Il Giro in Albania

CICLISMO: Il Giro d’Italia è partito dall’Albania

Il 9 maggio scorso, il Giro d’Italia di ciclismo ha preso il via dall’Albania, una “Grande partenza” attesa da mesi, ufficializzata solo a gennaio dopo alcuni ritardi. La carovana del Giro – così è chiamata la macchina organizzativa a seguito della corsa rosa – è stata impegnata mercoledì nella presentazione delle squadre a Piazza Scanderbeg a Tirana e da venerdì nelle prime tre tappe della gara. Una scelta, quella di partire dall’Albania, che ha una forte valenza politica, oltre che sportiva. 

Le difficoltà organizzative

Non è una novità che i grandi giri di ciclismo partano dall’estero: in anni recenti il Giro d’Italia è iniziato da Paesi Bassi, Israele e Ungheria. Si tratta di operazioni spesso legate a questioni diplomatiche e economiche, e il caso dell’Albania non fa eccezione.

Il matrimonio tra Giro d’Italia e Albania, tuttavia, non era nato sotto i migliori auspici. Lo scorso 31 ottobre Rcs Sport – società organizzatrice del Giro – aveva posticipato la presentazione della gara a data da destinarsi, mentre venivano svelati i percorsi del Tour de France e della Vuelta a España, gli altri due grandi giri, che si svolgono rispettivamente a luglio e a settembre. Secondo Radiocorsa, programma di Rai Sport, lo slittamento era dovuto proprio alla partenza dall’Albania. Infatti, le autorità albanesi sostenevano che la stampa italiana stesse mettendo in cattiva luce il paese a causa della questione dei centri italiani per richiedenti asilo di Gjader e Shengjin. In particolare, Il Post aveva riportato che fonti rimaste anonime del governo albanese avessero storto il naso per alcuni servizi, particolarmente critici verso l’Albania, andati in onda su La7, emittente di proprietà della stessa Rcs, l’organizzatrice del Giro. Pertanto il governo albanese avrebbe chiesto di rinegoziare, al ribasso, l’accordo per portare la corsa rosa nel paese.

Alla fine, il 13 gennaio è arrivata la conferma: il Giro d’Italia sarebbe partito dall’Albania. Urbano Cairo, presidente di Rcs, ha rivelato che l’Albania, tra i paesi ospitanti delle ultime quindici partenze dall’estero, è stato quello a pagare di meno, circa 7 milioni di euro.

Un paese senza ciclismo

Come detto, le motivazioni che hanno spinto il Giro a scegliere l’Albania sono perlopiù extra-sportive. Infatti, il movimento ciclistico albanese non ha né tradizione né un grande avvenire davanti a sé. Il paese ospita una sola corsa internazionale, il Tour of Albania, e annovera un solo ciclista tesserato in squadre internazionali, Valentino Kamberaj, che però è nato e cresciuto a Bolzano.

Anche in passato, il ciclismo albanese non ha mai brillato, nemmeno all’epoca del dilettantismo, ovvero prima della caduta del Muro di Berlino, quando altri stati della regione, il cui movimento ciclistico oggi è pressoché assente, esprimevano buoni corridori. Il ciclismo albanese ha vissuto i suoi migliori, seppur modesti, anni nello scorso decennio con Ylber Sefa, che ha trovato spazio in squadre minori belghe, e Eugert Zhupa, ad oggi l’unico albanese ad aver partecipato al Giro d’Italia, prendendone parte per ben quattro edizioni consecutive, dal 2015 al 2018.

Proprio in quegli anni, si era paventata anche l’ipotesi di portare un’altra corsa italiana nei Balcani: l’Adriatica Ionica Race, una gara a tappe che avrebbe dovuto collegare Venezia ad Atene, ma che in realtà non è mai uscita dai confini italiani.

La cronaca

La prima pedalata del Giro è stata data sul lungomare di Durazzo, accolta da un discreto entusiasmo dei cittadini locali, che è invece mancato nelle zone più rurali. Nella volata finale di Tirana ha prevalso il danese Mads Pedersen, già campione del mondo nel 2019, che ha così vestito la prima maglia rosa della sua carriera. Da segnalare anche il ritiro dello spagnolo Mikel Landa, uno dei favoriti al podio finale, a causa di una rovinosa caduta negli ultimi chilometri del circuito cittadino.

Il giorno seguente i corridori hanno affrontato la prima cronometro individuale del Giro d’Italia. Quattordici chilometri attraverso la capitale albanese con arrivo sulla Bulevardi Dëshmorët e Kombit, una delle arterie principali della città, a due passi da Sheshi Italia (Piazza Italia) e dall’Arena Kombëtare, fiore all’occhiello dello sport albanese. Nelle strade di Tirana si respirava ovviamente il clima elettorale. Ad esempio, sul rettilineo finale campeggiavano luminarie con lo slogan “I love UE”, mentre le telecamere fisse poste all’arrivo hanno spesso involontariamente inquadrato due cartelloni con le scritte di protesta “Tragedia d’Italia” e “No Cpr”.

A livello sportivo, la cronometro ha premiato il britannico Josh Tarling, vincitore di tappa, e lo sloveno Primoz Roglič, favorito numero uno per la vittoria finale, che ha strappato la maglia rosa dalle spalle di Pedersen. Tuttavia il danese non ha dovuto aspettare molto per riprendersi il simbolo del primato, e nella terza tappa, con partenza e arrivo a Valona, ha regolato nuovamente la volata di gruppo, dopo aver superato senza molte difficoltà prima grande salita del Giro, la panoramica ascesa a Qafa e Llogarasë, ed è balzato in testa alla classifica grazie ai secondi di abbuono assegnati al traguardo.

I corridori hanno mosso alcune critiche alle condizioni delle strade, specialmente della discesa finale. All’arrivo, Francesco Busatto ha raccontato di essere caduto, nel tentativo di rimontare sul gruppo, a causa di una curva mal segnalata. Invece, prima della partenza, il britannico Tom Pidcock – il miglior discesista al mondo e due volte campione olimpico nella mountain bike – ha rivelato di non volersi prendere rischi sulle strade albanesi.

Il Giro d’Italia, dopo un giorno di riposo, è poi ripreso da Alberobello, chiudendo l’esperienza in terra albanese.

Un successo politico

La partenza del Giro d’Italia dall’Albania ha rappresentato un’occasione di visibilità internazionale per il paese, più che un vero investimento sul piano sportivo, a vantaggio del primo ministro Edi Rama, basti pensare che il tutto e’ avvenuto nelle ultime giornate della campagna elettorale,. Il contesto politico ha giocato un ruolo importante nella scelta,  e l’organizzazione ha retto meglio del previsto. Per Tirana è stato un banco di prova: un evento riuscito, ma che difficilmente potrà lasciare un’eredità duratura nel ciclismo locale senza un piano di sviluppo concreto.

Foto: Giro d’Italia

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