Si torna a votare il 4 maggio in Romania per il primo turno delle nuove elezioni presidenziali, dopo l’annullamento del voto del 6 dicembre per presunte interferenze russe tramite il social media TikTok, che avevano portato in testa il candidato indipendente di estrema destra Călin Georgescu.
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Dopo le elezioni legislative del 1° dicembre, due giorni prima di Natale si è insediato il governo Ciolacu II. Il leader socialdemocratico guida un debole nuovo governo di grande coalizione tra i due partiti tradizionali, i nazional-liberali del PNL e socialdemocratici del PSD, col sostegno della minoranza ungherese.
Nel frattempo, il 10 febbraio il presidente uscente Klaus Iohannis, rimasto in carica per l’annullamento del voto, si è infine dimesso; il suo ruolo è ora affidato ad interim al leader nazional-liberale Ilie Bolojan, che è anche presidente del Senato.
A inizio marzo, la Commissione elettorale ha respinto una nuova candidatura di Georgescu, che è sotto inchiesta penale, con accuse tra cui incitamento ad azioni contro l’ordine costituzionale e sostegno a gruppi fascisti. La polizia romena ha anche trovato 10 milioni di dollari nascosti a casa della sua guardia del corpo insieme a biglietti aerei per Mosca.
La Commissione elettorale e la Corte costituzionale hanno infine convalidato la candidatura di George Simion, leader del partito di estrema destra AUR, che l’ultimo giorno possibile aveva presentato 604.000 firme (tre volte il requisito minimo) assieme all’ex primo ministro polacco Mateusz Morawiecki.
L’estrema destra parte in vantaggio
Simion entra in competizione al primo turno come favorito, ipotecando il sostegno degli elettori di Georgescu, anche se il loro voto non è scontato.
“Esistono differenze in stile e percezione tra Georgescu e Simion”, spiega la giornalista e scrittrice moldava Paula Erizanu in un webinar. “Georgescu veniva visto come guru, calmo ed educato, in grado di mischiare riferimenti religiosi e teorie del complotto, dando voce all’acuta frustrazione dell’elettorato con la classe politica romena”.
Un gentleman, insomma, nella definizione di un elettore della diaspora, mentre Simion appare come un hooligan. E nonostante questi abbia provato a rendersi più presentabile, ad esempio accostandosi alla figura di Giorgia Meloni, non è detto che gli elettori di Georgescu lo seguano in massa. Tutti i sondaggi da metà marzo vedono comunque Simion in testa, con un sostegno tra il 25% e il 35% degli elettori.
La rincorsa dell’establishment
Dall’altra parte, i partiti di governo vanno alla rincorsa: il candidato indipendente col sostegno dei partiti dell’arco costituzionale è Crin Antonescu, leader nazional-liberale fino al 2014 e da allora rimasto lontano dalla politica – ma marito della Commissaria europea ai trasporti Adina Vălean. Una figura del passato, e una scelta che “dimostra i limiti di ciò che l’establishment centrista ha compreso della crisi di dicembre”, secondo Erizanu.
“Il candidato più forte e competente che avrebbero potuto mettere in campo era Ilie Bolojan“, già presidente facente funzione, sostiene Erizanu. “E’ cresciuto molto, dimostrandosi più trasparente e comunicativo di Iohannis, attivo anche a livello internazionale, e con un buon bagaglio come sindaco di Oradea. Ma secondo vari analisti sarebbe stato difficile per i socialdemocratici sostenere il leader nazional-liberale in carica, mentre il suo stesso partito è diviso in varie fazioni”.
Per arrivare al ballottaggio, Antonescu se la dovrà vedere con altri candidati centristi, tra cui il sindaco di Bucarest Nicușor Dan. Il 55enne ex maestro di matematica e attivista per la conservazione del patrimonio culturale, fondatore del partito USR che ha poi abbandonato, è riuscito a farsi rieleggere sindaco della capitale nel 2024 nonostante abbia lanciato campagne di lavori che hanno anche creato forti disagi, come la ricostruzione della rete idrica, che ha lasciato vari cittadini senza acqua calda per quasi due anni, spiega Erizanu. “E’ un candidato anti-sistema ma sostenuto da elettori urbani e istruiti“.
Ma nei sondaggi salgono anche le quotazioni dell’ex premier socialdemocratico Victor Ponta, dimessosi 10 anni fa dopo la tragedia di halloween al Club Colectiv, dove erano morti 32 giorani, e alle proteste anticorruzione che vi erano seguite. Già avversario di Iohannis alle presidenziali di 10 anni fa, Ponta rappresenta per molti la faccia corrotta e clientelare della politica romena che ancora tarda a scomparire, e a cui si deve anche la crescita dell’estrema destra anti-establishment.
Ultima candidata, l’ex sfidante di Georgescu e leader USR Elena Lasconi non dovrebbe avere grandi speranze di passare stavolta al secondo turno.
Il ruolo della disinformazione e della Russia
Se Georgescu è stato squalificato e il voto annullato per via del suo sostegno da Mosca, Simion non è da meno: il leader AUR è già persona non grata in Ucraina e Moldavia per aver in passato incontrato spie russe a Chernivtsi – Simion ha anche perso una causa per diffamazione contro l’ex ministro della difesa che aveva rivelato tali sue frequentazioni.
La débacle di dicembre non sembra però aver ingenerato ripensamenti nella strategia social-mediatica dei candidati, anzi. Nel paese d’Europa con la più alta penetrazione del social media cinese TikTok, tutti i candidati oggi fanno affidamento ad agenzie di marketing che offrono migliaia di account finti per truccare l’algoritmo.
E sempre sui media, social e no, continuano a circolare narrative che, seppur non evidentemente pro-russe, fanno gli interessi del Cremlino. E’ il caso della narrativa delle “cure naturali”, propugnata dalle stessa moglie di Georgescu. Una recente investigazione da parte di Victor Ilie per Snoop.ro ha mostrato come Mosca abbia finanziato per anni la pubblicazione di tali teorie anti-scientifiche in Romania attraverso una agenzia londinese.
I romeni in generale non si fidano della Russia, per questioni storiche (nemmeno Ceaușescu sostenne l’invasione sovietica della Cecoslovacchia). E la barriera linguistica rende spesso goffe e identificabili le traduzioni dirette dal russo al romeno, a differenza di ciò che avviene ad esempio nella vicina Moldavia, dove buona parte della popolazione consuma media in lingua russa, spiega Erizanu.
Istituzioni e media: buone pratiche dalla Moldavia contro la disinformazione
Proprio da Chisinau, dove la scorsa primavera si è combattuta un’aspra battaglia politico-informativa, vengono alcune buone pratiche che le istituzioni romene potrebbero imitare nella lotta alla disinformazione che viene da Mosca.
“I servizi segreti e la polizia si sono aperti al pubblico come mai prima, facendo crescere la fiducia nelle istituzioni, viste come attive nell’affrontare la questione. Il pubblico si è così trovato più preparato ad affrontare le narrative di cui erano stati avvisati”, spiega Erizanu. In Romania le autorità invece non sono ancora abbastanza proattive nella comunicazione strategica.
Il giornalismo investigativo si è inoltre mostrato cruciale. In Moldavia le autorità hanno informato il pubblico che si preparava un enorme schema di compravendita dei voti, e pubblicazioni come Ziarul de Gardă hanno presentato incredibili investigazioni sotto copertura, con uno storytelling coinvolgente che ha avuto un forte impatto. Tecniche simili vengono utilizzate anche da media romeni come Recorder, per “rendere virale la verità“, nella formula utilizzata dai portavoce del governo moldavo. La fine della campagna elettorale in Romania dimostrerà se ci si sarà riusciti.