Northern Sea Route

Northern Sea Route: la presa sull’Artico si rafforza tra Russia e Cina

Definita come il “banco di prova” per la politica artica del Cremlino, la Northern Sea Route (NSR) torna al centro del dibattito sugli sviluppi della regione. Nonostante l’economia russa continui a essere fortemente segnata dalle sanzioni internazionali, ingenti investimenti vengono rivolti verso la rotta, rafforzati dal recente accordo tra Russia e Cina di svilupparla e commercializzarla ulteriormente.

L’importanza della NSR per la strategia russa

La Northern Sea Route rappresenta per Mosca la principale infrastruttura nazionale nella regione e un simbolo di sovranità. Promossa dal governo russo come asse prioritario di sviluppo, ricopre una parte fondamentale all’interno di un piano a dir poco ambizioso; infatti, Mosca prevede di costruire, entro il 2035, nuovi porti, rompighiaccio e centri logistici, nel tentativo di garantire una navigazione quasi permanente lungo le coste settentrionali. L’obbiettivo è chiaro: ridurre notevolmente i tempi richiesti per attraversare l’Europa e l’Asia. L’attraversamento tramite la NSR sarebbe in grado di ridurre del 50% suddette tempistiche, risultando quindi preferenziale rispetto alle tratte canoniche che passano per il canale di Suez o di Panama. Non sorprende, dunque, che la NSR susciti crescente interesse in Paesi come India o Cina, che ha avviato una cooperazione strutturata con Mosca per sviluppare e commercializzare il corridoio artico. Tuttavia, come emerso anche all’Arctic Circle Assembly di Reykjavík, l’attrattiva economica della rotta si scontra con numerose incognite: la stagionalità dello scioglimento dei ghiacci, la presenza imprevedibile di drift ice (presenza di blocchi di ghiaccio distaccati dalle coste e fluttuanti in acqua ndr) spinto da venti e correnti e le condizioni meteorologiche instabili che rendono impossibile garantire una navigazione regolare.

Non è tutto oro quel che luccica

Nonostante l’enfasi di Mosca sul potenziale strategico della Northern Sea Route, gran parte degli esperti rimane scettica sulla sua reale sostenibilità commerciale. In aggiunta alle difficoltà legate ai cambiamenti climatici e all’asprezza della regione, la rotta artica è caratterizzata da un’assenza quasi totale di infrastrutture: tra Murmansk e lo Stretto di Bering la NSR attraversa oltre 2.500 miglia di tundra siberiana disabitata, priva di porti attrezzati, stazioni di soccorso e punti di supporto tecnico. In caso di avarie o incidenti, le navi non possono contare su assistenza rapida, un fattore che si traduce in premi assicurativi molto elevati e costi operativi maggiori. Nonostante via la NSR si possano risparmiare giorni di navigazione e relativi costi di carburante, questi vantaggi vengono spesso annullati dalle difficoltà logistiche e dall’incertezza climatica. Inoltre, nonostante la disponibilità da parte della Russia di accogliere anche operatori occidentali sulla NSR, attualmente la rotta viene utilizzata quasi esclusivamente da navi russe o cinesi a causa delle sanzioni legate alla guerra in Ucraina. Ad oggi, il parere generale è che, per quanto sia ambizioso, il progetto NSR rimanga ancora lontano dal pieno potenziale commerciale, circondato da limiti infrastrutturali e di supporto, dai costi elevati e da un commercio troppo ristretto.

La Cina può veramente essere la svolta?

Nell’attuale contesto in cui si trova la Russia, la crescente cooperazione tra Russia e Cina sulla Northern Sea Route rappresenta una delle evoluzioni più significative nella geopolitica artica post-2022. La firma dell’accordo avvenuta a Harbin tra il direttore di Rosatom, Alexey Likhachev, e il ministro cinese dei Trasporti, Liu Wei, conferma la volontà di entrambe le parti di consolidare una partnership strategica nel Grande Nord. Se per la Russia si tratta di superare le sanzioni occidentali e di espandersi maggiormente verso i mercati asiatici, per la Cina si rivelerebbe un punto di svolta: oltre a contribuire al superamento del “Malacca dilemma”, questo accordo si posizione all’interno di un progetto più ampio, la Polar Silk Road. Gli investimenti previsti spaziano dalla modernizzazione portuale alla costruzione di nuovi rompighiaccio fino a sistemi avanzati di gestione del traffico navale, mentre la flotta cinese continua a dotarsi di navi ice-class con tecnologia bidirezionale. Risulta evidente che la cooperazione sia più dettata dalla convenienza che da una reale fiducia reciproca: come osservato con ironia dall’Ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone, per Mosca si tratta di un matrimonio, per Pechino di una relazione extraconiugale in cui la Russia recita il ruolo dell’amante. Solo la Russia, infatti, ha accettato di sviluppare con la Cina la Polar Silk Road, e la collaborazione procede tra diffidenze strutturali e asimmetrie di potere sempre più accentuate. Nonostante ciò, l’instabilità delle rotte meridionali, aggravata dagli attacchi Houthi nel Mar Rosso, offre alla NSR una nuova visibilità strategica, almeno nei mesi estivi in cui la navigazione è possibile. Come affermato da Likhachev, le decisioni odierne mirano a trasformare questa cooperazione in progetti di grande portata e a “diversificare le rotte commerciali globali”. Resta da vedere, tuttavia, se la rotta artica potrà davvero evolversi da ambizioso corridoio geopolitico a infrastruttura commerciale matura e affidabile, o se continuerà a rimanere un progetto più simbolico che operativo.

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Chi è Camilla Valle

Laureata in Lingue Straniere presso UniTo, si sposta sulle Relazioni Internazionali studiando East European and Eurasian Studies presso l'Università di Bologna. Principale interesse nella sicurezza e difesa dell’area artica e russa. Attenzione crescente verso la regione dell'Asia Centrale e i suoi sviluppo geopolitici.

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