie internazionali o altri creditori ufficiali”. Il riferimento è probabilmente all’accordo Deep and Comprehensive Free Trade Area (DCFTA) entrato provvisoriamente in vigore nel 2017, primo passo per l’ingresso di Kyiv nel mercato unico europeo.

Infine, è scritto, spetterà all’Ucraina designare le zone “da rendere disponibili per l’esercizio delle attività di prospetto, esplorazione e produzione di risorse naturali”. Le garanzie di sicurezza, in nuce, sono tutte qui: la presenza sul territorio ucraino di enti nelle quali gli Stati Uniti avranno grandi interessi – e che, dunque, verosimilmente proteggeranno. I minerali interessati dalle future estrazioni (chiamati “Natural Resource Relevant Asset”) sono specificati nell’appendice del documento. Si tratta di 55 minerali, cui si aggiungono petrolio, gas naturali e altri minerali non specificati, tutti importanti per i settori industriali.

La forma che assumerà l’accordo, come si legge nell’articolo 2, sarà quella di una “partnership limitata”, rappresentata dalla United States International Developement Finance Corporation, per parte americana, e dall’Agenzia per il Supporto alla Partnership Pubblico-Privata, per parte ucraina. Le due dovranno dare vita al Fondo d’Investimenti Ucraino-Americano per la Ricostruzione. Il Fondo, viene detto all’articolo 3 (Objective of the Agreement), è “espressione di un più grande allineamento strategico di lungo termine tra i popoli e i governi e una dimostrazione tangibile del supporto degli Stati Uniti per la sicurezza dell’Ucraina” (punto 4), “un investimento […] allineato con i valori democratici, del libero mercato e dello stato di diritto”.

È interessante notare come gli Stati Uniti (punto 5 dell’articolo 6, “Contributions to the Partnership”) potranno partecipare al finanziamento del fondo attraverso l’assistenza militare. “Se, dopo l’entrata in vigore dell’accordo, il governo degli Stati Uniti fornisce nuova assistenza militare al governo ucraino in qualsiasi forma (comprese le donazioni di sistemi d’arma, munizioni, tecnologia o addestramento), la contribuzione capitale degli Stati Uniti sarà ritenuta aumentata del valore stimato di tale assistenza militare”. Un sistema, questo, che da una parte riprende una delle frasi più ripetute da Trump (cioè lo stop alle armi “gratuite”), e dall’altra permetterebbe all’amministrazione americana di dismettere i propri vecchi sistemi militari in modo decisamente proficuo.

Un accordo svantaggioso?

L’accordo, pur non presentando ancora le modalità concrete attraverso cui verranno sviluppati i siti di estrazione, e pur avendo subito – sembrerebbe – modifiche importanti in questi mesi di tensione, rimane comunque predatorio. L’evidente vantaggio che l’accordo garantisce alla parte americana non riguarda solamente l’ambito minerario – i cui profitti, si legge nel punto 1 dell’articolo 4, “non devono essere soggetti a tasse, tributi, imposte, dazi, deduzioni, ritenute […] o altre spese imposte da qualsiasi autorità governativa dell’Ucraina” – ma incide anche in altri settori, come per esempio quello legislativo.

Ad esempio, il punto 3 dell’articolo 2 (“Enabling the Establishment of a Partnership”), recita che “il governo ucraino deve assicurarsi che, in caso di contraddizioni tra la legislazione ucraina e questo accordo, nella misura di tali contraddizioni, prevalga l’accordo”, aggiungendo che “la legislazione interna” non può essere presa a motivo dell’incapacità di sostare ad alcuna obbligazione dell’accordo. Dunque, almeno per la materia che l’accordo si troverà a regolare, quanto scritto avrà la precedenza sulla legislazione già esistente.

Anche dal punto di vista economico l’accordo sembra ricalcare, per alcuni versi, i “trattati ineguali” stipulati tra potenze occidentali ed estremo oriente nell’Ottocento. Così, ad esempio, al punto 1(d) dell’articolo 7 (“Investment Opportnunity Rights”), è scritto che la parte ucraina dovrebbe “astenersi dal garantire a qualsiasi parte terza termini finanziari ed economici materialmente più favorevoli per un’opportunità d’investimento sostanzialmente simile a quella proposta dall’accordo”. Un concetto ribadito al punto 1 dell’articolo successivo (“Market-Based Offtake Rights”), per il quale viene però timidamente avanzata una sorta di eccezione al punto 1(c) dell’articolo 7: “se, dopo la firma dell’accordo, l’Ucraina deve farsi carico di addizionali obbligazioni nell’ambito dell’accesso all’Unione Europea che potrebbero influire su questo provvedimento, le parti si consulteranno e negozieranno in buona fede l’adozione di modifiche, come appropriato

E ora?

Oltre alla natura dell’accordo, particolare attenzione va prestata alle tempistiche. Nel documento non viene specificata né la durata della partnership (“L’accordo rimarrà in vigore fino a che le parti non decideranno di terminarlo”, punto 3 articolo 11), né la data in cui l’accordo entrerà in vigore. Il documento, infatti, dovrà prima essere discusso dal Parlamento ucraino, la Verkhovna Rada: viste le condizioni presentate in queste undici pagine, la discussione parlamentare sarà un campo di prova importante per Zelensky.

Infine, come riportato da Reuters, alcune perplessità permangono circa l’immediato vantaggio prodotto da questo accordo, dato che la costruzione di siti estrattivi così importanti può richiedere anche molti anni

Chi è Davide Cavallini

Laureando in Storia. Cuore diviso tra la provincia est di Milano e l'Est Europa. Appassionato di movimenti giovanili, politiche migratorie e ambientali, si occupa principalmente di Romania, Moldavia e Russia.

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