TURCHIA: Giro di vite contro il CHP, la polizia irrompe nella sede del partito a Istanbul

La Turchia ancora dietro le barricate. Lo scorso 7 settembre diversi parlamentari e sostenitori del CHP, il maggior partito d’opposizione turco, si sono asserragliati all’interno della sede del partito situato presso il distretto di Sarıyer, a Istanbul, nel tentativo di scongiurare l’intervento delle forze di polizia, che tra cariche, lacrimogeni e spray urticante, hanno fatto irruzione all’interno dell’edificio, scortando Gürsel Tekin, designato quale amministratore fiduciario (kayyım) dell’Organizzazione Provinciale del CHP. Il 2 settembre, infatti, il 45° tribunale civile di primo grado di Istanbul si era pronunciato a favore dell’annullamento del 38° Congresso provinciale del partito tenutosi nell’ottobre 2023, estromettendo dalla sua carica il capo provinciale Özgür Çelik e sospendendo 196 delegati congressuali in forza di una presunta compravendita di voti. Contestualmente, la procura di Ankara ha avviato un procedimento civile che contesta la validità del Congresso nazionale del novembre 2023, nell’ambito del quale Özgür Özel è stato eletto alla guida del partito, ponendo fine ai 13 anni della debole leadership di Kemal Kılıçdaroğlu. La sentenza, attesa per il 15 settembre, è stata posticipata al 24 ottobre. Intanto, Özel ha definito gli sviluppi un “colpo di stato giudiziario”, accusando il presidente Erdoğan di voler imporre nel paese un sistema a partito unico sul modello russo, rispetto alla cui completa realizzazione il CHP si presenta come “ultimo ostacolo”.

Una lunga scia di repressione

Il giro di vite operato dalle autorità turche contro il CHP ha subito un’accelerazione a partire dall’ottobre 2024, mese in cui il Ahmet Özer, sindaco del municipio di Esenyurt, a Istanbul, è stato incarcerato in relazione a presunti collegamenti con il PKK, il Partito dei Lavoratori del Kurdistan. Altre indagini hanno poi condotto, a gennaio, all’arresto di Riza Akpolat, sindaco del distretto Beşiktaş, roccaforte del CHP sul Bosforo, accusato di aver truccato appalti pubblici tramite corruzione di pubblici ufficiali. Due mesi dopo, il 19 marzo, alcuni giorni prima della sua attesa investitura quale candidato del CHP alle elezioni presidenziali del 2028, il sindaco di Istanbul Ekrem İmamoğlu è stato arrestato insieme ad un centinaio di rappresentati locali, destituito dalla carica e tradotto nel penitenziario di Silivri, dove si trova tuttora. L’evento ha scatenato diffuse proteste di piazza, conclusesi con la detenzione di circa 2.000 persone, inclusi diversi giornalisti.

A luglio, la repressione governativa si è inasprita assumendo una dimensione nazionale con l’arresto di 109 funzionari municipali di opposizione nella città di Izmir, e dei sindaci di Adana, Antalya e Adıyaman, nel sud-est del paese. In totale, più di 500 esponenti politici e funzionari del CHP sono stati coinvolti in indagini riguardanti corruzione e malversazione. Di questi, oltre 220 – tra i quali 15 sindaci si trovano in carcere o agli arresti domiciliari, nel contesto di una serrata campagna giudiziaria mirante, secondo le parole del presidente Erdoğan, a smantellare un esteso network criminale che “allunga i suoi tentacoli come una piovra in tutto il paese e anche all’estero”, configurandosi come una “minaccia alla sicurezza nazionale”. Un’immagine, questa, ripresa in senso opposto anche da Özel, il quale, durante una seduta del Parlamento, ha paragonato il pervasivo sistema di potere dell’AKP ad una piovra intenta a strangolare con i suoi tentacoli le istituzioni pubbliche e la vita politica del paese.

La reazione del CHP

La sentenza del 2 settembre e il conseguente commissariamento de facto del CHP sanciscono un momento drastico nel progressivo arretramento democratico che sta interessando la Turchia, gravido di conseguenze ancor più rilevanti – sostiene Berk Esen, professore associato di Scienze Politiche all’Università Sabancı di Istanbul – di quelle determinate dall’arresto del sindaco İmamoğlu, in quanto la magistratura controllata dal governo sta “tentando di rimpiazzare la leadership del CHP a Istanbul, interferendo con il funzionamento interno del partito”.

Il CHP, nel frattempo, ha annunciato di aver ripreso i propri lavori presso una nuova sede, nel quartiere di Bahçelievler, affermando di volerla spostare, a rotazione, in altri luoghi della città, in linea con una strategia del “bersaglio mobile” che si configura come risposta all’inattesa irruzione della polizia nei locali di Sarıyer degli scorsi giorni. Inoltre, la direzione del partito ha indetto un Congresso straordinario per il 21 settembre, e un Congresso provinciale, previsto per il 24 settembre, entrambi chiamati a rimuovere, tramite il voto democratico dei delegati, l’amministrazione fiduciaria imposta dal governo. Il processo decisionale interno al partito sembra, però, messo in seria crisi dalla possibilità di un ritorno al vertice dell’ex leader Kemal Kılıçdaroğlu, pronto – secondo fonti vicine ai suoi sostenitori – a colmare momentaneamente il vuoto legale e politico che potrebbe presentarsi in caso di annullamento del Congresso nazionale, guidando il partito in una fase di transizione.

L’operato del governo vis-à-vis l’opposizione e la società civile, contraddistinto da un crescendo di violenze e da ripetute limitazioni dell’accesso a social network e siti web, più volte condannato dall’Associazione per la libertà d’espressione (İFÖD – İfade Özgürlüğü Derneği), viene definito da Soli Özel, fellow presso l’Institute for Human Sciences di Vienna, un “assalto totale” mirante a scardinare l’ordine politico esistente, rispetto al quale il CHP – rivitalizzato dalla storica vittoria alle elezioni municipali del 2024 – costituisce l’unico argine rimasto. “Quando un detentore di potere” – continua Özel – ricorre alla violenza e non è più in grado di generare consenso, quel potere non è più legittimo”. In un panorama politico tale, secondo Gönül Tol del Middle East Institute di Washington, il CHP “non può più fare affidamento sui tradizionali strumenti democratici” per resistere alla stretta giudiziaria in corso, diventata una vera e propria sfida esistenziale per la sopravvivenza del partito.

Foto: Bloomberg

Chi è Vanni Rosini

Nato a Firenze nel 1999, studente magistrale in Storia all’Università degli Studi di Firenze, dove ha approfondito la conoscenza della lingua turca. Si interessa di Medio Oriente, con particolare attenzione verso la Turchia. Nel 2022 ha trascorso un periodo di studio presso la Bilgi Üniversitesi di Istanbul. Scrive anche per Limes Club Firenze.

Leggi anche

IRAN – ISRAELE: La narrazione selettiva di un conflitto

È accaduto quello che sarebbe dovuto essere evitabile. Un’altra guerra, un’altra ferita che ci divide …

WP2Social Auto Publish Powered By : XYZScripts.com