Traffico armi in Bosnia. Procura bosniaca: il servizio de “Le Iene” è un falso

Il servizio de “Le Iene” sul traffico di armi in Bosnia Erzegovina sarebbe un falso. Lo afferma il Procuratore della Repubblica di Sarajevo, unitamente alla polizia speciale anticrimine, che hanno indagato sul caso. “Una messinscena” realizzata pagando dei finti trafficanti.

“Piace da matti il kalashnikov, perché fa tanto rumore e buchi grossi”, così esordisce il servizio de “Le Iene”, mandato in onda lo scorso 2 ottobre, in cui il giornalista Luigi Pelazza indaga su un traffico d’armi che dai Balcani rifornirebbe l’ISIS. Un traffico che comincia “alle porte d’Europa” e nel quale il giornalista sarebbe riuscito a infiltrarsi, riuscendo ad acquistare armi con relativa facilità, mostrando come la Bosnia Erzegovina, paese musulmano, sia un tassello della rete criminale che alimenta il terrorismo internazionale.

Il servizio non è passato inosservato in Bosnia Erzegovina, dove è diventato un caso di rilievo nazionale. La Procura della Repubblica di Sarajevo, unitamente alla polizia di frontiera e al SIPA, la polizia speciale contro il crimine organizzato, ha avviato delle indagini le cui risultanze, tuttavia, sorprendono: il servizio mandato in onda da “Le Iene” è un falso. Lo scorso 5 ottobre agenti della SIPA hanno arrestato alcune persone presenti nel video (i nomi sono quelli di Davor Jarčević e Nermin Sejdić, già rilasciati) con l’accusa di traffico d’armi ma, a seguito degli interrogatori, la verità emersa sarebbe un’altra.

La rete televisiva N1 – partner bosniaca della CNN – cita l’esito delle indagini condotte dalla Procura secondo cui “sono state identificate le persone che compaiono nel video e si è stabilito che non si tratta di presunti trafficanti d’armi, ma persone alle quali il giornalista italiano, per le esigenze del servizio ha dato del denaro per recitare nella messinscena televisiva“. Si tratterebbe di “persone in difficoltà finanziaria e tossicodipendenti” che, per ragioni economiche, si sarebbero prestati alla messinscena. La rete televisiva, sul proprio sito, ha riportato le dichiarazioni ufficiali della Procura, da cui il virgolettato di cui sopra è tratto. Milica Vucetic, giornalista di N1, ci ha confermato che si tratta del testo ufficiale rilasciato dalla Procura di Sarajevo. Qui l’originale della dichiarazione rilasciata dalla Procura bosniaca.

Luigi Pelazza, raggiunto da East Journal, ha rigettato ogni accusa sostenendo la piena veridicità del video: “Abbiamo cinque ore di registrazione che lo dimostrano, e sono a disposizione degli inquirenti” ha dichiarato Pelazza, che ha aggiunto: “Gli arrestati hanno detto che si trattava di una messinscena solo per scagionarsi. Mi domando come fa un Pm a prendere per vere delle dichiarazioni rilasciate così, senza ulteriori prove? Almeno prima si chiedano informazioni anche a noi, si facciano le debite verifiche, si visioni l’intera registrazione”. L’intera intervista a Luigi Pelazza è disponibile qui.

L’intervento immediato delle istituzioni nazionali, SIPA in testa, lascia poco adito a dubbi in merito alla verità della messinscena che potrebbe trasformarsi in un caso diplomatico nelle prossime settimane. Il quotidiano Avaz riporta come le autorità bosniache abbiano chiesto spiegazioni alle autorità italiane competenti.

Il caso ha sollevato un coro di polemiche in Bosnia Erzegovina, paese che si trova sempre più al centro dell’attenzione mediatica internazionale – e specialmente italiana – per la sua presunta vicinanza all’estremismo islamico. La Procura della Repubblica sarajevese ha commentato come questo caso “abbia danneggiato la reputazione della Bosnia Erzegovina nella lotta al terrorismo”. Una reputazione, a ben vedere, da tempo guastata dai molti articoli che la stampa europea, e italiana in particolare, ha dedicato al paese a più riprese descritto come un covo di terroristi islamici pronti a compiere attentati nelle nostre città.

Su queste colonne abbiamo più volte sottolineato quanto l’immagine di una Bosnia “islamista” e radicale non corrisponda al vero, e rimandiamo ai nostri articoli per ulteriori approfondimenti.

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Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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