Lo scorso 12 maggio i maturandi delle scuole medie di Jajce, nella Bosnia centrale, hanno sfilato, come di consueto per le strade della città. Una tradizione che va avanti da generazioni e che rappresenta un modo per mettere in primo piano coloro che rappresentano il futuro del paese in un momento tanto particolare quanto delicato per il proprio avvenire.
La novità, però, è che questa sfilata potrebbe essere l’ultima a vedere gli studenti bosgnacchi e croati insieme. Secondo una nuova proposta di legge del Cantone della Bosnia Centrale, infatti, dal prossimo settembre, potrebbe essere istituita una nuova scuola esclusivamente bosgnacca, allargando così anche alle scuole medie il fenomeno delle “due scuole sotto lo stesso tetto” (di cui avevamo già scritto) che al momento riguarda solo le scuole elementari.
“A scuola, alla maturità e per sempre…tutti assieme” è uno degli striscioni comparso tra i maturandi che sfilavano per le strade di Jajce: un chiaro messaggio di opposizione degli studenti al sistema scolastico bosniaco che promuove la segregazione tra i banchi di scuola.
Segregazione scolastica, atto secondo
L’idea di creare un nuovo istituto con esclusivo curriculum bosgnacco ha le sue origini nell’agosto del 2016, quando le autorità locali lanciarono la proposta. La reazione degli studenti e della socità civile fu però pronta nell’affermare la propria resistenza a questo tentativo di estendere i principi di segregazione etnica anche tra gli alunni delle scuole medie. Simboliche sono le immagini degli studenti che sfilarono per le strade della città mantenendo, una a fianco all’altra, le bandiere croata, bosniaca e serba, scandendo slogan in favore di una maggiore integrazione tra i coetanei dei tre principali gruppi nazionali bosniaci. Alla fine, vinsero gli studenti, e la scuola “monoetnica” non venne istituita.
Quest’anno, invece, le autorità della città di Jajce e quelle cantonali si sono prese per tempo. All’origine del rilancio di questa proposta ci sarebbe una petizione firmata da 500 tra professori e insegnanti indirizzata al comune di Jajce – che, come a Mostar, da mesi non riesce a formare il consiglio comunale – in cui avrebbero richiesto la creazione dell’istituto. Tuttavia, è interessante notare che tale petizione “pubblica” non sia mai stata pubblicata, non si sa da chi sia stata promossa, né quali siano i nomi dei firmatari.
Allo stesso tempo, però, sono noti i risultati di un’inchiesta condotta tra gli studenti, insegnanti e genitori di una delle due scuole medie, la “Jajce”, mentre per l’altra, la “Nikola Šop”, il direttore Hrvoje Jurina, fratello dell’ex ministro dell’istruzione del Cantone della Bosnia Centrale Joza Jurina, del partito nazionalista croato HDZ, ha vietato qualunque attività che riguardi il tema della divisione scolastica, Secondo i dati dell’indagine, solamente il 4% degli studenti, il 2% degli insegnanti e il 2% dei genitori si dicono favorevoli alla divisione degli alunni in diversi istituti.
Una questione politica?
Secondo gli esponenti locali del partito nazionalista bosgnacco SDA, il nuovo istituto va inteso nella cornice del rispetto dell’identità ed integrità nazionale dei popoli costituenti della Bosnia – principio cardine di tutta la politica amministrativa bosniaca del post-Dayton.
Con questo pretesto, di fatto, SDA e HDZ scendono a patti chiari: mentre i bosgnacchi ottengono una loro scuola, le altre scuole medie continuerebbero a mantenere, come dagli anni novanta ad oggi, il curriculum croato. Nella “Jajce” così come nella “Nikola Šop”, infatti, l’insegnamento segue il curriculum croato, studiando storia e geografia della Croazia ma, per lo meno, mantenendo tutti gli studenti assieme, se non per le ore di lingua – croata e bosniaca – e religione, durante le quali gli studenti si suddividono in classi separate.
Ma non è solo una questione politica. Come sottolinea Samir Beharic, attivista nato a Jajce ed ex studente di una delle famigerate scuole elementari divise, si tratta soprattutto di una questione di controllo sulla società e di soldi: “proprio come per le imprese pubbliche, in cui i posti di lavoro sono assegnati con pratiche di clientelismo e nepotismo, di modo da assumere parenti e amici, la nuova scuola significherebbe nuovi posti di lavoro, ovvero un nuovo direttore, nuovi insegnanti e nuovi bidelli che in questo modo sarebbero direttamente scelti dai quadri di partito”.
Il consiglio direttivo della nuova scuola è stato già formato e questo include tutti membri del partito SDA. A tal proposito, Beharic aggiunge che “la tutela degli interessi nazionali è solo una scusa, inoltre, per legge, i consigli direttivi degli istituti pubblici devono riflettere la struttura nazionale della comunità locale, mentre qui vi partecipano solo bosgnacchi”.
La “primavera di Jajce”
Mentre il destino degli studenti di Jajce rimarrà in balia delle scelte dei partiti nazionalisti per tutta l’estate, la società civile di Jajce ha dato vita a una sua piccola primavera. A sostegno di un sistema dell’istruzione che promuova l’unione e classi comuni, gli studenti delle due scuole medie hanno formato la piattaforma “Bolja Škola – u školi zajedno” (una scuola migliore – a scuola tutti assieme) con tanto di hashtag #škZJDN. Gli studenti hanno già ricevuto il sostegno della comunità locale, nonché internazionale. Il primo giugno, gli ambasciatori di Svizzera, Germania, Giappone, Romania e Francia, insieme ai capi delle missioni OSCE e della Delegazione dell’UE in Bosnia, hanno consegnato un riconoscimento simbolico “Most za budućnost – Le pont pour l’avenir” (un ponte per l’avvenire) agli studenti di Jajce “per il loro impegno per la coesione dei popoli della Bosnia – Erzegovina”.
Quando venne messo in discussione il principio delle due scuole sotto lo stesso tetto, che affligge più di 50 scuole nei cantoni di Bosnia centrale e della regione attorno a Mostar, l’ex ministra dell’istruzione del cantone affermò come “non si possono mescolare mele con pere”, giustificando quella che ricorda essere una pratica di apartheid.
I giovani studenti di Jajce avranno da affrontare l’estate che li separa dall’inizio della scuola media lottando contro i fantasmi del passato della guerra. Gli studenti, infatti, non vogliono che sia trasmesso a loro un principio di divisione su base etnica che portò le generazioni precedenti al conflitto.
Come conclude Samir Beharic, “se l’anno prossimo dovessero iniziare le lezioni nella nuova scuola, questa creerà una divisione nella società che dopo un po’ di tempo percepiremo come normale, così come è normale la divisione etnica nelle scuole elementari, la quale oggi non è messa in discussione più da nessuno. Una situazione che è molto più difficile da aggiustare oggi di quanto non sia mai stato in passato”.