Di Beatrice Pirri
Sabato 28 giugno una nuova protesta ha attraversato le strade di Belgrado, con una partecipazione stimata di 140.000 persone, secondo l’ONG “Archivio delle manifestazioni pubbliche”. Questa manifestazione è l’ultima di una lunga serie iniziate lo scorso novembre, dopo il crollo della pensilina della stazione ferroviaria di Novi Sad, che causò la morte di 16 persone.
Il 28 giugno, Vidovdan, giorno in cui si celebra la memoria del martirio di San Vito, è una delle date più significative e ricorrenti nella storia serba a partire dalla battaglia della Piana dei Merli del 1389. Gli studenti hanno scelto questa data simbolica come ultimatum al governo riguardo due richieste: indire elezioni parlamentari anticipate e sgomberare l’occupazione del Parco dei Pionieri, situato al centro della città tra il Parlamento e il governo, dove da marzo sono presenti tende occupate da gruppi filogovernativi. L’ultimatum è stato respinto dal presidente Aleksandar Vučić alla vigilia della manifestazione, giudicato come un’imposizione da parte di potenze straniere attraverso i loro rappresentanti locali, usando la sua consueta retorica che descrive i manifestanti come agenti stranieri. Come aveva già fatto in seguito alla protesta del 15 marzo, il presidente serbo ha organizzato in parallelo una contromanifestazione al Parco dei Pionieri chiamata “serata letteraria”, mobilitando persone che sono state trasportate in autobus da tutta la Serbia.
Scontri tra manifestanti e polizia
La tensione era già palpabile ancora prima della protesta: venerdì il Tribunale Superiore di Belgrado ha dichiarato di aver posto in custodia cautelare cinque persone “sospettate di preparare un atto contro l’ordine costituzionale e la sicurezza della Serbia”. Come avevano già fatto per la protesta del 15 marzo, gli studenti addetti alla sicurezza hanno scritto sul proprio avambraccio il gruppo sanguigno e i numeri di telefono dei genitori, gesto che riflette la paura reale di essere arrestati o di subire violenze.
La protesta di sabato è iniziata in modo pacifico con i consueti sedici minuti di silenzio, tanti quanti le vittime della tragedia di Novi Sad. Le tensioni sono aumentate nel corso della serata, quando dei gruppi di manifestanti si sono diretti verso il Parco dei Pionieri. Intorno alle 21 sono scoppiati degli scontri con la polizia, che impediva l’accesso all’area intorno all’accampamento. Durante gli scontri, il gruppo di organizzatori delle proteste studentesche (Studenti u Blokadi) ha dichiarato che ogni ulteriore aumento della violenza è responsabilità del governo. In seguito a questa escalation sono state arrestate 77 persone, come dichiarato dal Ministro dell’Interno Ivica Dačić.
Blocchi stradali dopo le proteste
Domenica 29 giugno gli studenti hanno organizzato un’ulteriore protesta davanti alla Procura Superiore e alla Questura di Belgrado, chiedendo la liberazione dei manifestanti arrestati la sera precedente. In reazione all’arresto di due studenti della Facoltà di Agraria di Zemun, nel corso della serata sono stati avviati una serie di blocchi stradali, che si sono rapidamente diffusi in varie zone della città e del Paese. Come riportato dalla newsletter “CRTA Protests Overview” del Centro per la ricerca, trasparenza e responsabilità (CRTA), la polizia è intervenuta per sgomberarne alcuni, arrestando numerosi partecipanti nel corso della notte.
Miloš Vučević, presidente del Partito Progressista Serbo (SNS), ha dichiarato che, anziché indurre il presidente Vučić a indire nuove elezioni, i blocchi stradali “provocano in lui esattamente l’effetto opposto”.
La situazione rimane tesa: i blocchi stradali e gli arresti proseguono in varie parti della città. A Zemun, alcuni cittadini hanno segnalato la presenza di agenti con il volto coperto da passamontagna, che hanno intimano i manifestanti a sgomberare l’area e a porre fine all’occupazione delle strade.
Foto: Jelena Mrđa/Vreme