Al vertice con Donald Trump alla Casa Bianca, venerdì 8 agosto 2025, il premier armeno Nikola Pashinyan e il presidente azero Ilhan Aliyev hanno raggiunto un accordo di pace mediato dagli Stati Uniti, in cui si impegnano a rispettare l’integrità territoriale reciproca, ponendo fine a quasi quattro decenni di conflitto.
Pace in vista
L’accordo, siglato dai ministri degli esteri dei due Paesi l’11 agosto, prevede che Yerevan e Baku rinuncino a ogni rivendicazione territoriale, si astengano dall’uso della forza e si impegnino a rispettare il diritto internazionale. Il testo dell’accordo era stato negoziato tra le due delegazioni già a inizio anno. I negoziati erano stati conclusi a marzo.
“Questo accordo costituisce una solida base per stabilire una pace affidabile e duratura, frutto di un accordo tra Armenia e Azerbaigian che riflette gli interessi equilibrati dei due Paesi”, ha affermato il premier armeno Pashinyan.
Armenia e Azerbaigian sono in conflitto dalla fine degli anni ’80 – quando ancora erano entrambi parte dell’Unione sovietica – per il Nagorno Karabakh, regione montuosa all’interno dell’Azerbaigian. Baku ha ripreso il pieno controllo della regione nel 2023, spingendo quasi tutti i 100.000 armeni del territorio a fuggire in Armenia.
L’Unione europea, la Turchia e la Russia hanno accolto con favore l’accordo, sebbene Mosca, tradizionale mediatore e alleato dell’Armenia, sia stata esclusa e abbia messo in guardia contro le ingerenze straniere.
Il venturo accordo di pace segna un’espansione dell’influenza statunitense – e turca – nella regione del Caucaso meridionale, a spese della Russia – ma anche dell’Unione europea.
Le questioni ancora aperte
L’accordo vieta esplicitamente il dispiegamento di forze di terze parti lungo il confine tra i due Paesi – un possibile riferimento alla Russia, che in passato ha inviato forze di peacekeeping nella regione e ha ancora ampi interessi militari e di sicurezza in Armenia. Anche l’Unione Europea ha da poco una missione dispiegata al confine per monitorare le violazioni del cessate il fuoco, che Baku ha ripetutamente chiesto di ritirare.
L’accordo di pace dovrà ora essere formalmente firmato e ratificato dai due paesi. Resta un ostacolo la richiesta azera che l’Armenia amendi la propria Costituzione, che secondo Baku contiene implicite rivendicazioni su territori azeri. Il premier armeno Pashinyan ha indetto un referendum per modificare la costituzione, ma una data non è stata ancora fissata.
Un accordo di pace avrebbe effetti trasformativi su tutto il Caucaso meridionale, una regione ricca di risorse energetiche e attraversata da oleodotti e gasdotti, ma paralizzata da confini chiusi e conflitti decennali.
Il corridoio di Zangezur
Durante il vertice di pace alla Casa Bianca, gli Stati Uniti hanno ottenuto i diritti esclusivi di sviluppo per i prossimi 99 anni del corridoio di Zangezur, un’area transito strategico nella regione, rinominato Trump Route for International Peace and Prosperity (TRIPP). Tale corridoio collegherà via terra l’Azerbaigian con la sua exclave del Nakhchivan, attraverso la regione di armena di Syunik – che Baku minacciava di occupare con la forza.
Nonostante avesse inizialmente sostenuto l’accordo, l’Iran si è tuttavia ora detto contrario alla costruzione del corridoio logistico, che rappresenta un’alternativa alle rotte tradizionali attraverso il territorio iraniano per via del blocco turco-armeno dell’Armenia.
La sfida dell’attuazione degli accordi
In un commento per l’Atlantic Council di due ex ambasciatori statunitensi in Azerbaigian, Robert F. Cekuta e Richard L. Morningstar, l’accordo di agosto è un importante passo per la stabilità e prosperità del Caucaso, ma sarà necessario che gli Stati Uniti restino attivi nella regione per garantire il successo nella ratifica e nell’attuazione dell’accordo.
Gli ex ambasciatori si compiacciono che la Casa Bianca abbia deciso che il conflitto azero-armeno non vada solo gestito, ma possa essere risolto. Tuttavia, molto resta da fare, incluso per garantire la “connessione senza ostacoli” attraverso il territorio armeno.
La costruzione di strade, ferrovie, gasdotti e oleodotti nella regione di Syunik – da parte di imprese private statunitensi – potrà portare sviluppo a tutti gli attori della regione e contrastare l’espansione logistica e commerciale della Cina, affermano Cekuta e Morningstar.
Sarà necessario, tuttavia, anche favorire le relazioni umane tra azeri e armeni, avvelenate da decenni di conflitto. Purtroppo, gli stessi USA si sono disfatti di tanti strumenti che sarebbero stati utili a tal fine, citano i diplomatici. Forse potrà aprirsi qui un ruolo per l’Unione europea e i suoi strumenti di costruzione della pace?
Foto di sfondo: White House
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