La giornalista Lyra McKee, in una foto dell'archivio privato di famiglia diffusa dalla polizia di Derry.

IRLANDA DEL NORD: Giornalista uccisa, torna lo spettro della guerra civile

Nella notte del 19 aprile la giornalista Lyra McKee è stata uccisa a Derry, città al confine fra Ulster e Irlanda. Da alcune ore la giornalista stava documentando una rivolta nel quartiere di Creggan, storicamente repubblicano e nazionalista, esplosa nella serata di giovedì dopo un blitz della polizia in alcune case della zona. Gli agenti cercavano membri di organizzazioni terroristiche repubblicane e alcuni depositi di armi che sarebbero dovuti servire, a detta delle forze dell’ordine, a compiere degli attentati nei giorni della settimana di Pasqua. La popolazione di Creggan ha risposto all’intervento della polizia con il lancio di decine di molotov, incendiando alcune auto e dando vita a scene di vera e propria guerriglia urbana. Lyra McKee era in piedi di fianco ad alcuni agenti durante gli scontri, quando è stata raggiunta da un colpo di pistola alla testa: è morta in pochi minuti, nonostante il repentino trasporto in ospedale.

Lyra McKee, giornalista e attivista Lgbt

Lyra McKee era una reporter di Belfast, nata in una famiglia cattolica, ma che rivendicava la non appartenenza a una fazione specifica. Aveva amici repubblicani e amici lealisti, diceva, e vedeva l’Irlanda del Nord come una bellissima tragedia da raccontare. Il suo primo libro, “Angels with blue faces”, è un’inchiesta sull’assassinio di Robert Bradford, pastore metodista e deputato dell’Ulster Unionist Party ucciso dall’Ira nel 1981. Lyra McKee aveva appena firmato un contratto per altri due libri, il primo dei quali, sui casi irrisolti di bambini ed adolescenti scomparsi durante i Troubles, sarebbe dovuto uscire il prossimo anno con il titolo “The lost boys”. Per Lyra McKee il conflitto nordirlandese non era affatto un capitolo chiuso, ma un’eredità pesante, da studiare, comprendere, raccontare.

McKee era stata anche inserita da Forbes, a soli 25 anni, nella lista dei trenta giornalisti under 30 emergenti nei media, insieme a colleghi di tutto il mondo. Ma non era soltanto una giornalista: il suo lavoro era legato a doppio filo alla sua militanza come attivista per i diritti Lgbt in Irlanda del Nord. Era giunta alla ribalta delle cronache cittadine di Belfast nel 2014 quando, giovanissima, aveva pubblicato un blog in cui raccontava le difficoltà che un adolescente gay incontra quotidianamente nel crescere in una comunità ancora permeata da valori religiosi profondi. Un attivismo che l’aveva resa famosa in tutta l’isola.

Un fragile processo di pace

Poche ore dopo l’omicidio della giornalista, la polizia nordirlandese ha arrestato due giovani, che sono stati accusati di aver sparato durante gli scontri. Sembra che a premere il grilletto sia stato un ragazzo di soli 19 anni, militante della New Ira, un gruppo oltranzista repubblicano e nazionalista che promuove la continuazione della lotta armata contro l’esercito britannico e i lealisti dell’Ulster, e non riconosce il fragile processo di pace messo in campo dai principali partiti nordirlandesi a partire dagli anni Novanta. Lo stesso gruppo paramilitare ha rivendicato l’azione, parlando di un errore: il ragazzo avrebbe sparato con l’intenzione di colpire i poliziotti in piedi vicino alla giornalista.

L’omicidio di Lyra McKee è il sintomo di quanto la situazione nell’Irlanda del Nord sia complicata e potenzialmente esplosiva. Il paese porta ancora addosso i segni di una lunga guerra civile che, fra alti e bassi, è durata per decenni: da un lato i cattolici irlandesi, nazionalisti e repubblicani, dall’altro gli unionisti irlandesi protestanti e l’esercito britannico. La fase più cruenta del conflitto si produsse a partire dal 1969, quando i quartieri cattolici di Belfast vennero attaccati da paramilitari protestanti supportati dalla Ruc (Royal Ulster Constabulary), la polizia nordirlandese formata per la quasi totalità da lealisti. L’Ira fu del tutto incapace di difendere i quartieri cattolici, e sui muri delle principali vie di Belfast comparve la celebre frase Ira = I Run Away (Ira = Io scappo via). Dalla formazione repubblicana si distaccò un gruppo di giovani militanti, e a questo punto l’organizzazione risultò spaccata in due tronconi: l’Official Ira, il gruppo originario, che firmò un cessate il fuoco con i britannici già nel 1974. E la Provisional Ira, ossia gli scissionisti, che continuarono la lotta armata contro il Regno Unito fino alla metà degli anni ’90. Fra il 1996 e il 1998 la Provisional Ira e il Regno Unito si trovarono in una fase di stallo: per questo dichiararono un cessate il fuoco con la seguente fine della lotta armata da parte dei paramilitari (sia unionisti che repubblicani) e la creazione di un parlamento autonomo in Irlanda del Nord. Il risultato delle trattative fu l’Accordo del Venerdì Santo che diede il via al lungo e lento processo di pace. Negli anni seguenti l’Ira proclamò la fine della lotta armata e cominciò a far ispezionare i propri arsenali da esperti dell’Onu, per verificarne l’inattività, poiché consegnarli agli inglesi sarebbe per l’organizzazione una inaccettabile resa militare. L’organizzazione si impegnò inoltre a portare avanti la battaglia per l’unificazione dell’Ulster con metodi pacifici tramite il proprio braccio politico, lo Sinn Féin.

Ancora oggi, tuttavia, esistono formazioni paramilitari che non riconoscono la legittimità dell’Accordo del Venerdì Santo. La stessa New Ira, che ha rivendicato l’azione del 19 aprile scorso, sarebbe nata pochi mesi fa dall’unione della Real Ira, un gruppo scissionista della Provisional Ira, e alcuni piccoli gruppi locali di estrema sinistra come il Raad (Republican Action Against Drugs, Azione Repubblicana contro le Droghe), una formazione paramilitare repubblicana responsabile di decine di autobombe e azioni di sequestro di droga agli spacciatori nei quatieri di Bogside e Creggan a partire dal luglio del 2009. Un’altra formazione paramilitare, la Continuity Ira, resta de facto indipendente e conduce una sanguinosa faida contro i membri degli altri gruppi repubblicani. Ma anche sul fronte dei lealisti restano attivi numerosi piccoli gruppi paramilitari, come i Red Hand Defenders (i Difensori della Mano Rossa) e i Real Ulster Freedom Fighters (Veri Combattenti per la Libertà dell’Ulster), responsabili di decine di attentati nel nord e nella Repubblica d’Irlanda.

La Brexit e lo scacchiere nordirlandese

Ma la tensione nell’Irlanda del Nord non è causata soltanto dai paramilitari. Dopo il 1998 e l’accordo del Venerdì Santo i principali partiti politici unionisti e repubblicani hanno formato un governo di unità nazionale per traghettare il paese fuori dalla guerra civile. Ma la tensione è rimasta alta fra lo Sinn Fèin, oggi principale partito repubblicano e nazionalista, e il Dup (Partito Unionista Democratico), che ha la maggioranza relativa – anche se risicata – nel parlamento autonomo dell’Irlanda del Nord. Nel 2016 lo Sinn Féin ha rotto l’unità nazionale ed è tornato all’opposizione nel parlamento autonomo irlandese: il vicepremier, lo storico membro del partito e dell’Ira Martin McGuinness, si è dimesso facendo cadere il governo a causa di un contrasto con il premier Arlene Foster, leader del Dup (Partito Unionista Democratico), sulla regolamentazione di alcuni impianti industriali altamente inquinanti.

In realtà il contrasto tra Sinn Fèin e Dup ha radici profonde. Lo Sinn Féin era di fatto subordinato alla formazione unionista all’interno del Governo, ma avendo visto crescere i propri consensi negli ultimi anni sia nel nord che nella Repubblica d’Irlanda, dove è il terzo partito, vorrebbe mettere in discussione alcune clausole dell’Accordo del Venerdì Santo. Il vero nodo del contendere, tuttavia, è la Brexit: lo Sinn Féin ha fatto una dura campagna per restare nell’Ue, mentre il Dup, partito conservatore stretto alleato della May e del governo di Londra, si è pronunciato favorevolmente all’uscita del Regno Unito dall’Unione europea. E i parlamentari unionisti sono la stampella che permette al governo conservatore inglese di non cadere sotto la pressione dei laburisti: non va sottovalutato il ruolo fondamentale che ricoprono a Westminster. Ma il risultato del referendum nell’Irlanda del Nord è stato inaspettato: i cittadini hanno votato in modo deciso contro la Brexit, con il 56% dei voti favorevoli al remain. Questo ha dato grande forza al fronte repubblicano e in particolare allo Sinn Fèin.

Alle successive elezioni del marzo 2017 il Dup si è riconfermato primo partito con il 28,1% dei voti, seguito dallo Sinn Féin con il 27,9% dei consensi. Il voto ha così complicato ancora di più il quadro politico, con un ipotetico fronte unionista e conservatore tra Dup e Uup (Partito Unionista dell’Ulster) al 41% e con i due principali partiti cattolici, repubblicani e di sinistra, cioè Sinn Fèin e Sdlp (Partito Socialdemocratico Laburista), che insieme sfiorano il 40%. A fronte di questa situazione di stallo, e forte del risultato del referendum sulla Brexit, lo Sinn Fèin ha proposto un altro referendum per il ricongiungimento dell’Ulster con il resto della Repubblica d’Irlanda, referendum peraltro previsto dall’Accordo del Venerdì Santo. E l’esito sarebbe tutt’altro che scontato. Innanzitutto i cattolici nell’Ulster sono ormai il 45%, mentre i protestanti sono calati al 48%, e l’andamento demografico parla chiaro: tra pochi anni, per la prima volta da secoli, i protestanti saranno in minoranza nell’Irlanda del Nord. Inoltre molti lealisti moderati potrebbero votare la riunificazione con la Repubblica d’Irlanda per rimanere nell’Unione europea in caso di Brexit.

Un futuro incerto per l’Irlanda del Nord

La campagna martellante dello Sinn Féin per il referendum sulla riunificazione è andata avanti fino ad oggi e ha incontrato l’opposizione dura del Governo britannico e dei partiti unionisti, inasprendo le tensioni. L’uccisione di Lyra McKee si inserisce così in un quadro politico a dir poco incandescente. A seguito dei fatti degli ultimi giorni lo Sinn Fein e il Dup hanno annunciato un’intera settimana di tavoli di trattativa per valutare la composizione di un nuovo governo di unità nazionale. Un atto dovuto, vista la crescente rabbia nel paese per l’assenza di un governo rappresentativo e l’indignazione generale per la morte della giornalista. Ma le trattative non sembrerebbero avere basi solide e potrebbero non portare a nulla, vista la volontà degli unionisti di procedere sulla linea della Brexit e il progetto dei repubblicani di un referendum per il ricongiungimento con la Repubblica d’Irlanda. Una situazione che potrebbe produrre una nuova escalation negli scontri e che resta dunque critica. Come aveva scritto Lyra McKee giusto quattro anni fa, oggi più di ieri la pace in Irlanda del Nord resta forse soltanto un’illusione.

 

immagine time.com

Chi è Davide Longo

Nato nel 1992, vivo e lavoro a Varese. Sono laureato in Scienze Storiche all'Università degli Studi di Milano, ho studiato lingua e cultura cinese e ho trascorso un periodo di studio all'Università di HangZhou, Zhejiang, Repubblica Popolare Cinese. Oggi sono docente di Italiano e Storia nella scuola secondaria di primo grado. Appassionato di storia e politica sia dell'Estremo Oriente, sia dei Paesi dell'ex blocco orientale, per East Journal scrivo di Polonia, Cecoslovacchia e Ungheria, senza disdegnare i Balcani (concepiti nel senso più ampio possibile). Ho scritto per The Vision e Il Caffé Geopolitico e sono autore di due romanzi noir: Il corpo del gatto (Leucotea, 2017) e Un nido di vespe (Fratelli Frilli, 2019).

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