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CALCIO: Siria-Iran, tra Coppa del Mondo e guerra civile

Non è una normale campagna di qualificazione mondiale. La Siria, nonostante la guerra civile stia devastando il paese e nonostante dal 2010 la sua squadra nazionale non possa più giocare partite entro i propri confini, ha proseguito la sua attività, qualificandosi per la Coppa d’Asia 2019 e arrivando al terzo turno di qualificazione alla Coppa del Mondo Russia 2018. Domani la squadra affronterà per le qualificazioni mondiali l’Iran, capolista del girone.

Saranno le prime due dei due gironi a qualificarsi direttamente alla Coppa del Mondo, mentre un’ultima chance di staccare un biglietto per la Russia sarà offerta alle due terze, che si affronteranno per determinare chi, tra un anno, affronterà una squadra sudamericana nel play-off inter-confederazioni. Inserita in un girone non agevole, la Siria sta faticando a tenere il passo di avversarie più titolate come Iran e Corea del Sud, oltre che di un emergente Uzbekistan, giunto già quattro anni fa a un soffio dalla qualificazione. Attualmente la squadra siriana è quarta nel girone a -3 dalla Corea del Sud e -6 dalla capolista Iran: solo una vittoria, ai danni della Cina, più un pareggio con i coreani e due sconfitte contro Uzbekistan e Qatar.

La situazione della Siria è resa certamente meno agevole dalla situazione interna del paese. La gara contro l’Iran si giocherà infatti in Malesia, dal momento che la nazionale siriana è impossibilitata a giocare gare sul proprio suolo: l’ultimo incontro disputato in Siria risale al 30 dicembre 2010, una sconfitta 1-0 contro la Corea del Sud. Precedentemente le gare della nazionale si sono disputate in Oman. Macao si era inizialmente offerta di ospitare le gare casalinghe della Siria per il terzo turno, salvo poi ritirare l’offerta all’ultimo momento, giustificando la decisione con preoccupazioni relative alla sicurezza e alla paura di attentati terroristici.

Nonostante la presenza di nazionali “ribelli” che rappresentano l’opposizione antigovernativa, senza però godere di riconoscimento da parte della FIFA, la nazionale siriana ufficiale è divenuta un importante strumento di legittimazione per Assad, rappresentando nell’immaginario collettivo la fedeltà al paese e alla bandiera. Un immaginario mantenuto nonostante diversi giocatori in passato abbiano dimostrato di non nutrire particolari simpatie per il regime. Eamonn Sweeney dell’Independent osserva: «I giocatori si trovano in quella che a grandi linee è una posizione impossibile. […] I giocatori che scendono in campo per la squadra nazionale sono minacciati dai ribelli e i giocatori che si rifiutano rischiano di essere puniti dal regime».

In assenza del capitano Mosab Balhous, cento presenze per la nazionale e un arresto con l’accusa di aver offerto rifugio e sostegno a dei ribelli armati anti-Assad la fascia spetterà all’attaccante Sanharib Malki, attualmente svincolato. Malki ha giocato soprattutto in Belgio e Olanda, anche se l’ultima maglia vestita è quella dei turchi del Kasımpaşa. Soprattutto, Malki è un assiro ed è ambasciatore della comunità assira in Olanda, un ruolo che impegna il giocatore in numerose apparizioni sui media olandesi e nella pubblicazione di lettere aperte alle autorità olandesi per promuovere la causa assira.

L’Iran che affronterà la Siria sarà un avversario molto particolare: nonostante il difficile rapporto tra calcio e religione nel paese, l’Iran è infatti parte della coalizione che sostiene Assad, anche in virtù dell’appartenenza del leader siriano alla fede sciita. L’Iran ha fornito a Bashar al-Assad sostegno militare e politico, e pochi giorni fa nella città sacra di Qom si sono tenuti i funerali di dieci soldati morti in Siria. In agosto le autorità iraniane avevano reso nota la volontà di segnalare le famiglie di quattrocento iraniani morti in Siria alla Fondazione per i Martiri e i Veterani, finanziata direttamente dal bilancio statale. La scorsa settimana il ministro degli esteri iraniano Mohammad Javad Zarif ha dichiarato: «Dovremmo ammettere che non c’è soluzione militare per le crisi in Yemen e in Siria. Crediamo che continuare a ricorrere a metodi militari per vincere le crisi yemenita e siriana porterà solo a più combattimenti e più spargimento di sangue».

Foto: منتخب سورية الوطني Syrian National Team (Facebook)

Chi è Damiano Benzoni

Giornalista pubblicista, è caporedattore della pagina sportiva di East Journal. Gestisce Dinamo Babel, blog su temi di sport e politica, e partecipa al progetto di informazione sportiva Collettivo Zaire74. Ha collaborato con Il Giorno, Avvenire, Kosovo 2.0, When Saturday Comes, Radio 24, Radio Flash Torino e Futbolgrad. Laureato in Scienze Politiche con una tesi sulla democratizzazione romena, ha studiato tra Milano, Roma e Bucarest. Nato nel 1985 in provincia di Como, dove risiede, parla inglese e romeno. Ex rugbista.

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