È iniziata la demolizione dello storico Hotel Jugoslavija, uno dei simboli di Belgrado e fiore all’occhiello della Repubblica Socialista di Tito. Un pezzo di storia che se ne va per sempre.
Un edificio simbolico
Quando si pensa a Belgrado vengono subito in mente il parco Kalemegdan, il boulevard Knez Mihailova, l’abbraccio del Danubio con la Sava. O ancora i palazzi di Dorćol, il quartiere bohémien di Skadarlija o la solenne decadenza di Zvezdara. Ma per decenni Belgrado si è identificata anche e soprattutto con l’hotel Jugoslavija – gioiello modernista della Jugoslavia di Tito e uno dei simboli della sua capitale – la cui struttura abbracciava alla perfezione il lessico architettonico del socialismo reale. Nonostante le numerose proteste, lo scorso 15 novembre sono iniziati i lavori di demolizione della struttura, sostituita a breve da una nuova costruzione che prevede due torri di 150 metri e che ospiterà un albergo di lusso, un’area residenziale e una di uffici.
La storia dell’hotel
Costruito nel 1960 e diventato ufficialmente operativo nel 1969 come albergo a cinque stelle, l’hotel fu uno dei più lussuosi della ex Jugoslavia e uno dei più grandi d’Europa, con i suoi mille posti letto e il suo leggendario lampadario fatto di 40.000 cristalli Swarovski e 5.000 lampadine. Posto lungo le rive del Danubio, nel quartiere di Novi Beograd, l’hotel ha incarnato per anni il progresso socialista della Jugoslavia, punto di ritrovo prediletto dai residenti locali e dai leader mondiali, tra cui la regina Elisabetta II, i presidenti degli Stati Uniti Richard Nixon e Jimmy Carter, Neil Armstrong e i reali belgi e olandesi. Il presidente Tito lo scelse come hotel di rappresentanza dopo aver ospitato nel 1961 il primo summit dei “paesi non allineati”.
L’hotel fu danneggiato dai bombardamenti della NATO nel 1999, poi venne chiuso una prima volta nel 2006, quando fu venduto a un’azienda privata che dichiarò bancarotta poco dopo. Nel 2011 non riuscì a comparire nella lista di edifici destinati a diventare “monumento nazionale”, e nel 2013 riaprì parzialmente, nonostante buona parte versasse in rovina, e infine a marzo è stato venduto durante un’asta alla MV Investment per circa 27 milioni di euro. La società è una controllata della Millennium Team, colosso dell’edilizia con una lunga storia di collaborazione con il Partito Progressista Serbo del presidente Aleksandar Vučić.
A raccontare la storia di questo albergo leggendario rimane ora Hotel Jugoslavia del regista svizzero Nicolas Wagnières, insignito dell’Orso d’Oro al Festival del Cinema di Berlino nel 2018. Nel docufilm l’hotel viene definito un “luogo mitico“, il più grande albergo dei Balcani, “simbolo e testimone” dei vari momenti chiave che plasmarono il Paese, dalla Jugoslavia di Tito alla Serbia di Milošević, dal socialismo a un liberalismo economico corrotto.
Gli ultimi anni
All’interno dell’hotel da qualche anno un tappeto di detriti copriva i pavimenti un tempo foderati da moquette rossa, mentre mobili fatiscenti sparsi qua e là restituivano l’opulenza di un tempo passato, un tempo non troppo lontano, ma decisamente distante. Poltrone sbiadite, materassi sventrati, tende cadenti e finestre rotte sono tutto ciò che restava di quel lusso che ora non c’è più, fotografia perfetta di una Serbia, quella di Vučić, che sta cadendo a pezzi. Il suo inconfondibile profilo squadrato, l’insegna dal font rigoroso e pulito che troneggiava sulla facciata ormai diroccata e tempestata di finestre rotte e di graffiti, specchio di un paese che non esiste più, ora saranno solo un ricordo.
Una sorte, quella dell’hotel Jugoslavija, già vissuta da uno dei suoi più celebri predecessori: l’Imperial Hotel di Tokyo. Dai fasti del passato alle macerie del presente, la demolizione sembra essere un fil rouge di alcune opere architettoniche che hanno brillato per un certo periodo della loro vita e che poi per alterne congiunture storiche hanno finito per essere spazzate via, per la loro obsolescenza, per lo scarso interesse nella loro conservazione, per cancellare un passato troppo ingombrante, com’è forse il caso di Belgrado, alle prese da qualche anno con un progetto di modernizzazione, il Beograd na vodi, tanto avveniristico quanto controverso. La capitale serba sta infatti vivendo una crescita frenetica e disordinata, con nuovi grattacieli che rimodellano il suo skyline. Uno sviluppo “verticale” che ha posto non pochi problemi di aumento della densità abitativa e di diminuzione della luce a disposizione per le case più basse presenti in prossimità delle nuove costruzioni.
Le proteste
La decisione di demolire l’hotel e rimpiazzarlo con una nuova struttura ultramoderna ha scatenato polemiche e divisioni: se alcuni lo considerano una specie di reliquia che merita di essere preservata, altri immaginano nuove soluzioni architettoniche che possono sorgere dalle sue rovine.
In tanti si sono mobilitati, inutilmente, per salvare l’hotel al grido di “difendiamo il Jugoslavija”, come è stata ribattezzata l’iniziativa civica che ha tentato, attraverso numerose proteste davanti all’edificio, di impedirne la demolizione. Demolizione che, secondo l’attivista Dejan Atanacković, è un atto “criminale e selvaggio” che rappresenta la cancellazione di parte del paesaggio storico della capitale serba. Secondo il portavoce degli investitori Živorad Vasić ci sarebbero diversi motivi per cui l’hotel deve essere demolito anziché incorporato nel nuovo progetto, senza tuttavia dare risposte concrete.
L’architetto e guida turistica Matija Zlatanović, che spesso porta i turisti all’hotel per spiegarne la storia, ha dichiarato che i piani per il nuovo hotel destano preoccupazioni in merito alle dimensioni degli edifici che si progetta di costruire. Tra le proteste più sentite, quelle dei vicini che dovranno affrontare la vita all’ombra futura dei grattacieli in cantiere, e che si confessano disposti a bloccare la demolizione con i loro corpi, se necessario. Chi si oppone alla demolizione ricorda come l’hotel rappresenti un pezzo di storia della città, già dalla sua posizione geografica, Novi Beograd: il quartiere che nel dopoguerra titoista e “partigianocratico” doveva realizzare ex novo il sogno o l’utopia di una capitale a misura socialista e modernista, separata anche fisicamente dalla vecchia Belgrado monarchica e piccolo-borghese.
Se quindi anche Novi Beograd seguirà le orme del progetto Beograd na vodi, rimpiazzando l’hotel Jugoslavija con nuovi scintillanti edifici, Belgrado potrà proseguire il suo stesso urbicidio continuando così la sua disneyficazione selvaggia e vagamente trash. Per la gioia del presidente Vučić e dei suoi fedelissimi.