TURCHIA: Attentato all’aeroporto di Istanbul, c’è il marchio dell’Isis

Ancora un attentato a Istanbul nel cuore della Turchia, in questi mesi martoriata dal terrorismo come mai prima d’ora. Nella tarda serata di martedì 28 giugno un commando ha colpito l’aeroporto Ataturk, il terzo per volume di traffico in Europa. Mentre è ancora in corso il via vai di ambulanze davanti allo scalo internazionale, le prime informazioni parlano di due esplosioni e numerosi colpi di arma da fuoco, che hanno causato almeno 50 morti e più di 140 feriti. Le cifre sembrano però destinate ad aumentare.

A qualche ora dall’attacco, le autorità turche hanno indicato la pista dell’Isis, ma finora non si ha notizia di rivendicazioni ufficiali. Dal 2015 a oggi l’Isis non ha rivendicato nessuno degli attentati di cui è sospettato, eccezion fatta per alcuni omicidi mirati di attivisti siriani in esilio.

Come Zaventem

Mentre le informazioni si fanno meno frammentarie nonostante il consueto divieto delle autorità turche di riportare notizie sull’accaduto, è sempre più probabile che l’attentato a Istanbul di ieri sia opera dell’Isis. Molti indizi vanno in questa direzione, a partire dalla scelta dell’obiettivo. Lo scalo internazionale è un obiettivo in tutto simile all’aeroporto di Zaventem, dove una cellula di affiliati al Califfato aveva colpito lo scorso 22 marzo. Nel mirino finiscono quindi passeggeri di diverse nazionalità e viene colpito uno dei punti di passaggio più frequentati del paese.

Di ciò ne risente il settore turistico, già in forte affanno per gli attentati dei mesi passati e per gli scontri tra esercito e Pkk curdo nel sud-est del paese. Una strategia che l’Isis ha impiegato l’anno scorso in Tunisia, al museo del Bardo e poi sulla spiaggia di Sousse.

L’altro sospettato per l’attentato a Istanbul sarebbe il Tak curdo, sigla che sta per “Falchi della libertà del Kurdistan” e indica un gruppo scissionista del Pkk attivo in particolare nelle grandi città del centro e dell’ovest della Turchia. Anche il Tak ha rivendicato diversi attentati di recente, ma le differenze con quello di ieri sono davvero molte. La principale è che il Tak privilegia sempre obiettivi militari, anche se non agisce in modo da evitare del tutto vittime tra i civili.

Il marchio dell’Isis sull’attentato a Istanbul

A rafforzare la tesi della responsabilità dell’Isis c’è poi la modalità con cui si è sviluppato l’attentato all’aeroporto. Le testimonianze dei sopravvissuti parlano di un commando composto da tre uomini, di cui almeno uno armato di kalashnikov e tutti dotati di cintura esplosiva. La somiglianza con Zaventem aumenta vedendo i filmati delle telecamere interne dello scalo.

I primi due attentatori si avvicinano alla zona degli imbarchi, iniziano a fare fuoco sulla gente quando stanno per passare sotto i controlli dell’aeroporto, quindi si fanno esplodere. Nel frattempo un terzo attentatore, poco distante, inizia anch’egli a sparare sulla folla, salvo fermarsi quando sente l’esplosione dei compagni e trasferirsi in fretta al piano inferiore. Lì viene ferito da un agente di sicurezza ma riesce lo stesso a farsi esplodere.

Un attacco coordinato, dunque, gestito con una freddezza che fa pensare a una qualche forma di addestramento pregresso. Come nel caso di Bruxelles, non è detto che la cellula che ha portato a termine l’attentato fosse composta solo dai tre kamikaze, altre figure con ruoli di supporto potrebbero aver partecipato. In Turchia è attiva ormai dall’inizio dello scorso anno una cellula dell’Isis, i cui membri in origine avevano come base la città di Adıyaman. Ai suoi affiliati sono stati attribuiti, tra gli altri, gli attentati di Suruç e Ankara di luglio e ottobre 2015.

Questo gruppo rappresenta uno dei fallimenti più lampanti dell’intelligence turca, che ne ha perso le tracce quando è entrato in azione, dopo averli monitorati a lungo senza mai intervenire. Non è però da escludere l’arrivo, nelle ultime settimane, di altri affiliati dell’Isis dalla Siria con il compito specifico di compiere l’attentato a Istanbul.

Chi è Lorenzo Marinone

Giornalista, è stato analista Medio Oriente e Nord Africa al Centro Studi Internazionali. Master in Peacekeeping and Security Studies a RomaTre. Per East Journal scrive di movimenti politici di estrema destra.

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