Crisi Baku-Mosca

Crisi Baku-Mosca: facciamo il punto

Ci eravamo già occupati, alcuni mesi fa, della crisi tra la Federazione Russa e l’Azerbaigian, nata in seguito allo schianto dell’aereo di Azerbaijan Airlines diretto a Grozny. Oggi, alla luce degli sviluppi più recenti, è il momento di fare il punto sulla situazione.

Sviluppi recenti

Innanzitutto, la notizia del rafforzamento della presenza militare russa in Armenia attraverso la base militare di Gyumri ha avuto ampia risonanza. La base – più conosciuta come la 102ª base militare – è la più grande installazione russa nella regione, istituita nel 1995 operativa fino al 2044. La Direzione principale dell’intelligence ucraina (HUR) ha pubblicato un telegramma dell’attuale capo di stato maggiore del Distretto Militare Meridionale della Russia contenente l’ordine di “rafforzare” la base di Gyumri attraverso “ulteriori assunzioni di personale”.

Nonostante il rapporto ucraino, la portavoce del Ministero degli Esteri armeno ha smentito, affermando che: “In risposta a certi rapporti fabbricati che circolano sui media, la Repubblica d’Armenia ribadisce la propria posizione di principio, secondo cui il territorio della Repubblica d’Armenia non può essere utilizzato da Paesi terzi per compiere azioni militari contro nessuno degli Stati vicini.” Alcuni hanno interpretato la notizia come conseguenza delle relazioni tese tra Russia e Armenia, mentre altri l’hanno vista come una mossa volta a scoraggiare l’Azerbaigian con la minaccia di una potenziale escalation militare attraverso il territorio armeno.

A luglio, il presidente azero Ilham Aliyev ha annunciato che il Paese è pronto a intentare cause presso tribunali internazionali contro la Russia in merito allo schianto dell’aereo di Azerbaijan Airlines del 25 dicembre 2024.

Più recentemente, invece, secondo il media azero Minval, il capo della diaspora azera nella regione di Ivanovo in Russia è stato costretto a ritirare la propria candidatura alle elezioni municipali a causa di “una vasta campagna di denigrazione […] su basi etniche.” Episodio che, a detta di Baku, si inserisce nella scia delle numerose azioni e discriminazioni contro cittadini azeri in Russia.

Inoltre, come già menzionato in un precedente articolo, a seguito delle tensioni politiche tra Baku e Mosca, Aliyev ha ribadito il proprio sostegno all’Ucraina e ai legami economici e politici reciproci. Gli sviluppi in territorio ucraino hanno ulteriormente aggravato le relazioni con la Russia. In agosto, droni russi hanno colpito un deposito petrolifero nell’oblast di Odessa appartenente alla compagnia statale azera SOCAR, ferendo quattro dipendenti.

In seguito a tale evento, Zelensky e Aliyev hanno avuto una conversazione telefonica in cui hanno congiuntamente condannato i recenti attacchi e riaffermato la volontà di portare avanti la cooperazione energetica tra Ucraina e Azerbaigian. Zelensky ha sottolineato come gli attacchi siano diretti non solo contro le infrastrutture, ma anche contro la collaborazione bilaterale, mentre Aliyev ha garantito che i rapporti proseguiranno. I due Paesi intrattengono da anni legami stretti in ambito energetico e commerciale: Kyiv importa petrolio e gas da Baku, e la compagnia SOCAR ha ampliato i propri investimenti nelle infrastrutture ucraine. Prima dell’invasione russa del 2022, l’Azerbaigian aveva fornito anche equipaggiamenti militari, tra cui droni e veicoli blindati; dall’inizio della guerra, tuttavia, ha mantenuto una politica di non invio di armi, limitandosi a fornire assistenza umanitaria all’Ucraina sotto forma di attrezzature energetiche, sostegno finanziario e infrastrutturale, per un valore superiore ai 40 milioni di dollari.

Pochi giorni fa, l’8 settembre, il Servizio di Sicurezza Federale russo (FSB) ha dichiarato di aver arrestato un cittadino azero accusato di preparare un attentato contro edifici delle forze dell’ordine nello Stavropol’ su incarico dell’Ucraina.

Parallelamente, la Russia ha arrestato un uomo – di nazionalità ignota – e già ricercato dall’Azerbaigian per motivi legati al terrorismo. RIA Novosti ha aggiunto che le forze dell’ordine russe hanno ricevuto informazioni sul sospettato attraverso “canali di comunicazione urgenti contenenti una richiesta per la sua detenzione” e che Baku sembra intenzionata a richiedere l’estradizione. Questo mostra in qualche modo la prosecuzione delle relazioni in determinate circostanze.

Relazioni politiche vs economiche

Le relazioni economiche infatti continuano. Dal lato russo è stato dichiarato che i rapporti si stanno sviluppando positivamente sul piano economico e che i due Paesi sono in costante contatto. La portavoce del Ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, ha confermato questo orientamento, aggiungendo che la liberazione di 13 cittadini russi potrebbe rappresentare un passo importante verso la normalizzazione dei rapporti tra Mosca e Baku.

Lo stesso presidente russo, citato da Interfax, ha affermato che, nonostante i problemi esistenti tra Mosca e Baku, “i rapporti fondamentali tra Azerbaigian e Russia e l’interesse reciproco per il loro sviluppo metteranno infine ogni cosa al suo posto.” Ad esempio, le esportazioni russe di gas verso l’Azerbaigian hanno raggiunto i 141,6 milioni di metri cubi nel 2024.

Sviluppi regionali

Nell’ultimo mese hanno avuto luogo importanti sviluppi riguardanti il Caucaso meridionale e quindi anche il ruolo di Mosca nella regione.

L’8 agosto 2025, il primo ministro armeno Nikol Pashinyan e il presidente azero Ilham Aliyev – insieme a Donald Trump – hanno firmato l’“Accordo sull’instaurazione della pace e delle relazioni interstatali tra la Repubblica d’Armenia e la Repubblica dell’Azerbaigian” come preludio di un possibile accordo di pace duraturo. L’accordo prevede che le parti rinuncino a ogni rivendicazione territoriale, si astengano dall’uso della forza e si impegnino a rispettare il diritto internazionale. Punto fondamentale è lo sviluppo e la costruzione del TRIPP (Trump Route for International Peace and Prosperity), di cui gli Stati Uniti hanno ottenuto i diritti esclusivi per i prossimi 99 anni. Si tratta di un corridoio commerciale che collegherà l’Azerbaigian e l’exclave del Nakhchivan attraverso la regione armena Syunik. Ciò dovrebbe operare da deterrente da un’ulteriore invasione azera in territorio armeno.

L’accordo è dunque avvenuto senza la presenza di Mosca e ha portato alla dissoluzione del Minsk Group dell’OSCE – di cui la Federazione Russa era parte integrante –, che era stato il principale organo di mediazione tra Azerbaigian e Armenia durante il conflitto del Nagorno-Karabakh.

Per Mosca si tratta di una fase delicata, in cui cerca di preservare la propria presenza e il proprio controllo nella regione, ma che deve essere riconsiderata alla luce della crescente influenza dell’Azerbaigian e dell’Occidente. Una dinamica resa ancora più evidente dal (più o meno) progressivo avvicinamento tra Armenia e Azerbaigian e dal tentativo di normalizzare i rapporti tra Armenia e Turchia, processi che riducono il peso di Mosca nello scenario regionale. La crisi tra Baku e Mosca appare dunque come il sintomo di una più ampia rinegoziazione dei ruoli e delle sfere d’influenza nel Caucaso.

Chi è Denise Gislimberti

Studentessa magistrale al secondo anno del Master in East European and Eurasian Studies (MIREES). Appassionata di Caucaso e Russia, si interessa di conflitti etnici, geopolitica e l'uso della memoria collettiva come strumento di propaganda.

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