RUSSIA: L’ultimo appello all’Europa? Diritti e libertà minacciati dalle modifiche costituzionali

Ha superato le 150mila firme l’appello, lanciato da 120 giuristi, attivisti, esperti e politici russi sulla piattaforma Change.org, con cui i cittadini si rivolgono direttamente al Consiglio d’Europa perché esprima un suo parere in merito alle modifiche costituzionali che le camere del parlamento russo hanno recentemente approvato e che verranno sottoposte a referendum popolare (inizialmente previsto per il 22 aprile, è rinviato a causa dell’emergenza coronavirus). Tra i provvedimenti vi è l’azzeramento dei mandati presidenziali, condizione che permetterà a Putin di ricandidarsi nel 2024. Gli autori della petizione sottolineano anche la natura “incostituzionale” dell’iter attraverso il quale queste modifiche sono state presentate e approvate nel primo trimestre dell’anno. Si legge nell’appello:

Le modifiche proposte rafforzano la potente e per nulla democratica verticale del potere; minacciano la tutela dei diritti dell’uomo; aggravano il disequilibrio nel sistema di bilanciamento dei poteri, indeboliscono l’indipendenza del sistema giudiziario; centralizzano ancor di più l’amministrazione statale a danno dei soggetti federali russi e restringono in maniera significativa l’autonomia delle amministrazioni locali.

Queste modifiche non sono volte a migliorare il funzionamento del sistema politico russo, ma mirano alla conservazione del potere da parte delle attuali élite politiche e all’esclusione di qualsiasi prospettiva di sviluppo di istituzioni democratiche e giuridiche. La cosa, tuttavia, più importante è che includono l’azzeramento dei mandati presidenziali dell’attuale capo di Stato, permettendogli di candidarsi nuovamente a due mandati della durata di sei anni ciascuno, e ciò dopo oltre vent’anni al potere. Tutto questo va a violare il principio fondamentale di uno stato democratico: l’alternanza politica.

Già il 23 gennaio Novaja gazeta aveva pubblicato un manifesto contro quello che veniva definito un vero e proprio “golpe costituzionale” (un testo che abbiamo tradotto e pubblicato qui). Allora lo firmarono 22mila persone. Questa volta oltre 150mila cittadini russi scelgono di rivolgersi direttamente a un organo internazionale, alla Commissione di Venezia del Consiglio d’Europa. Si tratta di un organo consultivo preposto a fornire una consulenza giuridica ai paesi membri del Consiglio. Per quanto riguarda simili progetti costituzionali, essi devono rispettare gli standard internazionali in termini di diritti umani, democrazia e pubblica amministrazione.

Diritto internazionale e diritto russo

La Russia ad oggi fa parte del Consiglio d’Europa, ma proprio nel pacchetto di modifiche costituzionali è prevista un’esplicita limitazione della preminenza del diritto internazionale su quello interno russo. Vale a dire, in pratica, che l’articolo 15 della Costituzione della Federazione Russa dovrà essere riscritto. Il quarto comma infatti sancisce che

i principi e le norme di diritto internazionale universalmente riconosciuti e i trattati internazionali della Federazione Russa costituiscono parte integrante del suo sistema giuridico. Se un trattato internazionale della Federazione Russa stabilisce norme diverse da quelle previste dalla legge, si applicano le norme del trattato internazionale.

Al momento non è ancora chiaro come questo comma verrà modificato. Tuttavia, la volontà di riscriverlo sancisce l’intenzione da parte del legislatore russo di creare un meccanismo costituzionale cui appellarsi legittimamente al fine di sottrarsi all’obbligo di rispettare determinate norme e risoluzioni del Consiglio d’Europa – in particolare, presumibilmente, della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU), spesso punto di riferimento per i cittadini russi, cui si rivolgono in ultima istanza per la difesa dei loro diritti. Non è escluso che Mosca abbandoni del tutto il Consiglio d’Europa, benché solo lo scorso anno, dopo cinque anni di sospensione in seguito all’annessione della Crimea, vi abbia riguadagnato il diritto di voto: dopotutto, già durante quel periodo si era assistito non solo al boicottaggio russo delle riunioni e al mancato pagamento della quota al Consiglio, ma anche alla minaccia da parte di Mosca di lasciare l’organo. Se ciò si realizzasse, sarebbe la fine per appelli come questo.

Sulla carta, la Costituzione russa non è peggiore delle costituzioni europee, non contraddice gli standard democratici internazionali e osserva i diritti e le libertà fondamentali dell’uomo. Tuttavia, gli innumerevoli appelli alla Corte con sede a Strasburgo, secondi per numero solo a quelli provenienti dalla Turchia al 2019, evidenziano come i cittadini russi non si sentano tutelati dalla propria legislazione e dal proprio sistema giudiziario.

Dal 2015 una legge firmata dal presidente Putin sancisce inoltre che le decisioni della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo siano subordinate alla Corte costituzionale russa, che può disconoscere la necessità di applicare le risoluzioni della prima. La Russia è l’unico dei 47 paesi membri ad aver introdotto un tale provvedimento. Da allora la Corte costituzionale russa ha rigettato due risoluzioni della CEDU. La modifica dell’articolo 15 potrebbe sancire in maniera definitiva che, in materia di diritti dell’uomo (ma non solo), a decidere è solo Mosca.

Chi è Martina Napolitano

Dottoressa di ricerca in Slavistica presso l'Università di Udine, è direttrice editoriale di East Journal e scrive principalmente di Russia.

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