Il ministero della Cultura russo ha interdetto l’uscita nelle sale del film anglo-francese “The Death of Stalin” (nella versione italiana, “Morto Stalin, se ne fa un altro”), prevista per il 25 gennaio.
Una commissione del ministero che includeva alcuni giuristi, il regista Nikita Mikhalkov ed esponenti della Società storica russa e della Duma, dopo aver assistito ad una proiezione speciale della pellicola, ha richiesto al ministro della Cultura Vladimir Medinskij di bloccarne l’uscita nelle sale.
Nel testo inviato a Medinskij si legge che “il film mira ad incitare odio e inimicizia ed ad umiliare i cittadini russi (sovietici), oltre che a deridere personaggi storici come l’eroe nazionale Georgij Žukov, rappresentato come un clown guerrafondaio”. Lo scrittore Jurij Poljakov, presidente della commissione ministeriale incaricata di giudicare la pellicola, l’ha descritta come “un insulto al senso nazionale russo e un’assoluta falsità dal punto di vista storico oltre che un esempio di propaganda contro il nostro paese”.
Il regista del film Armando Iannucci ha difeso la sua opera, raccontando come molti russi che hanno già visto il film lo abbiano definito “divertente, ma vero” e ha, quindi, auspicato la sua proiezione nelle sale russe.
Ad ottobre, avevamo anticipato che l’opera di Iannucci, similmente al film Matil’da di Aleksej Učitel’, era finita al centro delle polemiche in Russia e che rischiava la censura del ministero della Cultura, timoroso delle reazioni dei comunisti, la cui opinione sul film è ben sintetizzata nel titolo di un articolo della Komsomol’skaja Pravda del 23 gennaio (“la morte di Stalin, una commedia il cui regista potrebbe essere Hitler”).
Vladimir Žirinovskij, l’istrionico parlamentare ultranazionalista leader del Partito Liberal-Democratico, ha, invece, condannato la decisione del ministero della Cultura, spiegando sul suo blog che se l’obiettivo era pubblicizzare il film, vietarne l’uscita nelle sale era il modo migliore di raggiungerlo. Ha aggiunto, inoltre, che Stalin non rappresenta la migliore pagina della storia russa e non si capisce il motivo per cui si debba difenderlo.
Nel film di Iannucci è, infatti, presentata in modo caricaturale e grottesca la lotta per il potere per la successione di Stalin, ma, nonostante la cornice comica, non si tacciono le violenze perpetuate dal dittatore georgiano e dai membri del Politbjuro, quali Lavrentij Berija, nonché dal suo sucesssore alla guida dell’Unione Sovietica, Nikita Chruščëv.
Si possono fare diverse osservazioni sull’azione di censura del ministero della Cultura. La si può ascrivere al lento e cauto processo di riabilitazione della figura di Stalin che da alcuni anni sta prendendo piede in Russia. Più in generale, però, la polemica intorno al film di Iannucci ben esemplifica il processo di riscrittura del passato che, come spiegavamo in uno dei nostri articoli, è divenuto parte integrante dell’identità russa post-sovietica. Nel discorso ufficiale il passato russo è glorificato ed i personaggi e gli eventi divisivi, inclusa la Rivoluzione d’Ottobre, devono passare sotto silenzio.
Il regista scozzese ha trattato temi che esulano da questo contesto propagandistico, mostrando Stalin, non come il leader di un paese in lotta contro gli invasori nazisti, ma come un dittatore sanguinario sul letto di morte. Tuttavia, probabilmente, è il solo fatto che uno straniero tratti la storia russa a essere inaccettabile agli occhi dei censori del Cremlino.
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Immagine: comedy.co.uk