IRAN: Attentato al cuore del paese. Alcuni elementi per capire

Iran sotto attacco

Un attentato ha sconvolto stamane l’Iran. Uomini armati sono entrati nel Parlamento di Teheran uccidendo almeno sette persone. Nello stesso momento quattro terroristi attaccavano il mausoleo dell’imam Khomeini, a sud di Teheran, lungo la strada che conduce all’aeroporto internazionale, causando almeno un morto e alcuni feriti. Tra questi quattro attentatori, anche una donna, tuttavia non è chiaro se sia stata proprio la donna a farsi esplodere o se invece sia stata arrestata. La situazione resta confusa, si contano almeno 12 morti (tra cui gli attentatori) e 42 feriti.

L’attentato è stato rivendicato dall’ISIS attraverso la propria agenzia di stampa, Amaq, Le autorità iraniane non si sono ancora espresse sulla matrice degli attacchi. L’effettiva responsabilità dell’ISIS che, con questo attentato, segnerebbe un notevole salto di qualità nel suo operato. sembra trovare conferma nella rapidità della rivendicazione, avvenuta quasi contemporaneamente agli attentati.

Colpiti i simboli del paese

Sono stati colpiti luoghi simbolici del potere iraniano, il parlamento – simbolo della parte laica del potere – e il mausoleo di Khomeini – fondatore della repubblica islamica iraniana e prima guida suprema del paese dopo la rivoluzione del 1979 – come a voler mostrare la debolezza del regime iraniano e del suo stato di polizia. Da sottolineare come il mausoleo si trovi sulla strada che porta all’aeroporto internazionale e alla città di Qom, dove si trova il santuario di Fatema Mæ’sume, il secondo più santo per gli sciiti.

Il MEK e i sunniti

La repubblica islamica dell’Iran, governata dal clero sciita, ospita alcune minoranze religiose tra cui i sunniti, concentrati nella regione del Khuzestan, a ridosso del Golfo persico. Qui ha operato, con un certo vigore, il MEK (Mojaheddin del Popolo iraniano) gruppo armato sunnita alleato dell’Iraq quando Saddam Hussein, nel 1980, attaccò l’Iran. Il MEK ottenne da Saddam Hussein il campo di Ashraf, principale base per le incursioni terroristiche verso l’Iran. Oggi il MEK ha abbandonato la lotta armata ed è stato tolto dall’elenco delle organizzazioni terroristiche dell’Unione Europea. L’arrivo degli americani in Iraq, e quindi al campo di Ashraf, ha portato alla requisizione di tutte le armi. Il MEK, per condurre un attacco come quello odierno, avrebbe bisogno di una rete logistica di cui non sembra poter disporre al momento. Tuttavia al momento sono molte le fonti di stampa internazionale che indicano nel MEK il possibile responsabile degli attacchi.

I jihadisti, il Qatar e il Pakistan

Nel paese sono presenti anche formazioni jihadiste sunnite; è il caso di Ansar Al-Furqan, milizia sunnita espressione della minoranza baluci, che ha le sue basi nelle regioni del Balucistan e del Sistan, al confine con il Pakistan e l’Afghanistan. Dal 2013 il gruppo Ansar Al-Furqan è legato al-Qaeda e al-Nusra e gode del supporto economico del Qatar. Anche il gruppo armato Jundullah (letteralmente, ‘soldati di dio’) è radicato nel Balucistan e ha portato a termine numerosi attentati suicidi nel paese, almeno fino al 2010 quando il suo leader, Abdolmalek Rigi, detenuto nel carcere di Evin, è stato ucciso a seguito di una condanna a morte. Da allora Jundullah – che porta lo stesso nome di una milizia jihadista pakistana, affiliata ad al-Qaeda – opera con meno intensità ma i suoi legami con la galassia jihadista nel Sistan e Balucistan restano forti.

Trump e l’asse del terrore

L’attentato di oggi è avvenuto a due settimane delle elezioni politiche che hanno visto la vittoria del moderato Rohani, presidente uscente. Esponente del clero sciita, Rohani ha lavorato per ricostruire i rapporti diplomatici con l’Europa e gli Stati Uniti ottenendo la fine delle sanzioni occidentali nei confronti del paese. Tuttavia l’elezione di Donald Trump alla Casa Bianca ha nuovamente complicato una situazione che andava normalizzandosi. Trump ha infatti inserito l’Iran tra le nazioni “canaglia” – come già fece George W. Bush – definendo il regime di Teheran quale “sponsor del terrorismo“.

Inutile ricordare che il terrorismo internazionale è di matrice sunnita, principalmente wahhabita – versione radicale dell’Islam appoggiata dall’Arabia Saudita – e che nulla c’entrano l’Isis o al-Qaeda con lo sciismo e con l’Iran. Anzi, il governo di Teheran è in prima linea nella lotta allo Stato Islamico ed è l’unico paese ad essersi impegnato militarmente con vigore e continuità nella lotta contro il “califfato nero”.

Se davvero c’è l’ISIS dietro gli attentati odierni, appare evidente come l’Iran non faccia parte del cosiddetto “asse del terrore” ma anzi sia tra i suoi principali antagonisti e abbia forse pagato il prezzo del suo impegno contro il jihadismo. Le prossime ore saranno chiarificatrici

 

Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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