La fine dei croati di Letnica

Da ottocento anni vivono in Kosovo, tra le montagne della Skopska Crna Gora, il massiccio montuoso che separa il Kosovo dalla Macedonia: sono i croati di Letnica. Prima del 1990 erano quattro i villaggi della minoranza croata, da sempre minacciata -cattolica tra ortodossi e musulmani- e da sempre nascosta tra le montagne. Oggi sono villaggi fantasma. Letnica era (ed è) il capoluogo del Kosovo croato, poco più di 3.700 abitanti in totale dei quali oggi non resta quasi nessuno. Una comunità minuscola eppure antica, ma il calvario dei croati di Letnica è cominciato nel 1991. Vojislav Seselj, alla testa delle sue milizie nazionaliste serbe, allora spadroneggiava nella regione. «I croati non vanno sgozzati con un coltello, bensì con un cucchiaino arrugginito», assicurava all’epoca.

Poi vennero i tempi dei bombardamenti della NATO e del protettorato internazionale.  Gli alleati atlantici si dimostrarono presto del tutto incapaci di proteggere le minoranze del Kosovo. Intimidazioni, minacce, aggressioni e continui furti: i croati se ne sono andati, talvolta anche con la complicità dei soldati della Kfor. Il 31 ottobre 1999, 293 abitanti di Letnica sono stati evacuati su dei camion dai soldati della NATO verso la vicina Macedonia, e in seguito trasferiti in aeroplano in Krajina dal governo di Zagabria per ripopolare un villaggio della Lika, abbandonato dai suoi abitanti serbi. Una sorta di deportazione a scopo di protezione, una protezione che la Kfor non sapeva garantire altrimenti.

Oggi a Letnica non restano che 55 croati, in maggioranza anziani. Incapaci di proteggere il loro villaggio, hanno visto insediarvisi numerosi albanesi, originari di Brest in Macedonia. La polizia sembra chiudere un occhio e le pattuglie americane che girano nella valle sono incapaci di assicurare la sicurezza benché, per 55 persone, sarebbe bastata una pattuglia di marines.

Di qui a pochi anni i croati di Letnica, eredi di una storia plurisecolare, saranno scomparsi. Questo villaggio isolato non rappresentava alcun pericolo per i nazionalisti albanesi, perché allora un tale accanimento nello svuotarlo dei suoi abitanti? Forse perché a qualche ora di cammino, lungo sentieri tortuosi, si arriva a Brest, villaggio isolato sulla montagna macedone, zona “fuorilegge” deputata al traffico di armi e droga, dato che la frontiera è controllata in modo molto blando dall’esercito americano.

Isolati sulla Skopska Crna Gora molti villaggi macedoni, non raggiungibili d’inverno, sono divenuti in questi ultimi anni delle zone dove è attivo il narcotraffico. Senza documenti di identità i trafficanti si stabiliscono indifferentemente sul versante kosovaro o su quello macedone e transitano regolarmente in mezzo alle zone minate, nel cuore di una regione in cui la frontiera non è più controllata da nessuna autorità. Ecco che i croato di Letnica diventano allora il simbolo di una politica internazionale inefficace, anzi, collusa con i clan mafiosi attivi nel narcotraffico.

Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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Un commento

  1. fantastico blog
    ringrazio roberto di avermelo fatto conoscere
    lina
    balkan-crew

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