Le condizioni fisiche di Aleksej Navalny stanno peggiorando. L’oppositore politico del presidente Vladimir Putin – arrestato a gennaio 2021 e condannato a tre anni e mezzo di carcere – è attualmente in sciopero della fame, in protesta contro le autorità penitenziarie per la mancata visita di un dottore da lui richiesto. Infatti, Navalny ha accusato un forte dolore alla schiena, l’intorpidimento di entrambe le gambe, oltreché la febbre e una grave tosse. “Perché i prigionieri fanno lo sciopero della fame? Questa domanda dà fastidio solo a coloro che non sono stati prigionieri. All’esterno sembra complicato. Ma dall’interno è semplice: non hai altri metodi di lotta, quindi dichiari uno sciopero della fame”, recita il suo post su Instagram del primo aprile.
Le condizioni di Navalny
Nel penitenziario, a tre carcerati è stata recentemente diagnosticata la tubercolosi. Tuttavia, secondo i legali di Navalny, le condizioni fisiche del loro assistito potrebbero essere le conseguenze dell’avvelenamento da Novichok subito mesi fa, oppure i sintomi di un’ernia del disco. Martedì 5 aprile, Anastasia Vasilyeva, dottoressa di Navalny, si è recata in protesta davanti al carcere di Pokrov – dove l’oppositore di Putin è detenuto – chiedendo di poter visitare il suo cliente. Vasilyeva ha dichiarato di riconoscere “chiaramente i sintomi che ha in questo momento, i quali possono portarlo a una grave condizione [fisica], e persino alla morte”. La dottoressa – insieme ad alcuni giornalisti presenti sul luogo – è stata poco dopo arrestata dalle forze dell’ordine russe.
Il giorno stesso, Navalny è stato trasferito nell’unità medica del carcere di Pokrov. Secondo il comunicato ufficiale, infatti, Navalny avrebbe mostrato sintomi di una malattia respiratoria. Per ora, l’unico test effettuato – quello del Covid-19 – è risultato negativo. Tuttavia, Navalny non terminerà il suo sciopero della fame fino a quando non sarà visitato dal suo medico di fiducia.
Il penitenziario di Pokrov: “un vero campo di concentramento”
Navalny ha inoltre accusato le autorità penitenziarie di “tortura della privazione del sonno”, essendo constantemente svegliato otto volte la notte. In un post su Instagram, il suo staff ha riportato le sue parole: “Devo ammettere che il sistema carcerario russo è riuscito a sorprendermi. Non potevo immaginare che fosse possibile organizzare un vero campo di concentramento a 100 chilometri da Mosca”. Là, “la vita di un detenuto vale meno di un pacchetto di sigarette”.
Tale posizione è stata subito smentita dall’ex detenuta Maria Butina, tramite la tv di stato RT. Butina ha definito il carcere “esemplare” e simile a “un campo scout”. Eppure, due anni fa, la stessa RT aveva pubblicato un’intervista all’ex carcerato Dmitry Demushkin, il quale – nel descrivere la detenzione a Pokrov – aveva parlato di condizioni disumane e di aver perso quaranta chili.
Di conseguenza, l’attivista e Segretario Generale di Amnesty International, Agnès Callamard, ha inviato una lettera al presidente russo Putin sulle condizioni di Navalny. “C’è una reale prospettiva che la Russia lo stia sottoponendo a una morte lenta. Gli deve essere garantito l’accesso immediato a un dottore di sua fiducia e deve essere liberato”, ha dichiarato Callamard in un post su Twitter. Tuttavia, il portaparola del Cremlino, Dmitry Peskov, ha affermato di non essere al corrente della lettera di Amnesty International e che, comunque, nessun “trattamento speciale” sarà garantito ad alcun detenuto.
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