TURCHIA: Ucciso l’ambasciatore russo. Una vendetta per l’intervento di Mosca in Siria?

L’ambasciatore russo ad Ankara, Andrey Karlov, è stato ucciso nella capitale turca durante un attacco. L’attentatore ha agito da solo esplodendo numerosi colpi di pistola contro il diplomatico, mentre questi teneva un discorso per l’inaugurazione di una mostra fotografica all’interno di una galleria d’arte della capitale. L’agenzia di stampa russa RIA ha riferito che l’ambasciatore è morto sul colpo, nonostante le prime voci lo dessero soltanto ferito. L’attentatore, riporta l’agenzia turca Anadolu, è stato “neutralizzato”. Diverse foto lo mostrano a terra, morto.

“Non dimenticheremo Aleppo”

Secondo un fotografo dell’Associated Press presente sul posto, l’attentatore avrebbe sparato almeno 8 colpi al grido di “Allah akbar” e puntando l’indice verso l’alto. L’uomo, vestito con un elegante completo e cravatta, si trovava alle spalle dell’ambasciatore, quasi come se facesse parte di un servizio di scorta. In rete è stato diffuso un video dell’episodio, da cui risulta che l’uomo ha mirato esclusivamente a Karlov, nonostante avesse di fronte a sé altre decine di persone.

L’espressione “Allah akbar”, che significa in arabo “Dio è grande” e viene normalmente associata al fondamentalismo islamico, non è in realtà un indizio sufficiente per chiarire la matrice del gesto, né per fare luce sull’eventuale affiliazione a qualche gruppo terrorista. L’indice puntato è a sua volta un gesto piuttosto comune che rimanda anch’esso al fondamentalismo islamico. Non viene usato soltanto in attentati ma anche nel materiale di propaganda. Il suo significato allude all’unicità di Allah. Al momento, ad ogni modo, non è ancora pervenuta alcuna rivendicazione.

L’attentatore ha poi continuato a parlare per diversi secondi in turco e in arabo, gridando tra le altre cose “Siamo quelli a cui il profeta Maometto ha dato l’ordine di continuare il jihad” e “Non dimenticheremo Aleppo! Non dimenticheremo la Siria!”. Il riferimento è alla situazione della seconda città della Siria, dove proprio in questi giorni l’esercito di Assad insieme agli alleati russi e iraniani è riuscito a riprendere il controllo della parte est della città, da oltre 4 anni roccaforte del variegato fronte dei ribelli. Una situazione umanitaria drammatica, che si è aggravata in concomitanza con l’offensiva dei lealisti appoggiati dai bombardamenti della Russia. In queste ore sono ancora in corso le “evacuazioni” dei combattenti e dei civili da Aleppo est, dopo che è stato raggiunto un fragile accordo tra le parti.

Nelle prime ore di martedì, in un incidente che non sembra avere collegamenti diretti con la vicenda dell’ambasciatore russo, un uomo armato ha tentato di entrare nell’ambasciata statunitense ad Ankara esplodendo alcuni colpi. L’uomo, una volta fermato, avrebbe esclamato “Non giocate con noi”.

L’identità dell’attentatore

L’attentatore è poi stato ucciso dalle forze di sicurezza turche, intervenute sulla scena dopo alcuni minuti. L’emittente televisiva turca Ntv ha riportato che almeno tre persone sono rimaste ferite e portate in ospedale. L’identità dell’attentatore è diventata via via più chiara: si tratta di Mevlüt Mert Altıntaş, giovane poliziotto di 22 anni in forza al reparto antisommossa di Ankara. Secondo il ministro degli Interni turco Suleyman Soylu, Altıntaş si sarebbe diplomato due anni fa all’accademia di polizia di Smirne. Un particolare che spiegherebbe come sia riuscito ad avere accesso alla mostra in possesso di un’arma da fuoco. La madre e la sorella di Altıntaş sono state poste in stato di fermo in via precauzionale. 

La Turchia sta attraversando una delle fasi più difficili della sua storia, con una lunga serie di attentati che hanno colpito tutto il paese, ad opera sia del gruppo autonomista curdo Pkk (e di altri movimenti afferenti alla galassia curda come il Tak), sia dello Stato Islamico. Per il momento nulla fa credere che ci possa essere un qualche collegamento con il Pkk, mentre i seguaci del Califfato restano tra gli indiziati perché hanno diverse cellule attive in territorio turco.

Tuttavia, almeno a giudicare dalle prime informazioni a disposizione, l’identità dell’attentatore non sembra corrispondere al classico profilo di un militante jihadista. Va ricordato che le forze di polizia sono tra le istituzioni più toccate dall’ondata di epurazioni decise dal governo dopo il fallito golpe di luglio. Per questo motivo alcuni esponenti politici turchi hanno fin da subito ipotizzato un coinvolgimento del movimento gulenista. Resta ora da sciogliere il nodo principale: Altıntaş ha agito da solo, senza partecipare ad alcuna organizzazione, oppure qualcuno gli ha armato la mano? Impossibile escludere una delle due opzioni per il momento.

Cosa succede adesso tra Turchia e Russia?

Il presidente Erdogan ha raggiunto telefonicamente Putin per discutere dell’omicidio dell’ambasciatore, mentre sembra che sia stato confermato il vertice trilaterale in calendario per martedì 20 dicembre, che vede impegnati Mosca e Ankara insieme all’Iran sull’evoluzione della situazione siriana. L’attentato arriva in un momento delicato per le relazioni tra Turchia e Russia, che solo di recente hanno iniziato un riavvicinamento dopo l’episodio dell’abbattimento del caccia militare russo da parte dell’aeronautica di Ankara del novembre 2015. Da agosto inoltre la Turchia è impegnata in un intervento militare in Siria contro le forze curde siriane e lo Stato Islamico. Le prime dichiarazioni di Putin, tuttavia, appaiono su toni distensivi: l’incidente è stato immediatamente bollato come atto di terrorismo e una provocazione, ed è stata ribadita la necessità, per Mosca e Ankara, di approfondire la cooperazione bilaterale. E’ stata poi istituita una commissione d’inchiesta congiunta russo-turca per far luce sulla morte dell’ambasciatore russo.

Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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