TURCHIA: Ankara invade l'Iraq del nord

di Matteo Zola

di Shido Fukada, ritratto di una guerrigliera del Pkk

L’esercito turco, uno dei più potenti al mondo (con più di 400mila effettivi secondo il Congresso americano*) e dei meglio armati, ha passato la frontiera con l’Iraq deciso a scovare le basi del Pkk – il partito armato curdo responsabile di alcuni attentati contro militari nel Kurdistan turco. Un’operazione militare che ha suscitato il biasimo del partito democratico curdo (BDP) – il partito della minoranza curda in Turchia – che ha chiesto ad Ankara e al Pkk di “posare le armi”.

Ma i ventidue battaglioni d’élite turchi hanno già passato il confine per quello che si preannuncia come una grande operazione via terra. Raid aerei hanno già cominciato nei giorni scorsi a bombardare le montagne e i campi d’addestramento curdi. Il presidente americano Barack Obama, dopo aver definito “atroci” gli attacchi del Pkk e aver ribadito il suo appoggio ad Ankara “alleato strategico”, si è detto preoccupato per l’invasione dell’Iraq del nord.

Il Kurdistan iracheno, anche chiamato Regione autonoma del Kurdistan, è un’entità federale e autonoma nel nuovo Iraq post-Saddam, internazionalmente riconosciuta, che dispone di un proprio minuscolo esercito: le “Guardie regionali curde” (Kurdish Regional Guards), chiamate anche Peshmerga, dotate di solo armamento leggero. Troppo poco per contrastare i guerriglieri del Pkk – ai quali il governo curdo dell’Iraq del Nord, con sede ad Arbil, ha sempre guardato con favore.

Il Pkk fa riferimento al KcK – Unione delle comunità curde – un partito irredentista curdo con base in Iraq settentrionale, il cui leader, Murat Karaylan, dichiarò già nell’estate del 2010 di “attendersi un’invasione turca. Ankara aspetta solo una scusa per poterci attaccare”.

Ma quali sono i rapporti tra il KcK e il governo curdo-iracheno di Arbil? Complessi e ambigui. Ankara accusa Ambril e Baghdad di non aver fatto abbastanza per liberarsi del Pkk. Dal canto suo Baghdad, che sta assistendo al ritiro delle truppe americane e vive un delicatissimo periodo di transizione, si dice pronta a cooperare mettendo a disposizione i suoi peshmerga. Che le autorità curde dell’Iraq del nord siano state tiepide nei confronti del KcK e del Pkk è un segreto di pulcinella ma non è sufficiente per gettare loro la croce addosso, visto anche il contesto iracheno.

L’invasione turca è l’ottava dal 1991,forse non sarà l’ultima ma certo aggiunge squilibrio in un’area già turbolenta.

LEGGI ANCHE: Gli attacchi del Pkk e i raid di Ankara. Che succede all’indipendentismo curdo?

Country Profile: Turkey, p. 25

Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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