RUSSIA: La stagione di repressioni contro gli studenti universitari

di Sergio Urussov

A causa della partecipazione a movimenti di opposizione politica, molti studenti russi si vedono adesso costretti a fronteggiare le conseguenze della loro presa di posizione in favore della democrazia, contro la repressione e la strumentalizzazione della giustizia. Uno di questi è Egor Zhukov, studente di scienze politiche della Higher School of Economics (HSE) di Mosca, condannato il 6 dicembre a tre anni di detenzione con la condizionale. Il suo caso è sintomatico della chiusura degli esigui spazi di libertà rimanenti in ambito accademico, ma non solo.

Il caso di Egor Zhukov

Il 6 dicembre si è concluso a Mosca il processo dello studente della HSE Egor Zhukov, uno dei venticinque imputati per i fatti del 27 luglio. Quel giorno si tenne una delle più importanti proteste “per elezioni pulite” il cui elemento scatenante fu l’esclusione dei maggiori candidati dell’opposizione alle elezioni della Duma di Mosca. Queste manifestazioni sono state duramente represse dalle forze dell’ordine, accusate a più riprese di aver fatto uso eccessivo della forza contro manifestanti inermi (e persino passanti ignari). Amnesty International ha parlato di un attacco senza precedenti alla libertà di manifestare, di arresti ingiustificati e condanne arbitrarie effettuate nell’ambito di una campagna di intimidazione di massa, nonostante il carattere pacifico delle proteste.

Egor Zhukov, inizialmente accusato di aver organizzato e preso parte a manifestazioni non autorizzate (il capo d’accusa è stato poi ritirato), si è successivamente dovuto difendere dall’accusa di istigazione all’estremismo. Il Pubblico Ministero aveva richiesto per il giovane studente moscovita, una condanna a quattro anni di colonia, a fronte dei cinque previsti come pena massima per il capo d’accusa in questione. Se l’è finalmente “cavata”, come detto, con tre anni con la condizionale. Zhukov era stato arrestato il 3 agosto, pochi giorni dopo aver pubblicato un video sul suo canale Youtube in cui esortava a sostenere i manifestanti antigovernativi arrestati nei giorni precedenti. I video pubblicati da Zhukov sono al centro della faccenda giuridica nella quale si è trovato invischiato e che gli è valsa il dubbio onore di vedere il suo nome iscritto sulla lista nera degli estremisti e terroristi compilata dal Rosfinmonitoring. Durante l’ultima udienza del processo, Zhukov aveva dichiarato che ad essere sotto processo in quella corte erano le sue parole e il significato attribuitogli. Un’imponente campagna di solidarietà in favore di Zhukov e degli altri imputati si è messa in moto sin dal mese di agosto, senza purtroppo sortire gli effetti desiderati (quella di Pavel Ustinov è una felice quanto isolata eccezione). Secondo la corrispondente a Mosca della BBC Sarah Rainsford questa sentenza è comunque quanto più si avvicina a un’assoluzione nella Russia odierna (un parere espresso anche dal noto rapper russo Oxxxymiron, molto attivo sin dall’inizio dell’affaire di Mosca). È bene infatti ricordare che meno dell’un per cento dei processi in Russia termina con un’assoluzione.

Repressione nel mondo accademico

Perché il caso di Egor Zhukov è significativo e come siamo giunti a questo punto? Per capirlo è necessario fare un passo indietro. Come accennato precedentemente, l’estate moscovita è stata attraversata da una serie di movimenti che hanno dato luogo a un numero insolito, per numero e partecipazione, di manifestazioni. Diversi osservatori hanno rimarcato la grande partecipazione degli studenti e in generale dei giovani a questo movimento, un dato in controtendenza rispetto a quanto sottolineato dalle indagini sociologiche effettuate negli ultimi anni che evidenziavano l’apatia politica dei giovani ed in particolare della cosidetta Generazione Z (ovvero quella che nel corso della sua vita ha non mai visto un inquilino diverso da quello attuale al Cremlino).

Non sorprende quindi il fatto che, oltre a Zhukov, altri quattro studenti universitari siano stati coinvolti in quello che la stampa russa ha ribattezzato il moskovskoe delo, il caso Mosca. Benché due di loro, Daniil Kanon e Valerij Kostenok, siano stati giudicati innocenti, i rimanenti, Ajdar Gubajdulin e Andrej Baršaj, sono tuttora in attesa di giudizio. Gli involontari protagonisti di questa faccenda, così come i loro colleghi, rischiano oltretutto di non poter continuare gli studi universitari. Il portale OVD-info, specializzato nel monitoraggio di proteste, arresti e repressioni, riporta che diversi rettori di università moscovite hanno dichiarato durante l’estate che i partecipanti alle manifestazioni, qualora fossero sanzionati a livello amministrativo o penale, sarebbero stati espulsi dai rispettivi corsi di studio. Nonostante le leggi federali non facciano menzione dell’espulsione di uno studente in seguito a una sanzione amministrativa o penale, lo statuto di molte università lo prevede. Le regole della HSE, per esempio, stabiliscono che uno studente non debba violare “l’ordine pubblico”. Molte università usano formulazioni estremamente vaghe che possono essere interpretate in diversi modi. Ad esempio, le regole della facoltà di giurisprudenza dell’Università Statale di Mosca obbligano gli studenti a “essere disciplinati” e a “comportarsi con dignità”. Cosa questo implichi precisamente non viene specificato. Pertanto, secondo il giurista Tural Ibragimov, dell’organizzazione “Rus’ Sidjaščaja”, sulla base di questi elementi  “qualsiasi comportamento di attivismo civile da parte di uno studente, può essere considerato deviante e servire da base per la sua espulsione“.

Il tallone di ferro delle autorità

Alla luce degli ultimi sviluppi non sembra quindi esagerato prevedere un futuro prossimo nel quale la libertà di espressione nel mondo accademico e studentesco sarà ulteriormente limitata. Riprova ne è quanto accaduto in questi giorni alla rivista studentesca DOXA dell’università HSE. La rivista si è vista revocare lo statuto di organizzazione studentesca da parte del comitato universitario in carica della gestione dei finanziamenti a quest’ultime. Secondo uno dei responsabili, alcuni dei loro articoli avrebbero leso la reputazione dell’istituto. DOXA aveva pubblicato nel corso dell’estate un articolo critico nei confronti di uno dei candidati filo-governativi alla Duma di Mosca e aveva partecipato alle campagne di solidarietà in favore degli imputati dell’affaire di Mosca.

L’ondata repressiva non sembra nemmeno fermarsi ai confini della Russia. Lo scorso 27 novembre la sociologa francese ed esperta di movimenti sociali Karine Clément, che doveva tenere una conferenza a Mosca sui gilets jaunes, si è vista rifiutare l’ingresso in terra russa in quanto “minaccia per la sicurezza nazionale” secondo lo FSB.

foto: Yuri Kadobnov/AFP/Getty Images

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