SPORT 2016: Dallo Stade de France allo stadio del Besiktas

Questo articolo è il primo di una serie con cui la redazione sportiva di East Journal vi accompagnerà fino a fine anno. SPORT 2016 intende essere una rassegna dei principali temi “extrasportivi” che hanno invaso il campo della manifestazione atletica nel corso del 2016. Un anno di grande attenzione per Europei e Olimpiadi, in cui si sono sovrapposti al racconto sportivo tematiche relative a terrorismo, immigrazione, doping, riconoscimento internazionale e altro ancora. 

È stato un anno all’insegna della psicosi collettiva quello che sta andando concludendosi. Un anno incominciato sulle ceneri della tremenda notte di attentati del 13 novembre 2015 a Parigi e in cui la paura del terrorismo ha condizionato ogni ambito della collettività. Così è stato anche per lo sport, con un conseguente intensificarsi dei controlli in occasione di eventi sportivi, obbiettivi evidentemente molto sensibili.

Nella notte dei morti al Bataclan, il palcoscenico di uno degli attacchi della cellula dell’ISIS, per fortuna non andato a buon fine, è stato lo Stade de France, nel quale era in corso l’amichevole tra Francia e Germania. Al 16′ del primo tempo dall’esterno dello stadio si sente una prima esplosione, pochi minuti dopo un secondo boato. All’esterno dello stadio un uomo avrebbe cercato di introdursi regolarmente all’interno dell’impianto ma con una carica esplosiva addosso, fatta poi sprigionare fuori dall’impianto dopo esser stato bloccato ai controlli. Pochi minuti dopo un secondo uomo avrebbe fatto lo stesso. In un clima surreale la partita viene fatta terminare sotto gli occhi del presidente François Hollande, che però viene accompagnato fuori dallo stadio sotto scorta.

Inutile dire che l’evento abbia scosso il mondo intero, specie in previsione di due eventi di portata planetaria durante la successiva estate: i Campionati Europei di calcio in Francia (con gara inaugurale e finale programmate proprio allo Stade de France) e le Olimpiadi di Rio de Janeiro. Non sono mancati tentativi di distensione sociale, come quello attuato a giugno dalla ONG londinese Unity of Faiths Foundation, la quale ha organizzato a Bruxelles un’amichevole tra gli inglesi del Southall e i ragazzi di Molenbeek, quartiere della capitale belga che si è dimostrato la culla del fondamentalismo islamico padre della strage belga a marzo.

Tuttavia il vento non è cambiato, specie dopo dichiarazioni come il tetro «gli Europei saranno un cimitero», affermato in diretta Facebook da Larossi Abballa, squilibrato che ha ucciso due persone a Parigi prima di essere freddato dalla polizia. A luglio, invece, l’ombra si allungava anche su Rio 2016, con la pubblicazione in rete di un appello e una sorta di vademecum per “lupi solitari” in terra brasiliana.

Di conseguenza le principali manifestazioni sportive sono state segnate da controlli a tappeto e numerosi arresti, e anche da norme di sicurezza in alcuni casi criticate per la loro eccessiva pervasività. A giugno in Belgio venivano arrestati 12 presunti terroristi, pronti a colpire durante la gara tra Francia e Irlanda, mentre in diversi stati brasiliani scattavano le manette per dieci fondamentalisti pronti a colpire i Giochi. Prima dell’Europeo è stata addirittura lanciata Saip, un’app di allerta in caso di attacchi in grado di dare indicazioni su come comportarsi in caso di emergenza. E se con la finale di Euro 2016 il 10 luglio la Francia sembrava tirare un sospiro di sollievo, quattro giorni più tardi – in concomitanza con la festa nazionale – risprofondava nell’incubo con la folle corsa del camion guidato da Mohamed Lahouaiej-Bouhlel sulla Promenade des Anglais.

Mentre l’occidente conviveva con la psicosi terrorista, gli orrori in Siria continuavano. Mentre la nazionale ufficiale, vicina al regime di Assad, sogna ancora la qualificazione alla Coppa del Mondo (avversata a livello di immagine da una “nazionale ribelle”), a luglio l’ISIS ha catturato e decapitato quattro giocatori dell’al-Shabab, compagine calcistica siriana con sede a Raqqa, accusati di spionaggio in favore dei curdi.

Nonostante gli orrori della guerra, il Jihad ha attecchito anche tra numerosi calciatori. L’arruolamento di gruppo più eclatante era stato quello del 2015, quando erano partiti da Londra per arruolarsi cinque giocatori portoghesi fra cui Fabio Pocas, proveniente dalle giovanili dello Sporting Lisbona. Prima ancora era stata la volta dei vari Yann Nsaku, Burak Karan e Nidhal Selmi: il primo proveniente dal Portsmouth, gli ultimi due rispettivamente protagonisti con le nazionali giovanili tedesche e tunisine. Anche un lottatore azero, Chamsulvara Chamsulvarayev, si era arruolato con lo Stato Islamico, trovando la morte in un raid aereo in Iraq. Percorso opposto, invece, è stato seguito dal calciatore libanese Kassem Shamkha, deceduto circa un mese fa durante la battaglia di Aleppo tra le file di Hezbollah.

Se il 2015 chiudeva i battenti con gli attentati falliti dello Stade de France, il 2016 si chiude con i 38 morti dell’attentato allo stadio del Beşiktaş a Istanbul di ieri. La Turchia ha rappresentato un “campo di battaglia” molto particolare, in cui si sono incrociati il conflitto politico turco (poi sublimato nel fallito golpe), il conflitto tra lo stato turco e la minoranza curda del sud-est e la guerra civile nella confinante Siria. Un tema che merita un approfondimento separato, ma su cui vale la pena citare due episodi: il rinvio del derby di Istanbul tra Galatasaray e Fenerbahçe in seguito a un attentato nella città del Bosforo e soprattutto la morte di Kemal Bulut, padre del giocatore del Galatasaray Umut Bulut, coinvolto in un attentato ad Ankara mentre rincasava dopo una partita del figlio.

Foto: Reuters

Chi è Matteo Calautti

Studente genovese di Scienze Internazionali e Diplomatiche, nonché "minor" di pallacanestro. Appassionato di sport in ogni sua forma e colore. Esterofilo e curioso osservatore di politica e attualità. Tra le altre, collabora anche con Londra Italia, con la rivista di Ingegneria di Genova, con la trasmissione televisiva Dilettantissimo e con Io Gioco Pulito, l'inserto sportivo de Il Fatto Quotidiano. Infine, ha fondato anche Liguria a Spicchi ed Il Calcio Portoghese, portali web dedicati rispettivamente alla pallacanestro ligure ed al calcio in Portogallo.

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