TURCHIA: La nuova arma di Erdoğan contro il PKK curdo

TURCHIA: La nuova arma di Erdoğan contro il PKK curdo

La nuova arma del governo contro il PKK curdo è l’esproprio. Letteralmente: l’esproprio di interi quartieri. Una misura a tappeto che dovrebbe togliere ai militanti rifugi, magazzini per armi e munizioni, vie di fuga, barricate. In breve, non potranno più asserragliarsi all’interno e resistere a oltranza, com’è stato finora. Così il conflitto tra esercito e PKK ripreso lo scorso luglio compie un altro salto di qualità, dopo che da settembre sono entrati in vigore a più riprese coprifuoco totali e molte città sono sotto il fuoco di artiglieria e carri armati.

Cosa prevede la misura di esproprio

Il Consiglio dei Ministri turco ha preso questa decisione il 21 marzo. I documenti sono stati pubblicati in gazzetta ufficiale pochi giorni dopo. Per il momento riguardano due città: Silopi e Diyarbakir. Silopi si trova a ridosso del confine con Siria e Iraq ed è stata più volte al centro degli scontri. Un coprifuoco totale è stato imposto per 36 giorni tra dicembre e gennaio, per poi essere ridotto di alcune ore negli ultimi mesi. Oltre a diverse vittime tra i civili, gli scontri hanno devastato molte zone della città. Situazione del tutto simile a Diyarbakir, la principale città a maggioranza curda nel sud-est. Qui la zona più calda è il quartiere di Sur.

TURCHIA: La nuova arma di Erdoğan contro il PKK curdo
In rosso le aree di Sur sottoposte a esproprio

E proprio guardando Sur si intuisce la portata della decisione del governo. Ben l’82% del quartiere sarà espropriato e passerà sotto la gestione delle autorità pubbliche: circa 6.300 particelle catastali su un totale di 7.714. Abitazioni private, locali pubblici, ma anche edifici di culto. O almeno quello che ne resta, tra macerie e palazzi sventrati.

La nazionalizzazione è un procedimento previsto dalla legge turca, previo pagamento ai proprietari di un indennizzo. Ma com’è facile immaginare incontrerà parecchi ostacoli. Li anticipa la co-sindaca di Diyarbakir, Gültan Kışanak: “I proprietari non accetteranno la decisione, adiremo le vie legali. Si viola il diritto alla proprietà, non ti puoi svegliare un mattino e dire ‘questa proprietà è confiscata’. È un grande errore e gli si ritorcerà contro”.

Una risposta alla guerriglia urbana del PKK

La decisione del governo rivela tutte le sue difficoltà nello scontro con il PKK. Un conflitto che per intensità ricorda da vicino gli anni ’90, il periodo più buio della lotta tra stato e insorgenza curda. Ma che oggi entra all’interno delle città e diventa più insidioso per entrambe le parti. Da un lato non c’è (solo) il PKK “storico”, ma soprattutto la sua ala giovanile, l’YDG-H (Tevgera Ciwanen Welatparêz Yên Şoreşger, Movimento Patriottico Rivoluzionario Giovanile). Sono la nuova generazione di militanti, spesso giovanissimi, che si sono rivelati in grado di barricarsi all’interno delle città in cui vivono e tenere testa all’esercito. Sono loro ad aver trasformato il conflitto in guerriglia urbana. Esercito e polizia, dall’altro lato, hanno risposto duramente: coprifuoco estenuanti che pesano anche sui civili, raid preparati da artiglieria pesante e elicotteri.

Cosa succede adesso?

Il risultato è che non sta cambiando nulla, almeno per il momento. Dopo 8 mesi di scontri i militanti curdi sono ancora lì, il PKK è in salute e riesce a compiere attentati importanti nel sud-est. Il TAK, una costola del PKK ma ormai sostanzialmente indipendente dal gruppo d’origine, ha rivendicato gli ultimi attentati ad Ankara del 17 febbraio e 13 marzo. Perciò è probabile che una misura come l’esproprio, se dimostrerà di avere qualche efficacia, venga utilizzata dal governo anche in altre città.

Intanto il presidente Erdoğan si prepara a un nuovo giro di vite interno. Dopo i giornali è la volta di polizia e esercito. Se il PKK non è ancora stato sconfitto, ha dichiarato pochi giorni fa, è per colpa di elementi “gulenisti” tra le fila dell’apparato di sicurezza. Il riferimento è al movimento Hizmet di Fethullah Gulen, accusato di aver creato uno “Stato parallelo” e dal 2012 protagonista di una faida economica, giudiziaria e politica con Erdoğan.

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Nella foto: Una donna trasporta le sue cose mentre lascia il quartiere Sur di Diyarbakir prima che venga esteso il coprifuoco.

Chi è Lorenzo Marinone

Giornalista, è stato analista Medio Oriente e Nord Africa al Centro Studi Internazionali. Master in Peacekeeping and Security Studies a RomaTre. Per East Journal scrive di movimenti politici di estrema destra.

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