Attentato in Turchia, colpiti i militari. C'è la mano del Pkk?

TURCHIA: Attentato a Ankara, colpiti i militari. C’è la mano del Pkk?

È di almeno 28 morti e 61 feriti il bilancio dell’ennesimo attentato in Turchia che ha colpito Ankara ieri pomeriggio. Secondo le ultime ricostruzioni, un’autobomba è esplosa contro un pullman fermo al semaforo. Il mezzo trasportava decine di militari dell’esercito turco. L’attacco è avvenuto nel cuore della capitale, a poca distanza dal quartier generale dell’esercito e a qualche centinaio di metri dalle sedi delle principali istituzioni politiche:  parlamento, ministeri della Difesa e dell’Interno. Nel momento in cui scriviamo non è ancora arrivata alcuna rivendicazione.

I precedenti, più differenze che somiglianze

L’attentato di mercoledì è l’ultimo di una lunga serie che ha insanguinato la Turchia negli ultimi mesi e il secondo avvenuto ad Ankara, dopo quello di ottobre che fece più di 100 morti ad una manifestazione pacifista. C’è però una differenza importante tra la strage di ieri e quelle precedenti, benché non sia decisiva per individuare con certezza i responsabili. Si tratta dell’obiettivo dell’attentato: in questo caso sono i militari, non i civili. A Suruc, Diyarbakir e Ankara il bersaglio erano manifestanti, attivisti, partiti politici, tutti schierati in favore della causa curda.

Rilevante anche la modalità di esecuzione. L’autobomba di ieri, a giudicare dai video dell’esplosione, richiede ampia disponibilità di materiali esplosivi, capacità di assemblare l’ordigno e di mettere in moto una complessa macchina logistica. Non un lupo solitario senza una rodata organizzazione alle spalle, dunque.

Chi c’è dietro l’attentato in Turchia?

Tutti elementi che fanno pensare a un coinvolgimento diretto del Pkk più che dell’Isis. Attentati simili sono avvenuti in passato, negli anni ’90, durante la fase più cruenta del conflitto tra esercito e militanti curdi. Ma non sono estranei all’escalation degli ultimi mesi, basta tornare con la memoria a quello di settembre a Dağlica che colpì un convoglio militare. È proprio al Pkk  che il vice premier Kurtulmuş attribuisce la responsabilità dell’attentato in Turchia, pur senza nominare direttamente il gruppo. “Condanniamo chi ha condotto questo attacco – ha dichiarato nella serata di ieri – Condanniamo chi ha manovrato gli esecutori, e chi ha fornito supporto logistico, di intelligence e anche politico a tale attacco”.

L’accenno al supporto politico è chiaramente diretto contro l’HDP, il partito filo curdo di Demirtaş che il governo ritiene connivente con il Pkk e che ha cercato di ostacolare in tutti i modi, senza impedire che conquistasse seggi in parlamento alle elezioni suppletive di novembre. È probabile che ci sarà un nuovo giro di vite. Nel frattempo i caccia turchi, a poche ore dall’attentato di Ankara, hanno ripreso i bombardamenti sulle montagne di Qandil, al confine con l’Iraq dove il Pkk ha le sue basi, dopo mesi di violentissime operazioni militari in città del sud est come Diyarbakir, Cizre e Silopi.

Il premier Davutoğlu durante una conferenza stampa tenuta a qualche ora dall’attentato ha infine puntato il dito in modo esplicito contro i militanti curdi. Non il Pkk, però, ma l’Ypg, l’organizzazione sorella del Pkk attiva in Siria. Secondo il premier, l’attentatore sarebbe il curdo-siriano Salih Neccer. In attesa di qualche riscontro, va notato che l’ipotesi giova, ovviamente, al governo turco. Bisognerà aspettare ancora qualche giorno per riuscire ad avere un quadro più chiaro della situazione.

La Siria, il Kurdistan e gli incubi di Erdoğan

Perché questo attentato in Turchia, e perché adesso? Per capirlo bisogna spostare lo sguardo in Siria. Appena al di là del confine turco i curdi del YPG stanno conquistando città importanti. Grazie ai bombardamenti della Russia e al coordinamento di fatto con l’esercito di Assad, sono riusciti a prendere la base aerea di Menagh, Tal Rifaat e puntano su Azaz. Mentre tagliano la via di rifornimento dei ribelli appoggiati dalla Turchia e li condannano alla sconfitta, avanzano per ricongiungere il cantone occidentale di Efrin con quello di Kobane. La striscia di terra sarebbe utilissima anche per il Pkk: da lì potrebbe aumentare il suo impegno in Turchia. Un embrione di Kurdistan, l’incubo della Turchia: infatti Ankara da alcuni giorni minaccia ritorsioni e colpisce con l’artiglieria i curdi siriani. Il presidente turco Erdoğan spinge per inviare truppe in Siria, dove la tensione è altissima in questi giorni. L’attentato di Ankara aggiunge caos al caos.

Chi è Lorenzo Marinone

Giornalista, è stato analista Medio Oriente e Nord Africa al Centro Studi Internazionali. Master in Peacekeeping and Security Studies a RomaTre. Per East Journal scrive di movimenti politici di estrema destra.

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