Fine del dialogo tra Serbia e Kosovo?

Giovedì 7 marzo il parlamento del Kosovo ha votato l’adozione di una piattaforma di undici punti riguardante le linee guida del dialogo con la Serbia. L’approvazione del documento rappresenta una precisa e netta presa di posizione di Pristina sulla continuazione del processo di normalizzazione dei rapporti con Belgrado. Alla votazione, approvata con 61 voti a favore su 120 totali, non hanno partecipato né la Lista Serba (principale partito dei serbo-kosovari) né i due principali partiti di opposizione – la Lega Democratica del Kosovo (LDK) e Vetëvendosje.

Il contesto generale

L’Accordo di Bruxelles del 2013 sembrava aver aperto la strada ad una pacifica e definitiva soluzione della questione kosovara. A distanza di sei anni, però, quasi nulla è stato fatto verso una reale applicazione di quell’accordo. Negli ultimi mesi i già tesi rapporti tra Belgrado e Pristina sono andati ulteriormente deteriorandosi in seguito ad una serie di reciproci impedimenti. Alla continua opposizione di Belgrado sull’inclusione del Kosovo nelle organizzazioni internazionali, come nel recente caso dell’Interpol, nel novembre scorso il governo kosovaro decise di introdurre dazi al 100% sulle merci serbe. Poche settimane dopo, il parlamento approvò una legge che dava l’avvio alla trasformazione della Kosovo Security Force (KSF) in un vero e proprio esercito con il compito di difenderne la sovranità e l’integrità territoriale.

Pochi giorni prima della votazione della piattaforma, il ministro degli Esteri serbo Ivica Dačić aveva presentato una proposta di soluzione basata su quanto discusso durante l’estate scorsa dai due presidenti, Alexsandar Vučić e Hashim Thaçi, circa la modifica dei confini e lo scambio di territori. L’accordo prevederebbe l’annessione alla Serbia delle quattro municipalità a maggioranza serba presenti nel nord del Kosovo in cambio dei comuni a maggioranza albanese della valle di Presevo, nella Serbia meridionale.

I contenuti della piattaforma

La controproposta di Pristina non si è fatta attendere e giovedì scorso è stata presentata la piattaforma che, in un tale contesto, assume le sembianze di un ultimatum non negoziabile nei confronti di Belgrado.

I punti di maggior distanza tra le ambizioni kosovare e l’intransigenza serba riguardano tre aspetti centrali: il riconoscimento della sovranità del Kosovo come Stato indipendente e la cessazione di tutte le azioni volte a impedire l’adesione del paese alle organizzazioni internazionali incluse le Nazioni Unite, l’Unione europea, il Consiglio d’Europa e l’OSCE, prevista dal primo principio della piattaforma; l’istituzione di meccanismi e organi in grado di affrontare la questione dei crimini commessi durante la guerra del 1999 e il risarcimento delle vittime; e l’appartenenza alla Repubblica del Kosovo delle risorse naturali e dei beni presenti sul suo territorio. Quest’ultimo punto rimanda, senza citarlo direttamente, allo scontro sulla proprietà del complesso minerario di Trepča e alle risorse idriche del lago di Gazivoda al centro di un contenzioso risalente ai tempi della fine della Jugoslavia socialista.

Secondo quanto previsto dal punto 9 della piattaforma, l’accordo definitivo sarà vincolante solo dopo il riconoscimento del Kosovo come Stato indipendente e sovrano, lo svolgimento di un referendum in Kosovo e la ratifica di entrambi i parlamenti.

Le reazioni in Serbia…

Come era ampiamente prevedibile le reazioni in Serbia sono state tutt’altro che positive. Per il direttore dell’Ufficio per il Kosovo e Metohija, Marko Djurić, l’adozione della piattaforma è “un chiaro messaggio al mondo intero sulla fine del dialogo”.

Ancora più netto il presidente Vučić che, oltre a ribadire la irricevibilità della proposta, ha puntato il dito contro l’Unione europea rea di aver tradito le promesse fatte nei mesi precedenti circa il fatto che il tema del riconoscimento non sarebbe stato trattato dal parlamento kosovaro. Vučić ha dichiarato di essersi sentito “ingannato” e che non permetterà a nessuno di umiliare la Serbia ricordando che paesi molto più forti non sono mai riusciti a farlo nella storia.

Nel tentativo di costruire un ampio fronte interno contro la decisione di Pristina, il presidente, accompagnato dalla premier Ana Brnabić e dal ministro degli Esteri Ivica Dačić, ha incontrato domenica il patriarca Irinej, primate della Chiesa ortodossa serba. Lo stesso Vučić ha sottolineato l’importanza che Stato e Chiesa abbiano la stessa opinione sul problema così da poter rafforzare l’opposizione al documento.

…e in Europa e Stati Uniti

Dal canto suo l’UE ha deciso di adottare una posizione di neutralità sostenendo, tramite la portavoce per gli Affari Esteri e la politica di sicurezza dell’UE Maja Kocijančič, di “non voler commentare le posizioni delle singole parti” ribadendo però la necessità dell’eliminazione dei dazi applicati verso i prodotto serbi e la continuazione del dialogo. Kocijančič ha poi affermato che “il riconoscimento del Kosovo è una prerogativa degli Stati membri” liberando le istituzioni europee da qualsiasi responsabilità sul tema.

Il giorno dopo l’approvazione della piattaforma, il presidente Vučić ha avuto un incontro, organizzato da tempo, con il primo ministro italiano Giuseppe Conte. Nella conferenza stampa finale Conte ha ribadito senza mezzi termini il sostegno dell’Italia al processo di adesione della Serbia all’UE criticando le iniziative unilaterali del Kosovo e sollecitando Pristina a dimostrare “il necessario impegno per riprendere le trattative, revocando le misure sui dazi”.

Durante una visita nella regione il sottosegretario di Stato per gli Affari Politici del governo statunitense, David Hale, pur non bocciando direttamente la piattaforma ha ribadito la necessità di abolire le tariffe, porre fine alle reciproche provocazioni e continuare con il dialogo.

L’approvazione del documento ha posto il presidente serbo Vučić con le spalle al muro mettendo a nudo l’assenza, da parte serba, di un piano d’azione concreto che riesca a trovare una mediazione sulla questione chiave del riconoscimento. Al momento il dialogo tra Belgrado e Pristina sembra esser giunto ad un punto di non ritorno che sicuramente non contribuisce a distendere gli animi e rendere raggiungibile una soluzione definitiva. Non è la prima volta che Serbia e Kosovo interrompono il dialogo ma questa volta la sospensione è arrivata in una fase decisiva, anche alla luce del percorso europeo intrapreso dai due paesi. Il ruolo di Stati Uniti e UE, che però si è rivelata al momento incapace di svolgere a pieno il suo ruolo di mediazione, potrebbe ridurre le enormi distanze tra le parti. Fino a quel momento la pace e la stabilità regionale continueranno ad essere sottoposte a sfide impegnative.

 

Foto: EWB

Chi è Marco Siragusa

Nato a Palermo nel 1989, ha svolto un dottorato all'Università di Napoli "L'Orientale" con un progetto sulla transizione serba dalla fine della Jugoslavia socialista al processo di adesione all'UE.

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