TURCHIA: Un altro attentato ad Ankara. Terrorismo curdo o islamico?

Un altro terribile attentato scuote la Turchia causando decine di morti tra civili e personale militare nella notte ad Ankara. Secondo le prime ricostruzioni si sarebbe trattato di un attentato suicida. Un’auto imbottita di esplosivo si è lanciata su un convoglio di autobus che transitava nei pressi di Boulevard Ataurk, diretto verso il centro della capitale turca. Si parla di uno o due attentatori a bordo del veicolo.

Mehmet Muezzinoglu, ministro della Salute, ha dichiarato che si contano almeno 37 morti e più di centocinquanta feriti attualmente ricoverati in ospedale, venti di questi in gravi condizioni. Il presidente Erdogan ha subito dichiarato che il paese non si farà spaventare e “combatterà il terrorismo senza debolezze” perché in gioco c’è “l’unità e l’integrità del paese”. “La nostra gente” ha affermato Erdogan “non deve avere paura perché la lotta al terrorismo avrà sicuro successo e i terroristi saranno messi in ginocchio”.

La cronaca dei fatti è tutta qui, ma restano molti gli interrogativi e gli elementi da chiarire. Se è innegabile che si tratti di un attentato terroristico, qual è la matrice? La dichiarazione di guerra al terrorismo lanciata da Erdogan parla di “minaccia all’unità e all’integrità nazionale”, e il pensiero corre subito al PKK curdo, responsabile negli ultimi mesi di diversi attacchi sul territorio turco, a seguito della rottura del cessate il fuoco avvenuta un anno fa. D’altro canto anche il cosiddetto Stato Islamico ha colpito più volte il paese e la dinamica suicida dell’incidente lascia pensare a un attentato islamista.

Secondo la BBC il governo sarebbe orientato verso la pista curda. Una risposta definitiva si avrà nelle prossime ore quando il ministro degli Interni, Efkan Ala, comunicherà i primi risultati delle indagini. Secondo fonti della BBC si sospetta che l’attentatore fosse una donna membro del PKK. La ripresa dei bombardamenti da parte turca su postazioni del YPG, milizia vicina al PKK, potrebbe avere causato la reazione curda. Nei giorni precedenti l’attentato era stato imposto il coprifuoco in molte città turche a maggioranza curda.

Secondo un testimonianza anonima, riportata dal quotidiano britannico Guardian, si sarebbero uditi scontri a fuoco nella zona di Kizilay, ad Ankara, poco dopo l’attentato suicida. Un elemento che, se confermato, spingerebbe a pensare a un’operazione organizzata da un gruppo armato più che da un attentatore isolato.

Meno di un mese fa un attentato aveva ucciso 29 persone ad Ankara. Il governo diede la colpa allo YPG curdo ma venne successivamente contraddetto dalla rivendicazione avanzata dal TAK, altra sigla della lotta armata curda. Questo fece pensare a una frettolosa attribuzione di responsabilità che potrebbe ripetersi anche in questa occasione.

La Turchia è attraversata da una serie di sanguinosi attentati. Lo scorso 12 gennaio un attacco nel cuore di Istanbul ha ucciso 13 persone, tutti turisti stranieri. Per quell’attentato è stato arrestato Nabil Fadli, un ragazzo siriano di origine turcomanna, nato nel 1988 in Arabia Saudita ed entrato in Turchia come rifugiato. Il 10 ottobre 2015 una bomba esplosa ad Ankara su un corteo filo-curdo ha ucciso 102 persone. In quel caso l’attentatore fu individuato in Yunus Emre Alagöz, un curdo che le autorità hanno ritenuto fosse legato all’ISIS, fratello di Abdurrahman Alagöz, l’attentatore di Suruç che uccise 33 giovani socialisti impegnati in una protesta filocurda.

Conclusioni

L’obiettivo di questi attentati è quello di destabilizzare il governo turco che, anche per reazione all’ondata terroristica, si fa sempre più autoritario. Tuttavia la scarsa prevenzione da parte delle autorità – questo attentato è avvenuto in modo identico e nella stessa zona di quello avvenuto il mese scorso – solleva qualche perplessità sulla reale volontà di combattere il terrorismo. Pare che che l’ambasciata americana avesse dato notizia della pericolosità dell’area da diversi giorni. Se il messaggio di allerta lanciato dagli USA (vedi immagine sotto) fosse vero, getterebbe un’ombra inquietante su tutta la vicenda.

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E’ dunque possibile, rovesciando il punto di vista, ritenere che il governo si giovi di questi attentati, e quindi non faccia molto per prevenirli, così da poter affermare una linea autoritaria con la scusa della lotta al terrorismo. Tuttavia il quadro è complicato anche dalla presenza di uno “stato profondo” capace da sempre di orientare i destini del paese. Nell’intrico turco l’individuazione delle responsabilità di eventi come quello di Ankara è difficile proprio a causa della concorrenza sotterranea tra diversi poteri dentro e fuori l’apparato statale.

 

Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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