Serbia Ucraina

SERBIA: Vendere armi è un business, ma sta diventando un problema

I Servizi segreti di Mosca accusano la Serbia di fornire in modo indiretto armi all’Ucraina. Le armi prodotte a Belgrado arriverebbero sul fronte ucraino passando da paesi terzi aderenti alla NATO. Il presidente Vučić prima nega, poi sospende tutte le esportazione di materiale militare serbo. La questione non riguarda solo il conflitto a Kiev, ma anche il Medio Oriente e in generale la politica estera serba degli ultimi anni. 

“Un tentativo di pugnalare la Russia alle spalle”. È stato definito cosi dal Servizio di Intelligence Estero russo, noto anche come SVR, il commercio di armi che vedrebbe come protagonisti principali la Serbia e l’Ucraina. Secondo l’intelligence moscovita la Serbia dal 2022 ad oggi avrebbe venduto armi e munizioni a Kiev per un valore intorno agli 800 milioni di euro. Le armi citate nel comunicato sono soprattutto sistemi difensivi e armi a lungo raggio. I paesi terzi che faciliterebbero questo scambio sono la Repubblica Ceca e la Bulgaria. Le armi arriverebbero al fronte sotto forma di componenti da assemblare e in tal modo non risultano più come realizzate in Serbia.  Un esempio è l’azienda Krušik di Valjevo, nella Serbia occidentale, che avrebbe venduto numerosi kit per l’assemblaggio di razzi da 122 mm. In questo caso i vari passaggi prima di arrivare a Kiev avrebbero riguardato le società ceche Poličske strojerní e Eling e la società bulgara EMKO.

Le reazioni a Mosca e Belgrado

La portavoce del Ministero degli Esteri russo Marija Zacharova si è detta fiduciosa del fatto che la Serbia adotterà misure adatte a contrastare i traffici illeciti di armi e proteggerà così i buoni rapporti tra i due Paesi. L’uso del condizionale riguardo queste vicende è però d’obbligo poiché la società bulgara EMKO ha smentito l’esistenza di tale commercio con l’Ucraina, mentre ha sottolineato i buoni rapporti nell’ambito della difesa tra Serbia e Bulgaria.

A seguito delle parole della portavoce russa, il presidente serbo Aleksandar Vučić lo scorso 23 giugno ha annunciato che la Serbia avrebbe sospeso ogni tipo di esportazione di materiale bellico verso paesi esteri. “A nessuno importa della Serbia. Ovunque ci sia un sospetto o un abuso da parte dell’utente finale bloccheremo i contratti. Dobbiamo assicurarci che le forniture non finiscano in prima linea”. Sul futuro, il presidente serbo ha annunciato che Belgrado creerà delle liste per classificare e suddividere i paesi in cui esportare le armi. Lo scopo è quello di controllare e selezionare meglio la destinazione delle merci.

Si tratta però di una posizione, quella assunta dal governo di Belgrado, che è cambiata nel corso del tempo, dato che lo stesso presidente aveva in passato sostenuto che gli fosse impossibile controllare, o tanto meno influenzare, le decisioni riguardo la destinazione delle armi prodotte in Serbia e vendute a paesi terzi.

Quanto valgono le armi per Belgrado?

Le esportazioni di materiale bellico sono per Belgrado un importante fattore economico, il paese è il 15° produttore in Europa, ma in termini di occupazione nel settore la sua posizione sale fino al 5° posto. Secondo Vučić,  ci sarebbero 23-24.000 dipendenti diretti in questo comparto statale e altri 25.000 lavoratori sarebbero coinvolti indirettamente tramite il settore privato.

Da Kiev non ci sono stati commenti sulla questione, ma è da segnalare che solo pochi giorni prima Vučić aveva fatto la sua prima visita di stato in Ucraina e in particolare a Odessa, una delle città più colpite da bombardamenti russi, per partecipare al terzo vertice tra Ucraina e paesi dell’Europa sud-orientale assieme ad altri leader della regione balcanica.

A inizio maggio invece il presidente serbo aveva partecipato a Mosca alle celebrazioni degli 80 anni dalla sconfitta del nazifascismo. Una decisione che gli è costata pesanti critiche da parte di Bruxelles, che come spesso accade sono però rimaste solo su carta.

La questione delle armi serbe riguarda anche il Medio Oriente. Sebbene negli ultimi giorni il governo serbo abbia annunciato una sospensione nell’invio di armi a Tel Aviv, i rapporti diplomatici e commerciali con Israele, nati negli anni ’90 con la dissoluzione della Jugoslavia, non sembrano a rischio. Rispetto al 2023 gli scambi commerciali tra i due paesi sono cresciuti del 63% e solo nel 2024, l’azienda statale Yugoimport‑SDPR ha venduto a Tel Aviv armi e munizioni per circa 23 milioni di euro. Dallo Stato Ebraico gli investimenti in Serbia negli ultimi anni hanno invece avuto un valore complessivo di circa 3 miliardi di dollari.

Una questione molto più ampia

Il possibile commercio triangolare di armi tra Serbia e Ucraina non rappresenterebbe nemmeno una novità poiché già nell’aprile 2023 vennero resi pubblici documenti dell’intelligence statunitense dove la Serbia figurava tra i paesi che inviavano armi a Kiev. Tali avvenimenti però descrivono perfettamente la situazione geopolitica che sta vivendo la Serbia  dal febbraio 2022, quando Putin annunciò l’invasione su larga scala dell’Ucraina.

Belgrado si trova a cercare un continuo bilanciamento tra gli interessi economici che condivide con l’Europa e con l’Occidente e i legami politici e culturali che invece la attirano verso Mosca. Un ruolo che Vucic è riuscito fino ad ora a gestire con furbizia e che gli ha anche permesso di restare al potere nel paese per oltre 12 anni.

Foto: Radio Slobodna Evropa

Chi è Andrea Mercurio

Ho 26 anni, sono laureato in Scienze Politiche, amo scrivere in ogni modo e in ogni forma. Sono appassionato di Storia e Attualità, da qualche anno mi sono interessato in particolare ai Balcani.

Leggi anche

Chiese

SERBIA: Quando la religione entra in politica. I rapporti tra le Chiese ortodosse di Mosca e Belgrado

Le Chiese ortodosse di Mosca e Belgrado svolgono un ruolo fondamentale nella determinazione dei rapporti tra Russia e Serbia.

WP2Social Auto Publish Powered By : XYZScripts.com