Il primo ministro turco, Ahmet Davutoğlu, ha annunciato le sue dimissioni. In carica dal 30 agosto 2014, Davutoğlu assunse l’incarico di capo del governo dopo l’elezione a presidente della repubblica di Recep Tayyip Erdoğan, già leader dell’AKP. Il partito lo scelse allora come segretario e candidato premier, essendo i due ruoli tradizionalmente legati.
In questi due anni Davutoğlu si è trovato più volte in contrasto con Erdogan, del quale rappresentava un’alternativa moderata. Più volte il primo ministro ha cercato di limitare le ambizioni accentratrici del presidente e, tra coloro che auspicavano una caduta di Erdogan, erano in molti a vedere in Davutoğlu un successore ideale, capace di restituire alla Turchia quella credibilità che Erdogan le sta togliendo. Non a caso è stato proprio Davutoğlu a negoziare con l’Unione Europea l’accordo sui migranti. E lo stesso primo ministro è anche stato in prima linea contro la volontà di Erdogan di modificare la costituzione in modo da fornire al presidente maggiori poteri. Infine, provenendo dall’ambiente accademico, Davutoğlu non ha gradito l’arresto dei docenti universitari responsabili di avere firmato di un appello per la fine delle violenze nel Kurdistan turco.
Lo scontro tra due, politico e personale, si è concluso con l’annuncio di ieri, mercoledì 4 maggio. Dopo due ore di conversazione con il presidente, Davutoğlu ha annunciato le proprie dimissioni “non per volontà ma per necessità”. Il suo allontanamento segna un’involuzione nel percorso di democratizzazione della Turchia. Un percorso che proprio con l’avvento di Erdogan, nel 2003, sembrava destinato a compiersi ma che presto è tornato sul più facile binario dell’autoritarismo.